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“Manifesto Italiano per la Cura delle Tossicodipendenze: il Modello di Cura Misto”

Liberare le persone con dipendenza da eroina dallo stigma sociale che spesso le condanna all’emarginazione. E per conseguire questo risultato iniziare a trattare i tossicodipendenti che ormai controllano la propria addiction come tutti gli altri malati cronici, senza costringerli a seguire il proprio percorso di cura nei Centri specialistici per le dipendenze. Si sta trasformando in realtà il progetto costruito dal professor Icro Maremmani – docente di Farmatossicodipendenza all’Università di Pisa, uno dei maggiori esperti di dipendenza a livello internazionale, presidente della World Federation for the Treatment of Opioid Dependence, ONG riconosciuta dalle Nazioni Unite – collaudato nel Centro diurno di Pietrasanta e studiato come esperimento d’eccellenza nell’Addiction Medicine Expert Forum 2013 (AMEF). Oggi sono infatti disponibili strumenti farmacologici che possono consentire questo percorso di autentico recupero e reintegrazione – in quanto non più passibili di misuso e diversione – e inoltre i medici di famiglia e i farmacisti si dicono disposti a collaborare con gli specialisti che operano nei Servizi, per cooperare attivamente al recovery completo delle persone con dipendenza. Da questa convergenza, di risultati scientifici e di volontà degli attori coinvolti nel nuovo percorso di cura, ma anche in ragione del mutato profilo sociologico e demografico dei dipendenti da eroina, è nato il “Manifesto Italiano per la Cura delle Tossicodipendenze: il Modello di Cura Misto” – ossia basato sull’integrazione fra interventi dei Centri Specialistici (SerT) e contributo dei medici di base e dei farmacisti – presentato questo mattina al Circolo della Stampa di Milano.

“Un Manifesto sulle Tossicodipendenze, e per le Tossicodipendenze – ha detto il professor Icro Maremmani presentando il documento ai giornalisti – è il modo migliore, scientificamente equilibrato, per poter veicolare non tanto un pensiero personale, ma il nostro comune pensiero, la voce congiunta e articolata, precisa e unanime, tipica di un Manifesto, ovvero un documento programmatico di un gruppo, come quello nato a Pietrasanta durante l’Addiction Medicine Expert Forum del marzo 2013, che ha profondo desiderio di cambiare lo status quo dell’assistenza sanitaria a soggetti tossicodipendenti da oppiacei”. Il Manifesto è infatti scritto a più mani e incarna la comunione d’intenti fra gli specialisti, come il professor Maremmani, i medici di famiglia, rappresentati dal dottor Alessandro Rossi, Responsabile nazionale Area Dipendenza della Società Italiana di Medicina Generale, i farmacologi, rappresentati dal professor Gaetano Di Chiara dell’Università di Cagliari, i farmacoeconomisti, nella persona del professor Lorenzo Mantovani, e ancora degli psichiatri e degli operatori dei SerT, rappresentati dal dottor Lorenzo Somaini.

 Il Manifesto prende le mosse anzitutto dal nuovo identikit dei tossicodipendenti, disegnato da uno studio di GFK Eurisko condotto dalla dottoressa Isabella Cecchini e dalla dottoressa Stefania Fregosi: “Isolamento, emarginazione o degrado sociale e culturale – ha detto quest’ultima nel corso della conferenza stampa – non sembrano più essere le caratteristiche distintive del paziente tossicodipendente. Oggi il paziente si cura con terapie agoniste, lavora, vive una vita sociale e relazionale normale. L’indagine condotta da Gfk Eurisko nella primavera del 2011 mette infatti in luce il profilo di un paziente che, nonostante l’esperienza della tossicodipendenza, mostra un buon inserimento nel contesto professionale: circa il 50% dei pazienti intervistati lavora, ha un buon background culturale: quasi la metà ha conseguito un titolo di studio superiore, nonché la capacità di crearsi una rete sociale e familiare: in 1/3 dei casi è sposato o convive, in 1/4 dei casi ha figli e quasi l’80% vive in famiglia o con amici”.

 “Il problema della tossicodipendenza è da sempre caratterizzato da rapidi mutamenti di scenario e, negli ultimi anni, dalla comparsa di ‘nuove droghe’ e ‘nuove tipologie di consumatori’ – ha confermato il dottor Ovidio Brignoli, Vicepresidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) –. Il tema della personalizzazione della cura e del rapporto continuativo Medico paziente richiama fortemente il ruolo del Medico di Medicina Generale nei confronti del paziente che fa uso di sostanze”. Per questo, ha proseguito Brignoli, “i medici appartenenti alla Società Italiana di Medicina generale desiderano avere l’opportunità di ricevere una formazione adeguata alla presa in carco dei pazienti tossicodipendenti nelle varie fasi della loro situazione  clinica e  nel rispetto delle singole scelte offrono la loro collaborazione e adesione al  Manifesto Italiano per la Cura della Dipendenza da Oppiacei: il modello di cura misto tra SerT e Medicina di Famiglia”.

 “Il trattamento delle tossicodipendenze è uno degli aspetti più problematici in tutto l’Occidente industrializzato, soprattutto quando, come oggi, ci si scontra con la riduzione delle risorse disponibili per gli interventi sociosanitari. In questo senso, sperimentare nuove forme di coinvolgimento della farmacia di comunità è un fatto molto positivo – ha affermato a sua volta il senatore Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini Farmacisti Italiani (Fofi) –: la bassa soglia di accesso della farmacia, infatti, non può che favorire la continuità del trattamento sostitutivo e, quindi, aumentare le sue probabilità di successo. È un tipo di intervento in sintonia con la professionalità del farmacista e con lo spirito della farmacia come snodo del servizio sanitario”.

 Il percorso di cura misto, delineato nel Manifesto, sarà inoltre in grado di generare risparmi e un efficientamento degli investimenti destinati al recupero dei tossicodipendenti, raccogliendo così, in tempi di Spending Review, anche il favore dei farmacoeconomisti: “In Italia i costi legati al consumo di droghe, sono pari al 2% del PIL nazionale, calcolati in 31 miliardi di Euro nel 2011 – ha detto il professor Lorenzo Mantovani dell’Università di Napoli Federico II –. I costi sanitari specifici per la cura delle tossicodipendenze rappresentano poco più del 5% dei costi totali. Le strutture di assistenza sono 1.630, di cui 563 rappresentate dai SerT, e 1.067 da Comunità Terapeutiche di vario tipo. I soggetti con dipendenza da sostanze che hanno necessità di trattamento sono oltre mezzo milione. I soggetti effettivamente trattati sono circa un terzo, vale a dire circa 170mila. Un euro investito nella cura delle tossicodipendenze genera un beneficio di 6 euro. Quanto alle eroino-dipendenze, i trattamenti appropriati, attuati anche mediante modelli di cure miste/condivise (shared care model, hub-spoke), hanno ripetutamente dimostrato di essere alternative costo-efficaci per la gestione dei pazienti. Essi sono raccomandati da diverse  Agenzie di Health Technology Assessment in Scozia, Galles, Inghiterra, Canada e Australia. Questi shared care model possono contribuire a ridurre il gap tra soggetti che necessitano di cure e quelli che effettivamente le ricevono, in modo altamente costo efficace o, addirittura, riducendo i costi complessivi delle eroino-dipendenze”.