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World Allergy Organization: con l’inquinamento atmosferico e il riscaldamento globale si rischia un’epidemia di allergie

In Italia la prevalenza di asma è aumentata del 38% negli ultimi 10 anni. Gli effetti negativi sulle vie respiratorie dei motori diesel e degli eventi atmosferici straordinari. Per gli esperti occorre ridurre l’esposizione agli allergeni, fare prevenzione ambientale e riorganizzare l’offerta del SSN. Negli ultimi 10 anni i cambiamenti climatici e ambientali hanno contribuito in modo determinante alla crescita del 38% della prevalenza dell’asma in Italia, pari al 6,6%. Così come sono cresciute le riniti allergiche, che colpiscono attualmente più di 1 adulto su 4. Una conferma arriva dagli ultimi dati della World Allergy Organization, secondo cui il riscaldamento globale e l’inquinamento atmosferico hanno provocato un incremento del carico pollinico delle piante e il conseguente aumento di severità delle malattie allergiche: insorgenze di asma, riacutizzazioni asmatiche, rinocongiuntiviti, infezioni respiratorie acute, con il relativo incremento dell’impiego di farmaci sintomatici e dei ricoveri ospedalieri.

Oltre alla crescita delle malattie allergiche, l’inquinamento atmosferico – sottolinea il prof. Floriano Bonifazi, direttore del Dipartimento di malattie immmuno-allergiche e respiratorie dell’Azienda Ospedaliera di Ancona e Presidente onorario AAITO – può modificare in senso peggiorativo anche l’effetto degli aeroallergeni sulle stesse malattie. Ad esempio gli effetti infiammatori dell’ozono, del particolato atmosferico e del biossido di zolfo determinano una più facile penetrazione degli allergeni pollinici nelle vie aeree. È il caso degli effetti dei motori diesel sulla salute delle vie respiratorie. Il particolato dei motori diesel, una volta penetrato nelle vie aeree, ha un effetto immunologico coadiuvante nella sintesi delle IgE in soggetti atopici, in quanto capaci di stimolare le cellule deputate alla produzione degli anticorpi di tipo allergico”. Circa il 25% di tutto il particolato atmosferico, derivante dalla combustione di carburante, proviene dai motori diesel, che emettono una quantità di particolato incombusto di circa 100 volte superiore a quello dei motori a benzina.Negli ultimi anni è emersa anche la stretta relazione fra crescita delle patologie allergiche ed eventi atmosferici straordinari. In condizioni di persistente ed elevata umidità o durante i temporali forti i granelli di polline, a seguito di shock osmotico, possono più facilmente rilasciare parte del loro contenuto nell’atmosfera. Durante un temporale si osserva anche un incremento delle spore fungine cui sono state attribuite, come per i pollini, vere e proprie epidemie di asma.

“Lo studio degli effetti dovuti al ciclone tropicale El Niño – continua Bonifazi – ha evidenziato un incremento della concentrazioni di pollini e spore fungine in atmosfera con conseguente aumento di patologie allergiche respiratorie. Dopo l’uragano Katrina è stata osservata a New Orleans un’alta concentrazione di spore delle muffe fra ottobre e novembre 2005. In quel periodo gli ospedali di New Orleans registrarono un numero più elevato di pazienti con allergia e sintomi da raffreddamento: secondo i medici di New Orleans l’allergia alle muffe e alla polvere, conseguenti all’uragano, hanno reso i residenti più sensibili alle malattie allergiche di tipo  respiratorio. La tosse irritante di New Orleans è stata soprannominata ‘tosse di  Katrina’. Per questo al fine di ridurre l’impatto di esacerbazione dell’asma si dovrebbe puntare alla riduzione dell’esposizione agli allergeni, alla prevenzione ambientale e all’impiego dell’immunoterapia specifica, che viene indicata dall’OMS come trattamento causale standard dei disordini allergici”.

 

L’Immunoterapia Specifica, che mira a ridurre progressivamente l’ipersensibilità ad un determinato allergene nell’organo bersaglio, si configura come una vera e propria ‘medicina personalizzata’, in quanto specificamente preparata, attraverso delicati e complessi processi produttivi, nominalmente per ogni singolo paziente per tutta la durata del trattamento. “Negli ultimi 10 anni i consistenti e crescenti investimenti in R&S dell’industria di settore – sottolinea Carlo Signorini, general manager HAL Allergy Italia – hanno consentito di dimostrare l’efficacia dell’immunoterapia specifica attraverso centinaia di studi scientifici, che per le allergopatie respiratorie hanno evidenziato, oltre agli effetti stagionali immediati, benefici nel medio termine a 2/3 anni dall’inizio del trattamento e nel lungo periodo con la riduzione dei sintomi, della necessità di assumere altri farmaci e di successive ipersensibilità. A ciò si aggiungono gli effetti preventivi anche di lungo periodo nello sviluppo di nuove sensibilizzazioni allergiche e nella progressione di patologie già in atto, migliorando complessivamente la qualità di vita del paziente”.

 

Negli ultimi anni l’AAITO (Associazione Allergologi ed Immunologi Territoriali Ospedalieri) ha intensificato il proprio impegno per sostenere la crescita professionale dell’allergologo, come figura specialistica dedicata, in grado di gestire con approccio multidisciplinare la complessità delle manifestazioni immunoallergiche. “Eppure a fronte dei bisogni sanitari emergenti dei pazienti allergici – osserva Costantino Troise, direttore U.O.C. Allergologia dell’IRCCS AOU San Martino di Genova e Past President AAITO – si evidenzia una carenza strutturale del Servizio Sanitario Nazionale, che in prospettiva appare ancora più critica in presenza della crescita esponenziale del loro numero e della loro complessità. Da questo punto di vista è necessario dedicare maggiore attenzione al potenziamento, anche numerico, dei servizi di allergologia all’interno di una più avanzata programmazione delle prestazioni diagnostico-terapeutiche. Da un lato occorre preservare ed implementare modelli organizzativi complessi, a localizzazione intra ospedaliera ed a carattere dipartimentale, anche per facilitare l’integrazione fra le diverse discipline specialistiche di riferimento, dall’altro è necessario migliorare il livello di collaborazione fra medici specialisti e medici di medicina generale, in una logica di sistema e in un modello a rete. Senza trascurare un maggior impegno nella formazione dei nuovi medici specialisti, il cui percorso va ridotto nella durata ed arricchito negli aspetti professionalizzanti”.

“Se non si andrà in questa direzione – conclude Troise – l’epidemia di allergie rischia di non trovare risposte adeguate e assisteremo ad un peggioramento della condizione dei cittadini affetti da malattie allergiche, sia attuali che nuovi, esclusi dalla possibilità di beneficiare delle migliori competenze professionali disponibili e delle opportunità terapeutiche di ultima generazione e quindi, in ultima analisi, di rendere esigibile il loro diritto alla salute”.