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Sicurezza alimentare, la crisi spinge verso i “prodotti adult”, i pediatri: il bambino non è un piccolo adulto

Le strategie anticrisi delle mamme italiane indotte, bilancio familiare alla mano, a risparmiare sugli acquisti per bebè,  e non di rado a scegliere anche per loro prodotti per adulti,  mettono in primo piano il tema della sicurezza alimentare, al centro di un importante workshop in occasione del 69esimo congresso nazionale della Sip. La raccomandazione di pediatri ed esperti è non considerare il bambino come ‘un piccolo adulto’. Non a caso la legislazione per gli alimenti destinati alla prima infanzia è molto più restrittiva, in termini di sicurezza delle materie prime,  rispetto a quella generale. Così, tra le altre cose,  da mettere al riparo i bambini  da ‘truffe’ anche documentate dai recenti fatti di cronaca.  “Senza demonizzare il fresco  – spiega Andrea Vania, responsabile del centro di dietologia e nutrizione pediatrica dell’Università  “Sapienza” di Roma – almeno fino a un anno è consigliabile evitarlo, e sino a due è preferibile. Se sceglie il fresco, in linea di massima,  il biologico dà più garanzie”.

 Come rileva il primo Rapporto sui comportamenti d’acquisto nella maternità realizzato da Marketing Management,  nel 2012 per la volta dal dopoguerra gli acquisti per i bimbi da 0 a 36 mesi (comparto alimentare e igiene) hanno registrato una flessione del 4,3%, pari a 89,3 milioni di euro. I tagli hanno investito soprattutto il comparto alimentare con gli scaffali ‘baby’ via via meno affollati La sostituzione con prodotti  “adult” ha consentito di risparmiare 6,5 milioni. E’ il latte artificiale (‘formulato’) il prodotto che registrato il maggiore calo di acquisto (23.7 milioni di euro in meno nel 2012 rispetto all’anno precedente) sostituito con latte materno e con quello Uht (a lunga conservazione).

 “Scelta saggia quella di allattare al seno il più possibile come strategia anticrisi”, spiega il Presidente della Società Italiana di Pediatria, Giovanni Corsello. “Non altrettanto vale per la  sostituzione del latte formulato con quello vaccino se ciò avviene già a sei mesi. Quest’ultimo non andrebbe mai introdotto prima dell’anno”.

 Quello dell’adultizzazione dei più piccoli è un problema da non sottovalutare, sottolinea anche Claudio Maffeis Docente di Pediatria all’Università di Verona: “I contaminanti tossici presenti nel cibo agiscono a tutte le età ma sono ben più pericolosi nelle prime età della vita in cui l’organismo cresce rapidamente e si sta sviluppando da un punto di vista funzionale. L’azione di queste sostanze agisce sul bambino sin dalla vita intrauterina, causando conseguenze per la salute anche molto rilevanti e che solo recentemente sono state evidenziate.  In un recentissimo studio condotto in California (Cancer and non-cancer health effects from foodcontaminant exposures for children and adults in California: a risk assessment, di Rainbow Vogt, et al., Environmental Health 2012, 11:83) su bambini dai due ai sette anni di età è stata stimata l’esposizione a 11 composti tossici in base alla frequenza di assunzione di cibo riportata. “I risultati  – commenta Maffeis – hanno mostrato che i livelli di benchmark sono stati superati da tutti i bambini”.