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Una scoperta che fa “battere il cuore”: aperta la strada al pacemaker biologico

Un gruppo della Statale di Milano genera un pacemaker cardiaco da cellule staminali pluripotenti. Il lavoro, svolto interamente nel Dipartimento di Bioscienze dell’Università di Milano, dal gruppo coordinato dal Dott Andrea Barbuti con il Prof. Dario DiFrancesco, Mirko Baruscotti e la Dott.ssa Annalisa Bucchi (The PaceLab) ed in collaborazione con il gruppo dalla dott.ssa Graziella Messina, mostra per la prima volta la possibilità di generare una popolazione pura di cardiomiociti pacemaker a partire da cellule pluripotenti di topo.  

Le disfunzioni del pacemaker cardiaco, il nodo senoatriale, e del tessuto di conduzione possono dare origine ad aritmie pericolose per la vita. Queste patologie spessorichiedono, come unico intervento possibile, l’impianto di un pacemaker elettronico. I pacemaker elettronici presentano tuttavia alcuni limiti dati dal bisogno di manutenzione frequente, dal pericolo di infezioni e dall’interazione con campi elettromagnetici. 
Questi limiti potrebbero essere superati dallo sviluppo di un pacemaker biologico, cioè un substrato cellulare, derivato da cellule staminali, funzionalmente simile al tessuto pacemaker nativo (nodo senoatriale) e quindi in grado di interagire e guidare il ritmo del miocardio ospite e di interagire con il sistema neuro-endocrino.
Nel lavoro pubblicato su Circulation Research, il “PaceLab” ha messo a punto un protocollo che permette il riconoscimento e l’isolamento di una popolazione omogenea di precursori senoatriali a partire da cellule embrionali staminali (ES) di topo. Questi precursori vengono selezionati sulla base dell’espressione della proteina CD166 (cellule CD166+) in una precisa finestra temporale durante il differenziamento cardiogenico delle cellule ES. In coltura, le cellule CD166+ esprimono diversi geni normalmente coinvolti nello sviluppo del nodo senoatriale e presentano le proprietà molecolari ed elettriche (potenziali d’azione e correnti ioniche) tipiche di cardiomiociti senoatriali adulti; infatti si contraggono spontaneamente e ritmicamente. Queste cellule CD166+ sono anche in grado di imporre il loro ritmo a miociti ventricolari, comportandosi quindi come un vero e proprio pacemaker
La traslazione di tale protocollo a cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) umane, derivate direttamente dai pazienti affetti da patologie cardiache, potrebbe aprire la strada allo sviluppo di un pacemaker biologico “personalizzato” da utilizzarsi per la sperimentazione farmacologica in vitro di nuovi farmaci cardioattivi e/o per future applicazioni cliniche.
 
Per approfondire:
 
Dott. Andrea Barbuti – Prof. Dario DiFrancesco
Dipartimento di Bioscienze – The PaceLab
Università degli Studi di Milano
tel. 02 503 14941
[email protected]
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