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Ipertensione, i pazienti in Europa chiedono ai medici un maggior coinvolgimento nella gestione della terapia

Al Congresso ESC di Monaco Daiichi Sankyo ha presentato i risultati della 1a Indagine sui Pazienti con Fibrillazione Atriale, secondo cui c’è bisogno di nuove strategie terapeutiche per combattere l’ipertensione. In fase di sviluppo Edoxaban, un nuovo anticoagulante che promette di superare gli attuali limiti delle terapie disponibili e ridurre i fattori di rischio.  Secondo gli ultimi dati OMS l’ipertensione ha raggiunto circa 1 miliardo di persone colpite al mondo (un terzo degli adulti) e rappresenta il principale rischio di mortalità. Complessivamente il 51% degli ictus ed il 45% delle morti per infarto cardiaco sono attribuibili ad una pressione sistolica elevata. L’ipertensione può contribuire inoltre allo sviluppo della fibrillazione atriale (FA), condizione responsabile del 15-20 percento degli ictus ischemici. Sebbene la prevalenza dell’ipertensione continui ad aumentare ed il tasso di pazienti controllati sia ancora basso, la consapevolezza sui rischi cardiovascolari connessi a questa patologia è ancora inadeguata. L’ipertensione rappresenta, tra gli altri, anche un importante fattore di rischio per la FA, a sua volta responsabile del 15- 20% degli ictus ischemici cerebrali. Infine, è stato dimostrato che alcuni dei limiti correlati alle attuali terapie anticoagulanti, hanno un ruolo determinante nella inadeguata gestione dei pazienti con FA in termini di prevenzione del rischio ischemico cerebrale. A dipingere il quadro delle numerose sfide ancora da affrontare in questo settore sono gli esperti riuniti nel consueto appuntamento annuale del Congresso Europeo di Cardiologia (ESC), in corso a Monaco, dove Daiichi Sankyo ha presentato la 1a Indagine Paneuropea sui Pazienti con Fibrillazione Atriale (EUPS-AF). L’indagine, condotta su 1.507 pazienti in Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna, ha messo in evidenza i bisogni dei pazienti con FA, con particolare riguardo alla necessità di potenziare l’accesso ai medici curanti e migliorare la qualità della comunicazione medico-paziente sui regimi di trattamento della patologia.
>L’obiettivo dell’indagine – ha dichiarato il prof. José Luis Zamorano, direttore dell’Istituto Cardio-Vascolare all’Università di Madrid – era quello di cogliere il punto di vista del paziente sullo stato dell’arte del trattamento della FA, con riguardo alle aree in cui è possibile migliorare la sua soddisfazione e la sua aderenza alla terapia. È chiaro che i limiti attuali della terapia anticoagulante sono legati alla necessità di un continuo monitoraggio e aggiustamento della dose con il conseguente carico che ricade sul paziente. Adattare i sistemi di cura in funzione delle esigenze dei pazienti risulta cruciale per migliorare l’efficacia e la qualità dell’assistenza”.

Una delle esigenze fondamentali dei pazienti con FA è la necessità di conseguire una maggiore consapevolezza rispetto al proprio regime di trattamento, sebbene gli specialisti tentino di informarli adeguatamente in merito ai trattamenti disponibili e più appropriati. Considerata la complessità della terapia della FA, i pazienti chiedono di essere maggiormente coinvolti nelle decisioni terapeutiche, per assumersi in prima persona la corresponsabilità nella gestione della propria malattia.L’ipertensione e la fibrillazione atriale – ha sottolineato Florian Abel, Medical Affairs Director Daiichi Sankyo Europa – sono entrambe patologie croniche con complessi meccanismi di trattamento, che richiedono un notevole impegno da parte del paziente; l’indagine EUPS-AF mostra che gli attuali livelli di soddisfazione dei pazienti con FA riguardo ai trattamenti e l’efficacia dell’assistenza sono sub-ottimali. Anche lo stesso controllo della pressione arteriosa, nonostante le opzioni terapeutiche disponibili, è risultato sub-ottimale. Per questo è fondamentale adottare in Europa standard clinici più avanzati per coinvolgere maggiormente il paziente con FA nella gestione più diretta e responsabile della terapia antipertensiva”.La terapia anticoagulante con gli antagonisti della vitamina K quali warfarin, acenocoumarolo o femprocoumone è ampiamente considerata il trattamento standard per  la prevenzione dell’ictus nei pazienti con FA ad alto rischio di ictus. Tuttavia, nonostante la sua efficacia, warfarin viene segnalato ripetutamente nella lista dei farmaci della FDA statunitense a causa dei numerosi eventi avversi associati al farmaco. A causa delle particolari caratteristiche degli antagonisti della vitamina K, quali lo stretto range terapeutico e le molteplici interazioni con farmaci e alimenti, sono necessari ripetuti e costosi monitoraggi per assicurare che l’International Normalized Ratio (INR) si mantenga all’interno del range richiesto; tuttavia, gli studi mostrano che nella maggioranza dei pazienti non si ottiene l’INR richiesto.

Per contribuire alla gestione del carico crescente determinato dalla fibrillazione atriale (FA) e per fornire ai pazienti migliori possibilità terapeutiche per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica, Daiichi Sankyo sta sviluppando un nuovo anticoagulante orale in monosomministrazione giornaliera, Edoxaban, che inibisce in modo specifico, reversibile e diretto il fattore Xa, un importante fattore della cascata della coagulazione. Edoxaban è attualmente oggetto di studio nei trials clinici ENGAGE AF-TIMI 48 per la FA, che coinvolge 21.105 pazienti inoltre 1.000 centri di ricerca in 46 nazioni, con il follow-up più lungo e il più ampio numero di endpoints primari predefiniti tra gli studi sui nuovi anticoagulanti orali (NOAC), e Hokusai-VTE, lo studio clinico di fase 3 più ampio sul  trattamento e la prevenzione della del tromboembolismo venoso ricorrente, che coinvolge circa 8.250 pazienti in oltre 400 centri in 38 Nazioni.

Il paziente iperteso più costoso – ha ricordato il prof. Massimo Volpe, presidente della Società Italiana di Ipertensione – è il paziente non trattato o trattato in modo insufficiente. Obiettivi chiave nell’ipertensione sono rappresentati da una buona compliance e da un inizio di trattamento precoce ed efficace, al fine di contribuire ad una riduzione delle morti cardiovascolari e dei costi correlati nel lungo termine. Da questo punto di vista la terapia con associazioni fisse ha già dimostrato una serie di vantaggi rispetto alle associazioni estemporanee e potrebbe determinare un significativo miglioramento della compliance riducendo il carico di compresse da assumere quotidianamente. Questo miglioramento potrebbe, a sua volta, aiutarci a raggiungere l’ambizioso obiettivo di tenere sotto controllo la pressione arteriosa nel 70% dei pazienti con ipertensione entro il 2015”.