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Ospedali Riuniti e Maastricht: primo Ph.D. per una ricercatrice dei Riuniti

E´ Marina Marchetti, biologa nel Laboratorio di Emostasi e Trombosi, la prima ricercatrice degli Ospedali Riuniti di Bergamo a conseguire il Ph.D. all´Università di Maastricht. Si tratta del massimo titolo accademico per un ricercatore, a coronamento di un periodo di studio e di lavoro su un progetto di ricerca, e quindi di un importante traguardo per la dr.ssa Marchetti, che lavora da tempo nel Laboratorio di Emostasi e Trombosi, diretto da Anna Falanga, primario di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale dei Riuniti.

Oggetto della ricerca condotta dalla dr.ssa Marchetti, in collaborazione con Hugo Ten Cate del Dipartimento di Medicina Interna e Biochimica dell´Università di Maastricht, è stata la genesi delle trombosi nei pazienti oncologici, in particolare in quelli affetti da policitemia vera (PV) e trombocitemia essenziale (TE). Tali pazienti hanno una buona aspettativa di vita, ma vengono nel 40% dei casi colpiti da trombosi (come ictus cerebrale, infarto del miocardio, embolia polmonare), che aggravano la malattia e possono essere causa di morte. Grazie a un nuovo test è stato possibile approfondire la predisposizione a eventi trombotici in questi pazienti.

Marina Marchetti ha trascorso più di due anni studiando i meccanismi molecolari alla base di queste due importanti malattie mieloproliferative croniche, nei laboratori del Dipartimento di Biochimica dell´Istituto di Ricerca Cardiovascolare dell´Università di Maastricht. Entrambe queste patologie sono caratterizzate da una proliferazione abnorme rispettivamente dei globuli rossi del sangue e delle piastrine, elementi corpuscolari del sangue indispensabili per la coagulazione. I soggetti colpiti hanno quindi un elevato rischio di sviluppare emorragie e trombosi.

"Capire i meccanismi molecolari di queste patologie è fondamentale per poter sviluppare delle terapie efficaci – spiega Anna Falanga -. Questo studio rappresenta il compimento di un percorso decennale che ha visto nella nostra Ematologia, diretta da Tiziano Barbui prima e da Alessandro Rambaldi oggi, un importante centro di riferimento. Grazie ai nostri studi oggi sappiamo che anche i leucociti, le cellule deputate alla difesa del nostro organismo, contribuiscono in maniera significativa all´attivazione del sistema della coagulazione e quindi al quadro clinico di questi pazienti. Queste cellule infatti sono quantitativamente più elevate ma anche qualitativamente diverse rispetto a quelle dei soggetti sani perché costantemente attivate, circostanza che compromette i normali meccanismi di regolazione del processo di coagulazione".

"La maggior parte dei pazienti con PV e circa il 50% dei pazienti con TE presenta una mutazione a carico gene JAK2, responsabile dell´attivazione delle cellule del sangue in risposta a fattori di crescita – precisa Marina Marchetti -. I nostri risultati mostrano chiaramente che esiste una correlazione tra la presenza della mutazione e l´attivazione della coagulazione e suggeriscono quindi nuovi potenziali target terapeutici per prevenire la trombosi in questi pazienti, senza ricorrere a una terapia anticoagulante".

I risultati ottenuti da Marina Marchetti sono stati accolti con entusiasmo dalla comunità scientifica e sono stati pubblicati su Blood, la più prestigiosa rivista del settore. Questo risultato è tra i frutti della preziosa collaborazione tra l´Ospedale di Bergamo, l´Istituto Mario Negri e l´Università di Maastricht. Le tre istituzioni sono legate da un accordo sottoscritto nel 2005 per lo sviluppo di percorsi condivisi e innovativi di formazione post – lauream, accordo che ha consentito agli Ospedali Riuniti – prima struttura ospedaliera pubblica non universitaria – di offrire un percorso di specializzazione basato sugli scambi tra gli studenti italiani e olandesi e sulla definizione di nuovi progetti di ricerca.

Questi risultati hanno aperto nuove prospettive e nuovi campi di indagine e hanno contribuito a rafforzare la collaborazione tra i due gruppi di ricerca, olandese e italiano. Al momento le ricerche proseguono grazie al supporto di alcune Fondazioni Olandesi che, convinte delle potenzialità di questi risultati, hanno finanziato nuovamente il progetto.