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No a peeling fai-da-te, lo dicono i dermatologi

Fabbrocini (Università di Napoli): “In agguato infezioni e danni alla pelle”

Foto_blog_342Se ne discute nell’ambito di un corso di perfezionamento che inizia sabato prossimo. Affossati ormai dalla crisi, sempre più spesso si ricorre al fai-da-te non solo nei “tradizionali” ambiti del giardinaggio e del bricolage, ma anche nel settore della cura e della bellezza del corpo, a fronte del continuo aumento del prezzo dei trattamenti estetici, anche dei più comuni. La tentazione ai rimedi domestici è sempre più forte, soprattutto per coloro che soffrono di patologie acneiche, che decidono di sottoporsi in autonomia a dei peeling, bypassando il consulto medico. Attenzione, però: prima di cimentarsi in operazioni di questo tipo è bene informarsi sui rischi che possono comportare alcune forme di “automedicazione”.

Ci sono, infatti, anche in questo caso, dei luoghi comuni e dei miti da sfatare, soprattutto nella gestione del periodo post peeling. Ogni donna, ad esempio, è erroneamente convinta che il sole e il trucco possano migliorare sempre e comunque l’aspetto della propria pelle. Di questo e altro si parlerà sabato prossimo, 29 marzo, nell’ambito del primo modulo del corso di perfezionamento in dermatologia estetica e correttiva organizzato dalla Sezione di Dermatologia dell’Università “Federico II” di Napoli. E a proposito dell’esposizione ai raggi solari, la Prof.ssa Gabriella Fabbrocini, docente di dermatologia e venereologia presso l’ateneo partenopeo e coordinatrice del corso, in particolare avverte: “Dopo la somministrazione del trattamento è innanzitutto opportuno guardarsi da una precoce esposizione al sole; i peeling non vanno assolutamente fatti in maniera indiscriminata e senza il controllo dello specialista anche perché è lo specialista che può praticarli anche in tarda primavera o in estate, ma con opportune precauzioni”. Un monito particolare va rivolto, poi, ai ‘sun addicted’: “Da evitare completamente l’esposizione a lampade solari per almeno due mesi dopo il trattamento, soprattutto per chi ha una pelle scura che rischia l’iperpigmentazione”.

E per quanto riguarda i trattamenti cosmetici? Vietati anche questi. La Prof.ssa Fabbrocini precisa: “Non si dimentichi che tra le complicanze del peeling c’è l’infezione scatenata da un precoce utilizzo del trucco, soprattutto della cipria in polvere. È dunque opportuno evitare completamente l’uso di cosmetici fino alla risoluzione del processo irritativo-desquamativo”. Altra credenza da sfatare è l’idea che il peeling sia un trattamento innocuo. In determinati casi, anzi, è assolutamente sconsigliato. “Sono trattamenti validissimi che possono risolvere situazioni critiche quali le cicatrici di acne, l’acne stessa in alcune forme, la rosacea nonché le antiestetiche macchie scure, ossia le lentigo e il melasma, ma non bisogna dimenticare che devono assolutamente evitare di praticare i peeling le donne in stato di gravidanza, nonché coloro che rifiutano la fotoprotezione, quelli che soffrono di dermatite atopica e quelli che hanno aspettative eccessive verso i risultati”.

Attenzione, poi: bisogna sapersi destreggiare nella “selva” dei differenti peeling disponibili. Vi sono, infatti, varie tipologie del trattamento, classificabili in base al grado di profondità di azione: si va dai peeling molto superficiali a quelli superficiali a quelli medi per arrivare, infine, a quelli profondi. Gabriella Fabbrocini spiega: “Maggiore è la profondità di azione della sostanza impiegata, più evidente sarà il risultato che ci si potrà aspettare, ma maggiore sarà anche il rischio di complicanze post peeling”. Sbagliatissimo credere, inoltre, che, una volta completato il trattamento, si possa continuare ad affrontare la pulizia quotidiana della zona trattata con gli stessi detergenti adottati prima del peeling. “È importante che il viso venga lavato con un detergente molto delicato e asciugato tamponando e non strofinando per evitare irritazioni. È bene assicurarsi che la pelle sia sempre ben nutrita e idratata, magari con un emolliente da applicare sempre con molta delicatezza”, raccomanda la dermatologa.

Ma perché rivolgersi allo specialista se tra le più comuni sostanze utilizzate per i peeling c’è, ad esempio, l’acido glicolico, che è disponibile in diverse concentrazioni e può essere usato anche nella “formula domestica”? La Prof.ssa Fabbrocini non ha dubbi: “Perché in alte concentrazioni, dal 25 % in su, è ad esclusivo uso del medico che, peraltro, opta sempre per formule al 70%. Inoltre non si trascuri che questi trattamenti non possono essere fatti una tantum, ma necessitano sempre di più sedute, a volte anche dieci, e poi il peeling è parte integrante di un programma terapeutico. Il successo del trattamento infatti dipende dalla capacità dello specialista di integrare una terapia domiciliare con il peeling più specifico e adatto alla tipologia del soggetto”.

Ci sono gravi reazioni che possono scaturire da questi trattamenti dermo-estetici? Gabriella Fabbrocini è categorica: “Certamente, e sono dovute all’inesperienza nell’utilizzo delle sostanze peeling, all’inadeguatezza della concentrazione, alla modalità di applicazione e alla sottovalutazione del fototipo e del tipo di cute. Le reazioni più gravi sono rappresentate da cicatrici atrofiche o ipertrofiche, danni oculari e ipocromie anche permanenti, quest’ultime spesso dovute a un’anomalia nella risposta post infiammatoria dei melanociti di alcuni soggetti”.

A conferma che il peeling non è un trattamento così innocuo, infine, è il fatto che alcuni tipi praticati con sostanze aggressive possono compromettere le attività sociali del paziente. A questo proposito, la Dott.ssa Fabbrocini consiglia, specialmente per il trattamento degli esiti cicatriziali di acne, il peeling con l’acido salicilico e il tricloracetico, “che risulta così più accettabile per il paziente in quanto induce un eritema fugace e una lieve desquamazione furfuracea che compare dopo circa 24/48 ore senza compromettere la vita di relazione dell’individuo”.