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Salute e innovazione: la ‘strana coppia’?

 Dal secondo appuntamento con l’Osservatorio Salute AstraZeneca, un confronto tra italiani, europei e americani sui temi della ricerca e dell’innovazione per la salute. Dove si fa più innovazione? Informatica, farmaceutica e telecomunicazioni. Il ranking mette tutti d’accordo. All’unanimità, per 9 intervistati su 10, bisognerebbe investire maggiormente per la ricerca nel campo della salute. I tempi dell’innovazione? Sottostimati dal 38% degli italiani mentre il 29% dichiara di non averne idea.Innovazione orientata al profitto più che al miglioramento della salute per tedeschi e americani. Di tutt’altro avviso italiani e spagnoli.Il 70% degli italiani afferma che la ricerca per la salute sia poco finanziata e 9 su 10 sono convinti che bisognerebbe investire di più. È quanto emerge dalla seconda edizione dell’Osservatorio Salute AstraZeneca, un’indagine quali-quantitativa di ISPO, che confronta il grado di innovazione percepito nel campo della salute in Italia, Spagna, Gran Bretagna, Germania e USA e misura con cadenza periodica i comportamenti degli italiani e il loro interesse a “star bene”, attraverso l’Indice di Attenzione verso la Salute (IAS).

Più nel dettaglio, questa seconda edizione dell’Osservatorio Salute AstraZeneca offre una fotografia ad ampio spettro su cinque diversi ambiti: dall’innovazione alla percezione dei progressi e dei traguardi raggiunti nel campo della salute, dall’interesse e l’abitudine ad aggiornarsi sui progressi alla valutazione del sostegno fornito all’innovazione nel campo della salute, passando per le implicazioni sociali dell’innovazione. Secondo gli intervistati di Italia, Spagna, Gran Bretagna, Germania e USA, i settori a cui, nell’ordine, viene preferibilmente associato il concetto di innovazione sono informatica, farmaceutica e telecomunicazioni.“Sono lieto che la ricerca farmaceutica rientri nella triade dei settori più innovativi -– dichiara Raffaele Sabia, Vice President Medical AstraZeneca Italia. – L’innovazione, intesa come creazione di nuova conoscenza e di progresso per il singolo e la comunità, è, infatti, fortemente legata al nostro settore. La scoperta di un nuovo farmaco è il risultato di una lunga e complessa attività di ricerca e sviluppo, caratterizzata da una componente altamente tecnologica e molto onerosa in termini temporali ed economici.”

Ma i tempi di sviluppo di un farmaco vengono generalmente sottostimati. In Italia e Spagna è minore la consapevolezza sul processo di sviluppo di un nuovo farmaco, che richiede circa 12-14 anni. In particolare, l’incertezza è sui tempi necessari: solo 2 anni per il 38% degli italiani, mentre il 29% afferma addirittura di non averne idea, mentre gli intervistati dei paesi anglosassoni e della Germania, il paese più informato sul tema, rispondono che servono almeno 5 anni.Per quanto riguarda gli investimenti nel campo della salute, le risposte più positive giungono da Germania e Stati Uniti: il 63% dei tedeschi e il 53% degli statunitensi affermano che nel proprio paese si investe abbastanza a favore di ricerca e innovazione nel campo della salute, anche se, quasi ovunque, è molto alta la quota di chi ritiene che si debba investire di più, indipendentemente dalla quantità di fondi già erogati. La pensano così, infatti, 9 intervistati su 10.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’idea che sostenere la ricerca nel campo della salute debba essere un obiettivo prioritario accomuna gli intervistati di tutti e cinque i Paesi. Importanti differenze emergono però subito nelle opinioni dei diversi intervistati: se posizioni critiche sono espresse in Germania e negli USA dove rispettivamente l’85% e il 73% degli intervistati afferma che le innovazioni sono orientate più al profitto che al miglioramento della salute delle persone, in Spagna e in Italia prevale ancora l’ottimismo e la convinzione che chi si occupa di innovazione nel campo della salute, sinonimo di guarigione nelle malattie, agisca per il bene della società.Le differenze di pensiero tra i diversi Paesi permangono anche quando si parla dei progressi raggiunti nel campo della ricerca medico-scientifica, della ricerca farmaceutica e delle nuove terapie: l’ottimismo degli italiani, per cui circa il 60% afferma che in tutti e 5 gli ambiti siano stati fatti dei progressi negli ultimi anni, si contrappone agli altri Paesi dove la quota è pari a circa 2 su 10. I britannici sono i più scettici: 1 su 3 ritiene che in nessuno dei 5 ambiti ci siano stati progressi. Un americano e un tedesco su 4 la pensano allo stesso modo.In tutti i Paesi indagati si rileva, invece, un sostanziale ottimismo rispetto al livello di innovazione e ricerca raggiunto nella cura delle malattie cardiovascolari e di quelle gastrointestinali. Più cauta, invece, l’opinione rispetto alla cura delle malattie respiratorie e di quelle oncologiche.Al di là della percezione di innovazione, però, solo il 6% degli italiani e degli spagnoli dichiara di tenersi molto informato sui progressi nel campo della salute. La percentuale sale invece in UK (10%) e negli States (14%), fino ad arrivare alla Germania dove il 32% degli intervistati dice di tenersi molto aggiornato. Programmi televisivi, siti Internet e quotidiani sono, in generale, i tre mezzi più utilizzati. Solo in Germania e Spagna, troviamo i consulti con gli specialisti fra le prime tre opzioni.“AstraZeneca ha una storia di ricerca e innovazione lunga 70 anni durante la quale sono stati sviluppati farmaci d’eccellenza e che ha visto tra i ricercatori impegnati nelle attività di R&S, sette vincitori del premio Nobel per la Chimica e per la Medicina – conclude Sabia. L’innovazione, intesa sia in senso endogeno (ricerca e sviluppo per nuovi farmaci) sia esogeno (motore per lo sviluppo dell’intero sistema sanitario nazionale) è dunque uno dei pilastri portanti della nostra mission.”