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No all`aborto: 7 ginecologi su 10 contrari

Il 69,3% dei ginecologi che lavora nel servizio pubblico è obiettore di coscienza e quindi non pratica interruzioni volontarie di gravidanza. Ieri alla Camera si è discussa una mozione, presentata dal gruppo parlamentare di Sinistra Ecologia e Libertà (SEL), che impegna il Governo, tra le altre cose, ad “assumere ogni iniziativa …. affinché la gestione organizzativa e del personale delle strutture ospedaliere sia realizzata in modo da evitare che vi siano presidi con oltre il 30% di obiettori di coscienza, anche attraverso un controllo più stringente sull’attuazione delle previste procedure di mobilità del personale sanitario”. “È necessario rispettare la piena libertà di scelta individuale sia delle donne che dei medici – afferma il prof. Nicola Surico, Presidente della Società Italiana di Ginecologia ed Ostetricia (SIGO) -. Ci sono alcuni ospedali che per poter assicurare le interruzioni volontarie di gravidanza devono chiamare personale da fuori. È una situazione intollerabile. Al tempo stesso imporre il limite massimo del 30% di obiettori è un rimedio eccessivo ed irrealizzabile. Nei reparti di ginecologia per effettuare questo servizio possono bastare 2-3 medici che si alternano. Una possibile soluzione è quella di riservare nei concorsi pubblici un numero di posti per medici non obiettori di coscienza, ma senza stravolgere gli attuali criteri di assunzione per entrambe le categorie”. 

Secondo l’ultima Relazione sullo stato di attuazione della legge 194 del Ministro della Salute, in Italia il maggior numero di ginecologi obiettori si trova nel Sud continentale (76,9%), con la punta più alta in Molise (85%). Nel nostro Paese continua a diminuire il numero di aborti volontari. Nel 2011 ne sono stati effettuati 109.538. Il decremento è stato del 5,6% rispetto al dato del 2010. “Promuovere la procreazione responsabile è il modo più efficace di prevenire l’aborto – sottolinea il Presidente Surico -. La mozione di SEL propone giustamente il potenziamento dei consultori familiari. Questi luoghi sono stati istituiti dalla Legge 194 e possono avere un ruolo fondamentale nell’educazione sessuale delle categorie attualmente più a rischio, ovvero i giovani e la popolazione d’origine straniera. Anche nelle scuole pubbliche è necessario istituire al più presto corsi obbligatori di educazione alla sessualità”.

 

Ufficio stampa 
Intermedia