Vai al contenuto

Protesi al seno: nessun rischio di cancro

Breast-skin-care-1-150x150Il linfoma a grandi cellule è una patologia rarissima che ha colpito 173 donne nel mondo: «Anche per il Ministero della Salute le protesi al seno sono sicure. Vogliamo evitare un nuovo caso Pip, quando la mancanza di informazioni corrette causò del panico ingiustificato tra molte pazienti»

 «Le protesi mammarie continuano a essere considerate sicure. Non si ravvisano rischi per la salute». Esordisce con le parole della recente circolare del Ministero della Salute il presidente dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe), Mario Pelle Ceravolo, commentando la notizia della presunta relazione tra l’insorgere di una patologia tumorale, il linfoma a grandi cellule, e le protesi al seno.

«Come già accaduto con lo scandalo delle protesi Pip, anche in questo caso vogliamo tranquillizzare sia le pazienti che aspirano a un seno nuovo, sia quelle che lo hanno già: non esiste nessuna correlazione tra protesi al seno e cancro».  

Il Ministero della Salute, nella circolare che ha diffuso, cita 173 casi in tutto il mondo a fronte di milioni di protesi al seno impiantate: «Il numero di casi è estremamente basso e non offre dati statisticamente significativi che possano mettere in correlazione la presenza dell’impianto con questa nuova patologia» scrive il Ministero.

Il linfoma a grandi cellule è stato al centro di una tavola rotonda che si è svolta nelle scorse settimane al Ministero della Salute a Roma, a cui hanno preso parte il direttore generale del servizio dispositivi medici, Marcella Marletta, e le principali società scientifiche del campo, tra cui Aicpe con il presidente Mario Pelle Ceravolo e il presidente onorario Giovanni Botti, Sicpre e Sis, e la collaborazione di altri esperti come Fabio Santanelli direttore della scuola di specializzazione in Chirugia Plastica presso l’Università La Sapienza di Roma. Il problema è stato affrontato in ambito multidisciplinare e il Ministero della Salute ha concluso che«le protesi mammarie continuano a esser considerate sicure e sotto questo aspetto non si ravvisano rischi per la salute».

«L’obiettivo delle autorità italiane è informare le pazienti sul fenomeno e tranquillizzarle, prevenendo paure ingiustificate che potrebbero nascere in seguito a notizie allarmistiche che dovessero essere diffuse in futuro – afferma Pelle Ceravolo -.  Il Ministero raccomanda il monitoraggio della situazione. Sono sempre consigliati controlli periodici e un’attenzione a eventuali alterazioni, soprattutto gonfiore. Tutte le donne portatrici di protesi mammarie dovrebbero essere controllate una volta all’anno dal chirurgo che le ha operate per verificare lo stato delle protesi. Bisogna anche prestare attenzione a fenomeni di importante cambiamento di forma e in special modo di gonfiore di una o ambedue le mammelle, anche se sopraggiunto a distanza di tempo dall’intervento stesso. In questo caso bisogna sottoporsi ai dovuti controlli per accertare la natura del problema».

Il linfoma a grandi cellule è una patologia rarissima che, nella stragrande maggioranza dei pazienti, si limita ad una patologia infiammatoria localizzata alla cicatrice interna che si forma intorno alla protesi e che viene, nella maggior parte dei casi, completamente curata attraverso la rimozione della stessa cicatrice. «Sono rarissimi i casi in cui questa patologia può evolvere e  presentare indicazione a vere e proprie terapie oncologiche» conclude il presidente Aicpe.

Si vuole insomma evitare un altro caso PIP, che creò grande scompiglio nel mondo medico e terrore fra molte pazienti. «In Francia, paese dove queste protesi venivano prodotte, il Ministero della Salute, forse anche per un senso di colpa nazionalistico, consigliò di asportare tutte le protesi incriminate; ciò spinse molti chirurghi a rimuovere e sostituire un gran numero di protesi, sottoponendo tante pazienti a un ulteriore e spesso ingiustificato intervento chirurgico – ricorda il presidente Aicpe -. Recentemente vari articoli scientifici, dopo attenti studi, hanno provato ciò che noi di Aicpe abbiamo sostenuto all’epoca e cioè che le protesi PIP presentavano un rischio di rottura leggermente superiore a quello delle altre protesi ma che  nessun pericolo di cancro al seno o di altre gravi complicanze poteva addebitarsi a queste protesi che fosse diverso da quelli relativi agli altri impianti. Il Ministero della Salute italiano, diretto allora dal Ministro Renato Balduzzi e dalla dottoressa Marcella Marletta, recepì perfettamente la verità ed emise circolari informative precise e tranquillizzanti che hanno portato ad una saggia gestione del fenomeno nel rispetto dei principi scientifici di salvaguardia della salute fisica e psicologica di tutte le pazienti italiane».