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Il grasso può proteggere da demenza se è ‘beige’, lo studio

Milano, 10 ago. (Adnkronos Salute) – Il grasso ha più colori e un team di scienziati ha scoperto che in quello beige potrebbe nascondersi uno ‘scudo’ anti-demenza. Gli esperti, autori di uno studio finanziato dagli statunitensi National Institutes of Health (Nih) e pubblicato su ‘Nature Communications’, spiegano di aver trovato nuove evidenze del fatto che il grasso beige ha un impatto ‘calmante’ sul cervello, nel senso che riduce l’infiammazione associata al più comune grasso bianco e fornirebbe così una sorta di protezione dalla demenza.

Gli esperti hanno scoperto che sono le cellule adipose beige, tipicamente mescolate a quelle bianche nel grasso sottocutaneo presente nelle persone con una conformazione fisica “a forma di pera”, a mediare questa protezione del cervello, riferisce Alexis M. Stranahan, neuroscienziato del Medical College of Georgia all’Augusta University, insieme ai colleghi che firmano il lavoro.

Le persone che hanno questa forma fisica hanno un peso generalmente distribuito in modo più uniforme e sono considerate meno a rischio di problemi cardiometabolici come le malattie cardiache e il diabete, così come di declino cognitivo, rispetto a chi ha una conformazione “a mela”, con il grasso raggruppato intorno al centro del corpo e spesso intorno agli organi interni come il fegato.

Gli scienziati hanno dimostrato che le cellule adipose beige sono “indispensabili” per gli effetti neuroprotettivi e antinfiammatori del grasso sottocutaneo, afferma Stranahan, autore corrispondente dello studio. Senza adipociti beige, di fronte a una dieta ricca di grassi, i ricercatori hanno visto il grasso sottocutaneo iniziare ad agire più come pericoloso grasso viscerale, spiega l’esperta già autrice di un lavoro al riguardo. Le cellule beige sono più simili a quelle del grasso bruno, che sono piene delle ‘centrali elettriche’ mitocondri e sono efficienti nell’usare grassi e zuccheri per produrre calore in un processo chiamato termogenesi.

Per capire cosa succede in assenza delle cellule beige gli scienziati hanno utilizzato topi maschi con un gene specifico eliminato per impedire agli adipociti nel grasso sottocutaneo di diventare beige o imbrunire, rimanendo quindi più simili al grasso viscerale. Con una dieta ricca di grassi, è già stato dimostrato che questi topi sviluppano per esempio diabete più rapidamente di quelli con normali quantità di grasso beige. Gli esperti volevano esplorare il potenziale impatto sui problemi cognitivi.

Risultato: i topi senza grasso beige funzionale hanno mostrato una disfunzione cognitiva accelerata durante i test e il loro cervello e il loro corpo hanno indicato una risposta infiammatoria forte e rapida alla dieta ricca di grassi che includeva attivazione delle cellule microgliali, cellule immunitarie residenti nel cervello, che “possono aumentare ulteriormente l’infiammazione e contribuire alla demenza e ad altri problemi cerebrali”, evidenziano gli esperti.

Prima che sviluppassero il diabete, la microglia di questi topi, la cui età era paragonabile a quella di 20enni, aveva già attivato numerosi marker infiammatori. I topi normali studiati come controlli avevano attivato anche loro questi marker, ma anche marker antinfiammatori. Questi generalmente impiegano circa tre mesi con una dieta ricca di grassi per mostrare il tipo di risposte che sono state osservate in un solo mese nei ‘colleghi’ senza grasso beige.

“Se riusciamo a capire cosa del grasso beige limita l’infiammazione e forse migliora la plasticità cerebrale, allora possiamo imitare questo meccanismo con un farmaco o stimolare il grasso beige con il freddo, o anche prelevare un po’ di grasso sottocutaneo di quando si è giovani, congelarlo e reimpiantarlo in età più avanzata”, ipotizza Stranahan.

Tutto il grasso tende ad essere ricco di cellule immunitarie, che possono favorire o calmare l’infiammazione. Ma gli esperti hanno scoperto che il grasso beige interagisce continuamente con quelle cellule immunitarie, inducendo la citochina antinfiammatoria IL-4 nel grasso sottocutaneo. E i risultati suggeriscono che IL-4 è direttamente coinvolta nella comunicazione tra adipociti beige e neuroni nell’ippocampo, scrivono gli scienziati. Prossimi obiettivi: imparare di più su come utilizzare in maniera strategica il trapianto di grasso sottocutaneo; e studiare il tutto anche in topi femmina. Quello che intanto sembra emergere è l’importanza della distribuzione intrinseca del grasso, che “potrebbe essere un biomarcatore per le persone più a rischio di declino cognitivo”.