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Tumori: il sistema di cure italiano è fra i migliori al mondo

Convegno alla Camera dei Deputati sul “Caso Italia”

cura-aids-fotoIl nostro sistema sanitario funziona ed è uno dei migliori al mondo. Bastano alcuni parametri per dimostrarlo: per aspettativa di vita alla nascita l’Italia si colloca al terzo posto (82,7 anni), dopo Svizzera e Giappone e sopra la media OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). E il nostro Paese, in un ventennio (1990-2011), ha fatto registrare una diminuzione del tasso di mortalità per cancro pari al 20%, in netto vantaggio rispetto al dato medio OCSE (-14%). Risultati ottimali, soprattutto se considerati in rapporto alla spesa. Infatti la sanità costa agli italiani il 9,2% del Pil (rapporto OCSE, Health at a Glance 2013), molto meno che ai francesi (11,6%), ai tedeschi (11,3%), agli svedesi (9,5%), agli inglesi (9,4%) e quasi la metà che ai cittadini statunitensi (17,7%).

Ma, nei programmi di prevenzione, l’Italia è ultima in Europa – spiega il professor Francesco Cognetti, presidente della Fondazione ‘Insieme contro il Cancro’ -. In queste iniziative investiamo solo lo 0,5% della spesa sanitaria complessiva, contro una media Ue del 2,9%. Ben al di sopra si collocano Paesi come Germania (3,2), Svezia (3,6), Olanda (4,8) e Romania (6,2). Alla vigilia del semestre di presidenza del Consiglio dell’Unione europea, è necessario che le Istituzioni diano un segnale forte: servono più fondi da destinare in campagne di prevenzione”.

L’appello viene dal convegno “L’innovazione e la ricerca farmaceutica in oncologia. Il ‘caso Italia’, fra confronti internazionali e ruolo delle Istituzioni”, promosso dalla Fondazione “Insieme contro il Cancro” alla Camera dei Deputati, con la partecipazione di parlamentari europei e rappresentanti dell’Ambasciata americana. “L’impegno della comunità scientifica – sottolinea la presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, nel messaggio inviato al convegno – nella lotta contro tale patologia, con la costante ricerca di nuove strategie di diagnosi e cura, deve essere dunque efficacemente affiancato e supportato con politiche coraggiose e lungimiranti che riconoscano, come punto qualificante e irrinunciabile, il valore della prevenzione e della ricerca. In questo settore, dobbiamo purtroppo registrare carenze e ritardi dell’Italia rispetto a molti altri Paesi. Aspirare, inoltre, ad elevati standard di prevenzione e di cura non risponde soltanto ad ambizioni di progresso tecnologico e scientifico ma anche di civiltà e di democrazia”.

Il Presidente Hollande ha recentemente presentato un piano quinquennale, stanziando 1,5 miliardi di euro per promuovere programmi di prevenzione oncologica – continua il professor Cognetti -. Deve essere seguito l’esempio francese. Studi scientifici evidenziano che, seguendo semplici regole (no al fumo, dieta equilibrata, esercizio fisico costante), il 30% dei tumori è prevenibile. Ma ancora troppe persone non ne sono consapevoli. È necessario più impegno nel sensibilizzare i cittadini non solo sugli stili di vita corretti, ma anche sull’importanza della diagnosi precoce. Ad esempio, in Italia la diffusione degli screening per il tumore alla cervice e al seno è inferiore rispetto alla media OCSE. Ricordiamo che, nei Paesi occidentali, stanno diventando sempre più pressanti le esigenze di sostenibilità economica determinate dalla crescente domanda di salute, in particolare in Italia, dove la popolazione è fra le più vecchie del mondo e si prevede che entro il 2030 il 30% dei cittadini avrà più di 65 anni”. L’allungamento della vita è garantito anche da farmaci antitumorali innovativi sempre più efficaci.

