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Sperimentazione sugli animali: “cervelli italiani” uniti per la ricerca

Il 19 settembre la manifestazione promossa dalla Pro-test Italia davanti al Parlamento

protesta mediciNon indossano caschi gialli, ma camici bianchi, i manifestanti che si sono dati appuntamento a Montecitorio il 19 settembre. Sono biologi, medici, farmacologi. Sono i ricercatori che hanno scelto di fare la loro ricerca in Italia. Sono i cervelli che vorremmo non andassero via.  Sono le persone a cui chiediamo una speranza. La speranza che un giorno il cancro, l’aids, le malattie genetiche e tante altre malattie non uccidano più. Queste persone chiedono ai parlamentari di non essere privati di uno strumento indispensabile per la loro battaglia, la sperimentazione animale.

La manifestazione del 19 settembre a Roma è stata promossa da Pro-test Italia, associazione non profit nata in ambito universitario per promuovere la corretta informazione scientifica, in particolare in tema di sperimentazione animale. Aderiscono ricercatori provenienti dai laboratori pubblici e privati. I ricercatori chiedono che sia rispettata la direttiva europea 2010/63 e che non siano confermate le limitazioni introdotte alla Camera a luglio.

Fra gli emendamenti contestati dai ricercatori c’è la proibizione degli xenotrapianti, cioè i trapianti di organi o di tumori da una specie ad un’altra. La inopportunità di questa limitazione risulta evidente se si considera che almeno 700.000 valvole cardiache di origine suina o bovina sono state impiantate in pazienti umani e che si sono rivelate meno pericolose delle valvole metalliche. In aggiunta a ciò la nuova normativa ostacolerà la ricerca di metodi selettivi per debellare le cellule tumorali e risparmiare l’organismo che le ospita. Un altro emendamento contestato vieta l’uso degli animali in ambiti sperimentali e di esercitazioni didattiche con l’eccezione degli studenti di veterinaria e di medicina. E i biologi? I biotecnologi? E per citare l’ultimo esempio, alcuni animali da laboratorio non potranno essere prodotti in Italia, ma potranno essere importati.

Mettendo da parte i tecnicismi, i ricercatori pensano che la crudeltà sugli animali sia una cosa, la sperimentazione animale un’altra. E che non sia corretto influenzare l’opinione pubblica utilizzando termini come “vivisezione” , mostrando cagnolini insanguinati. Il 90% della ricerca è condotta su topi o ratti e gli esperimenti che prevedono un dolore rilevante sono condotti in anestesia. Le tecniche proposte dagli animalisti, i test in provetta o al computer,  sono già utilizzate. Le riserve circa la trasferibilità dei risultati dagli animali da laboratorio all’uomo sono condivise. Ma i ricercatori si domandano: qual’ è la via meno pericolosa per sperimentare nuove cure? Passare direttamente dalla semplicità della provetta alla complessità dell’uomo evitando la tappa intermedia della sperimentazione sugli animali?

I ricercatori non sposano un’ideologia, ma scelgono il male minore. La sperimentazione su animali è uno strumento insostituibile per ridurre al minimo i rischi di nuove terapie per l’uomo. Se l’opinione pubblica fosse adeguatamente informata in larga parte condividerebbe questa posizione come dimostra un’indagine della Ipsos presentata al Senato. Il 33% degli italiani, infatti, ritiene accettabile la sperimentazione sugli animali ad una prima intervista, ma la percentuale sale al 56% dopo una informazione corretta. La crudeltà sugli animali e la diffidenza verso la ricerca hanno una causa in comune: l’ignoranza! (di Maria Vittoria Cubellis)