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Non c’è relazione tra voce e orientamento sessuale

pobranePubblicati sulla rivista PLOS ONE i risultati dello studio svolto sulla presunta capacità di distinguere eterosessuali e omosessuali semplicemente sentendoli parlare. Nel team ricercatori delle Università di Trento, Padova e Bielefeld. Sono ancora tante le persone omosessuali/bisessuali che dichiarano di aver subito discriminazioni a scuola, all’università, in ambito lavorativo, ma anche nella ricerca di una casa, nei rapporti con i vicini e nell’accesso a una serie di servizi (sarebbero il 53,7% secondo il report Istat anno 2011 “La popolazione omosessuale nella società italiana”). E per essere “etichettati” come tali basta a volte la propria voce, il proprio modo di parlare.

Ora, una ricerca, rivela come ciò non abbia dei riscontri scientifici e sia solo causa di ulteriore discriminazione. «La categorizzazione dell’orientamento sessuale a partire dalla voce funziona sulla base delle nostre aspettative, non delle nostre reali capacità. Questo tipo di inferenze può portarci facilmente alla stereotipizzazione sessuale». È quanto emerge dall’articolo intitolato “The sound of voice: Voice-based categorization of speakers’ sexual orientation within and across languages”, pubblicato dalla rivista PLOS ONE.

Gli autori sono per il Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’Università di Trento Simone Sulpizio (impegnato anche nella Fondazione Marica De Vincenzi onlus), Maria Paola Paladino e Francesco Vespignani; Fabio Fasoli e Anne Maass del Dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione dell’Università di Padova; Friederike Eyssel e Dominik Bentler del Center of Excellence – Cognitive Interaction Technology dell’University of Bielefeld. Nell’articolo si dà conto dei risultati del progetto di ricerca sul “gaydar” ovvero sulla presunta abilità di riconoscere l’orientamento sessuale di una persona sulla base di alcune caratteristiche come la voce, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto e dalla German Research Foundation e svolto appunto dal team di ricercatori delle tre Università di Trento, Padova e Bielefeld.

«La nostra ricerca – riferiscono Simone Sulpizio e Fabio Fasoli – ha indagato il “gaydar”, ponendosi le seguenti domande. Innanzitutto: è veramente possibile riconoscere l’orientamento sessuale di una persona ascoltando unicamente la sua voce? Altra cosa: ascoltatori di lingue e culture diverse mostrano un comportamento diverso? E infine: cambia il giudizio se i parlanti sono di una lingua diversa dalla propria? Il nostro lavoro mostra che il modo in cui categorizziamo gli altri non sempre corrisponde alla realtà: la voce può dare delle informazioni, ma nel caso dell’orientamento sessuale (caratteristica spesso nascosta dalle persone) è necessario essere consapevoli che la nostra percezione può essere ingannevole e che la nostra inferenza (corretta o sbagliata che sia) può cambiare il nostro modo di comportarci con gli altri».

Ma come è stata condotta la ricerca? «Abbiamo realizzato – riferiscono i ricercatori – una serie di esperimenti con partecipanti italiani e tedeschi. Ai partecipanti abbiamo chiesto di ascoltare diverse voci e per ognuna di indicare l’orientamento sessuale del parlante. In alcuni esperimenti i partecipanti ascoltavano solo parlanti della loro stessa lingua (italiani-italiani; tedeschi-tedeschi), mentre in altri ascoltavano sia parlanti della loro lingua, sia della lingua differente (italiani-italiani&tedeschi; tedeschi-tedeschi&italiani)».

Cosa è emerso? «I nostri risultati – concludono – hanno mostrato che il “gaydar” per la voce non esiste: gli ascoltatori non sono in grado di riconoscere l’orientamento sessuale di un parlante dalla sua voce. Tuttavia, i risultati mostrano anche un’ampia convergenza tra gli ascoltatori sull’orientamento sessuale dei parlanti. I risultati sono identici nelle due lingue e molto simili anche a livello inter-linguistico (quando cioè un parlante categorizza anche le voci di persone che parlano la lingua a lui sconosciuta). Un altro elemento che emerge è che, in generale, si rileva una forte relazione tra la percezione dell’orientamento sessuale e della mascolinità: i parlanti la cui voce contiene più caratteristiche acustiche tipicamente associate al parlato femminile (come ad esempio, un parlato più lento o, per le vocali, delle frequenze di risonanza più alte) tendono a essere maggiormente percepiti come gay».