Si tratta quindi di un circolo virtuoso, ma con un’inevitabile serie di costi da affrontare – sottolinea il professor Stefano Cascinu, presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. Il tetto della spesa farmaceutica territoriale è stato ridotto e portato all’11,35% del Fondo sanitario nazionale, il tetto di quella ospedaliera è al 3,5%. La maggior parte delle terapie anticancro rientra fra quelle nosocomiali, per cui è prevedibile che quest’ultima percentuale sarà superata e dovrà essere rivista. Ma le esigenze di contenimento dei costi non possono frenare la spinta verso l’innovazione. I nuovi farmaci hanno cambiato la storia naturale di alcune neoplasie. È necessario mantenere costante il rapporto tra spesa farmaceutica e Pil ed investire le risorse liberate dalla scadenza dei brevetti e dall’uso dei farmaci generici e biosimilari. Così sarà possibile attuare politiche in grado di premiare l’innovazione”.

In Europa alcune scelte hanno ridotto fortemente la scoperta di farmaci innovativi: negli anni ‘70 il 55% delle nuove molecole era targato EU, oggi solo il 31%. Nel nostro Paese 2 milioni e 800mila persone vivono con una diagnosi di tumore (erano quasi 1.500.000 nel 1993 e 2.250.000 nel 2006). I nuovi casi registrati nel 2013 sono stati 366mila. “In Italia, le associazioni dei pazienti non sono a nessun livello coinvolte dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) nonostante una specifica norma prevista da una legge dello Stato – afferma il professor Francesco De Lorenzo, presidente European Cancer Patient Coalition (ECPC) -. In Europa invece, all’EMA (European Medicines Agency), la voce dei malati è costantemente ascoltata nel Patient Consumer Working Group. Pazienti e società scientifiche non intendono intervenire nei processi decisionali dell’AIFA, ma rivendicano il diritto di essere convocati ed ascoltati per quanto attiene alle questioni regolatorie, come sancito nella legge di conversione del Decreto Legge Balduzzi (art. 10, legge 8 novembre 2012 n.189). Il provvedimento prevede l’istituzione di un tavolo permanente di monitoraggio dei prontuari terapeutici ospedalieri presso l’Agenzia regolatoria italiana, cui le associazioni dei pazienti devono partecipare attraverso audizioni periodiche. E questa norma, ad oggi, non è stata applicata”. 

Nell’utilizzo di strumenti sofisticati di analisi sanitaria viene smentita l’opinione negativa che troppo spesso caratterizza il nostro Paese: infatti, le statistiche collocano l’Italia al terzo posto fra le nazioni OCSE per la disponibilità di macchine per la risonanza magnetica e all’ottavo per la tomografia assiale computerizzata (TAC). Un aspetto critico riguarda invece la diminuzione complessiva dei finanziamenti pubblici per la ricerca corrente, da circa 200 milioni a 150 all’anno in un quinquennio.

È necessario – sottolinea il professor Cognetti –, attraverso azioni coese e sinergiche fra Istituzioni, associazioni di pazienti, opinion leader e industria, porre attenzione al problema della ricerca innovativa in oncologia e alla necessità di uniformità nell’accesso alle cure per i pazienti colpiti da tumore nel nostro Paese, dove permangono intollerabili ritardi e discriminazioni. Inoltre i tempi e l’entità del rimborso dei farmaci innovativi devono essere correlati al reale beneficio arrecato ai pazienti, anche in relazione all’efficacia clinica di altri farmaci già in commercio. È un passo in avanti fondamentale per razionalizzare e migliorare l’efficienza del sistema. È necessaria e non più rinviabile una riforma del sistema che renda il nostro Paese attrattivo per gli investimenti, da parte delle aziende farmaceutiche e degli enti di ricerca pubblici e privati. A tutto vantaggio soprattutto dei pazienti, che potranno accedere con maggiore facilità alle molecole più innovative”.

“L’Italia – conclude Antonio Tajani, vice presidente Commissione europea – non deve essere terreno di delocalizzazione, visto che è leader nella ricerca di molecole efficaci, che poi però vengono spesso prodotte all’estero. Il settore farmaceutico rappresenta il crocevia di tre questioni centrali ma non facilmente conciliabili: la ricerca scientifica, la sostenibilità del servizio sanitario e l’attrattività degli investimenti esteri. Se l’Italia sarà capace di definire con chiarezza come intende incentivare l’innovazione, molte aziende, che non hanno investito in Italia negli ultimi anni, potranno rivedere le loro strategie di investimento”.

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