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L’appello dei medici di famiglia: “Italiani, dovete bere di più”

La quantità indicata è di due litri al giorno, ma ci si ferma solo alla metà

pobranePoco più di un litro al giorno. Ecco la quantità media di liquidi che gli italiani introducono nel loro organismo. Un valore decisamente troppo basso, inferiore del 50% rispetto alle raccomandazioni mediche, che minaccia soprattutto la salute dei più piccoli. Il 66% dei bimbi italiani, infatti, non beve a sufficienza prima di sedersi sui banchi di scuola. Le conseguenze sono prestazioni cognitive rallentate, fino al 14% in meno rispetto ai coetanei idratati correttamente.

Ma assumere pochi liquidi è un aspetto comune a tutte le età. La conferma viene dallo studio LIZ, condotto per la prima volta su 2mila pazienti in tutto il territorio – spiega il dottor Claudio Cricelli, Presidente della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) – Un’indagine unica nel suo genere, che ha analizzato anche il consumo di zuccheri nella popolazione”.

La ricerca è stata realizzata come progetto di collaborazione tra SIMG e Nutrition Foundation of Italy (NFI). “I dati che emergono da LIZ sono una nitida fotografia della popolazione reale – aggiunge il dottor Andrea Poli, Presidente NFI, nel corso del Media Tutorial SIMG/NFI organizzato oggi al Circolo della Stampa di Milano – perché la ricerca è stata condotta su un campione di persone estratto, con un processo rigorosamente casuale, dalle liste dei pazienti dei medici di famiglia. Eravamo molto interessati a rilevare anche il reale introito di saccarosio e di dolcificanti tra i cittadini. Abbiamo avuto la conferma che, in media, non siamo di fronte ad apporti elevati: si tratta infatti di 68 grammi al giorno per gli uomini e di 66 grammi per le donne. Questi dati forniscono un’informazione basilare: è difficile immaginare di risolvere il problema del sovrappeso nella Penisola comprimendo semplicemente il consumo di zucchero”.

Ecco perché le proposte di tassazione e/o limitazione delle bevande gassate, magari virtuose negli intenti, appaiono ingiustificate: non tengono conto della realtà – commenta il dottor Ovidio Brignoli, Vicepresidente SIMG – Sono ben altri i fattori che incidono sull’obesità, una patologia che colpisce ormai il 10% degli italiani: un paradosso, nella patria della dieta mediterranea. Come SIMG stiamo pianificando campagne specifiche, perché si tratta di un problema esplosivo a tutte le età, con risvolti importanti per la salute, soprattutto dei più giovani, ma anche della popolazione adulta e degli anziani. Intervenire e modificare questa tendenza rappresenta per noi, come per tutti gli operatori nel settore salute, una priorità”.

È proprio sull’eccesso di peso e sulle capacità di evitare questa condizione che si gioca una buona parte della sostenibilità dei Servizi Sanitari, già messi in sofferenza dalla crisi economica e dal fardello delle patologie croniche. “La prevenzione primaria è la chiave per riuscire a garantire, in futuro, l’accesso universale alle prestazioni mediche – aggiunge il dottor Brignoli – Ed è in questa direzione che ci stiamo muovendo. Innanzitutto, dobbiamo formare i nostri membri perché comunichino in modo corretto i concetti ai pazienti: stiamo preparando una serie di schede descrittive sui cibi, sulle loro caratteristiche, sulle modalità di cottura, ecc. che faciliteranno la comprensione per tutti i nostri assistiti, anche i più anziani. È già pronto un network di 500-600 camici bianchi per assolvere questi compiti, con l’indicazione di raccogliere a ogni visita i dati relativi ai cittadini, per inserirli poi in un database strutturato. L’obiettivo è raggiungere i 30 milioni di persone, un progetto mai realizzato prima”. 

Sondando le conoscenze e i comportamenti del pubblico abbiamo scoperto aspetti sorprendenti, confrontando soprattutto quello che le persone intervistate dichiarano di fare e, invece, mettono realmente in pratica – sottolinea il dottor Poli – Il 45% dei maschi e il 33% delle femmine, ad esempio, non presta attenzione alle calorie che introduce, correndo ai ripari solo quando il grasso ha già iniziato ad accumularsi”. “Ecco perché il medico di famiglia deve essere uno dei protagonisti di questo cammino, assolutamente necessario, verso la prevenzione – conclude il dottor Cricelli – Conosciamo più di chiunque altro il paziente, la sua storia umana e clinica, il contesto familiare e sociale in cui vive. Inoltre, rappresentiamo la congiunzione tra territorio e ospedale. È nei nostri ambulatori che il cittadino deve trovare una risposta efficace alle proprie esigenze”.