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Ricercatori padovani scoprono la sede che modula il ” fuoco” della attenzione visiva

L’attenzione visiva spaziale funziona come un “faro di luce” (detto Fuoco) che può essere spostato su tutto il campo visivo migliorando la percezione dei dettagli di quella porzione di campo “illuminata” da questo fuoco.Le dimensioni di questo faro possono però cambiare, proprio come fa lo zoom di una macchina fotografica, per adattarsi alle dimensioni dell’oggetto o della scena visiva cui stiamo prestando attenzione. Se siamo alla guida, ad esempio, serve un’attenzione diffusa a tutto il campo visivo per elaborare in tempo potenziali pericoli con la stessa priorità; se invece vogliamo trovare il  nome di una via su una mappa la nostra attenzione deve essere il più focalizzata possibile perché la ricerca risulti efficiente.La ricerca, uscita in questi giorni sulla prestigiosa rivista internazionale «Cerebral Cortex», è stata condotta da un team di ricercatori padovani composto da Luca Ronconi, Simone Gori e Andrea Facoetti, De.Co.Ne. Lab, Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, e Demis Basso dell’Università di Bolzano.

“Fino a oggi – specifica Simone Gori – erano note almeno in parte le basi neurali dello spostamento del fuoco attenzionale, ma non vi erano informazioni su quale fosse l’area del cervello preposta al controllo della possibilità di adattare la dimensione del fuoco attentivo”.“Abbiamo potuto dimostrare per la prima volta, grazie all’utilizzo della stimolazione magnetica transcranica (TMS in inglese) – spiegano Luca Ronconi e Andrea Facoetti – una relazione causale tra una specifica area del lobo frontale destro, nota come frontal eye fields e responsabile anche per i movimenti oculari, e l’abilità di aggiustare il fuoco dell’attenzione”.I risultati di questo studio sono particolarmente importanti proprio perché permettono di fare chiarezza sui meccanismi neurali che stanno alla base di alcune disfunzioni attenzionali che sono proprie di importanti disturbi neuroevolutivi quali l’autismo e la dislessia.