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Progress in Clinical Pacing, a Roma il Simposio internazionale

imageHa avuto inizio ieri e terminerà il 5 dicembre il XVI International Symposium on Progress in Clinical Pacing, che si svolge a Roma e che coinvolge medici provenienti da tutto il mondo, di cui più di 400 relatori attorno a due temi di assoluta importanza: l’aritmologia ed il trattamento dello scompenso cardiaco con particolare attenzione al ruolo dell’innovazione tecnologica per salvare e migliorare la vita dei pazienti cardiopatici.

Il XVI convegno Progress in Clinical Pacing – presieduto dal Prof. Massimo Santini, Chairmandel XVI International Symposium on Progress in Clinical Pacing e Presidente della World Society of Arrhythmias – è incentrato, oltre che sui temi più interessanti dell’aritmologia, anche sull’approccio clinico e, in particolare, sulle innovazioni tecnologiche e sulle più recenti tecniche diagnostiche e terapeutiche in relazione all’economia sanitaria che rappresenta il modo in cui i singoli individui e le società effettuano le loro scelte circa la quantità di risorse da destinare al settore sanitario.

 Va sottolineato che i disturbi del ritmo cardiaco sono in costante aumento e si calcola che nel nostro Paese siano circa un milione le persone affette da questo genere di disturbi e che le aritmie cardiache, in particolare, siano una delle patologie cardiache più comuni (rappresentano circa il 35% di tutte le malattie cardiovascolari). Basti pensare che in Europa nel 2012 sono stati impiantati 923 pacemaker per milione di abitanti, in Italia 1.008 per milione di abitanti. Nel 2013 nel nostro paese sono stati più di 64.000 i pacemaker impiantati.

 Al contempo, lo scompenso cardiaco resta una delle principali cause di morte: in Italia sono circa 1,5 milioni i pazienti affetti da questa patologia, ogni anno ci sono circa 170.000 nuovi casi e il 20% dei pazienti affetti muore; con questo ritmo si ipotizza che i malati di scompenso cardiaco  possano raddoppiare entro i prossimi 15 anni. Questa popolazione determina 500 ricoveri per scompenso al giorno. Tutto questo si può prevenire anche grazie all’uso di dispositivi impiantabili. 

 “Nell’ambito dell’aritmologia e della cardiostimolazione l’innovazione gioca un ruolo fondamentale – commenta il Dr. Gianluca Botto, Presidente dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione e Direttore dell’Unità Operativa di Elettrofisiologia presso l’Ospedale Sant’Anna di Como – I progressi tecnologici hanno portato allo sviluppo di dispositivi medicali sempre più all’avanguardia che consentono un elevato livello diagnostico e terapeutico.”

Questo progresso è incarnato da dispositivi salvavita quali Nanostim di St. Jude Medical,  il primo pacemaker senza elettrocateteri introdotto sul mercato  mondiale, che diversamente dai device tradizionali, non richiede un intervento chirurgico invasivo, ma, grazie al suo formato miniaturizzato, solo 1 cc e 2 gr di peso, viene posizionato direttamente nel cuore mediante un catetere manovrabile attraverso la vena femorale. Ne è un altro esempio Evera MRI SureScan di Medtronic, il primo defibrillatore cardiaco compatibile con risonanza magnetica completa. Un piccolo “salva vita” indicato per i pazienti soggetti a fibrillazione ventricolare, in grado di riconoscere una tachiaritmia ventricolare maligna e di erogare automaticamente una terapia elettrica immediata in pazienti a rischio di morte cardiaca improvvisa. “Le novità – aggiunge il Dr.Gianluca Botto- risiedono nel fatto che con il pacemaker leadless ci sono meno rischi di infezione e vengono eliminati i problemi legati all’usura degli elettrocateteri mentre con gli ICD MRI i pazienti ipotranno sottoporsi, se necessario, all’esame di risonanza magnetica, fino ad ora preclusa ai portatori di defibrillatore impiantabile.”

 “La continua evoluzione tecnologica dei dispositivi medicali deve avere proprio questa doppia finalità: migliori benefici per i pazienti e riduzione dei costi sanitari – sottolinea il Prof. Massimo Santini – Non dimentichiamo che il recente lancio del primo pacemaker senza fili stravolgerà una tecnica di impianto consolidata da ormai più di 50 anni. Questi nuovi dispositivi mini-invasivi riducono sensibilmente il rischio di complicanze legate all’impianto di un pacemaker tradizionale e alla rottura dei cateteri. Nonostante le dimensioni estremamente ridotte che corrispondono ad un decimo di un pacemaker tradizionale, il pacemaker senza fili garantisce una longevità analoga a quella del pacemaker tradizionale offrendo al paziente anche il vantaggio estetico dell’assenza di cicatrici o rigonfiamenti della tasca nella zona dove verrebbe alloggiato il pacemaker tradizionale”.

 Un altro fattore di assoluta innovazione per il nostro paese è il monitoraggio remoto dei pazienti scompensati, un controllo a distanza che consente di beneficiare di un dispositivo in grado di migliorare la qualità della vita verificando, al contempo e con estrema precisione, aritmia e scompensi per una gestione tempestiva della patologia. Il vantaggio è doppio: i costi di ospedalizzazione verrebbero abbattuti con riduzione degli accessi e dei tempi di degenza ospedaliera a favore del sistema sanitario ed il paziente direttamente da casa beneficerebbe di un controllo continuo, ribaltando totalmente la gestione stessa delle patologie.

 Il monitoraggio remoto è, in termini pratici, un cardiologo dentro casa che garantisce, tra le altre cose, un beneficio di assoluta importanza: il benessere del paziente inteso come miglioramento della qualità della vita derivante dalla possibilità di non essere più assoggettato ai disagi del recarsi ogni volta presso le strutture ospedaliere di riferimento.

 “Le nuove tecnologie possono contribuire a raggiungere questo obiettivo- afferma il Prof. Santini- e devono essere pertanto accessibili da un punto di vista economico e rimborsate dal Servizio Sanitario quando la loro efficacia è dimostrata. Nel medio e lungo termine il trattamento definitivo delle aritmie è un risparmio per l’intero sistema sanitario.” 

 Tuttavia il sistema sanitario italiano, assieme a quello austriaco e belga, non prevede rimborsi né remunerazioni relativi al servizio di monitoraggio remoto del paziente nonostante sia, ad oggi, assolutamente certo che tra cinque anni oltre il 30 per cento dei pazienti sarà gestito in questo modo in rapporto alla capacità stessa dei pazienti di aprirsi alla cultura e all’uso di devices tecnologici e della telemedicina di cui già 40 mila pazienti nel mondo ne usufruiscono godendo, così, dei numerosi vantaggi legati all’innovazione. 

Abbiamo parlato di:

www.pacing2014.com

Dalla nostra inviata a Roma, Anna Laura Maffei