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Il cuore non tiene il ritmo? É scritto nel Dna

Alcune varianti del Dna sono responsabili dell´aumento dell´intervallo Pr, il parametro che, durante l´elettrocardiogramma, misura la velocità della conduzione elettrica nel nodo atrio-ventricolare, fondamentale per la diagnosi precoce di aritmie importanti come la fibrillazione atriale. È quanto emerso da uno studio condotto dal consorzio internazionale ‘Charge´ che coinvolge 65 ricercatori di 48 centri di ricerca europei e americani e più di 28.000 volontari. All´interno di Charge opera anche il progetto ProgeNIA dell´Istituto di neurogenetica e neurofarmacologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Inn-Cnr), con l´analisi dell´intero genoma di circa 4.000 volontari sardi dell´Ogliastra.
Grazie alla collaborazione tra i laboratori di tutto il mondo interessati alla genetica umana e all´epidemiologia genetica, Charge conduce dal 2005 lo studio di associazione dell´intero genoma Gwas (Genome wide association study), identificando regioni cromosomiche e geni che regolano tratti quantitativi e aumentano il rischio di sviluppare malattie. Attraverso l´analisi delle variazioni genetiche frequenti nella popolazione e distribuite su tutto il genoma, sono stati considerati per ogni individuo più di 2 milioni dei cosiddetti SNPs o Polimorfismi a singolo nucleotide.
"La ricerca", spiega Serena Sanna dell´Inn-Cnr, responsabile della parte statistica del progetto, "ha permesso di identificare alcune varianti del Dna comuni in nove geni che predispongono, coloro che ne sono portatori, a cambiamenti della conduzione atriale, con aumento dell´intervallo del Pr di circa 19 millisecondi: MEIS1, NKX2-5, CAV1/CAV2, WNT11, SOX5, TBX5/TBX3, ARHGAP24, SCN5A, SCN10A".
I primi sei, continua la ricercatrice, "hanno funzioni importanti nello sviluppo dell´apparato cardiaco nell´uomo e pertanto persone portatrici di tali mutazioni possono manifestare malformazioni del setto atriale o della giunzione atrioventricolare, come ad esempio NKX2-5, trovato mutato in pazienti affetti da ‘tetralogia di Fallot´ (malformazione cardiaca congenita che consiste in una comunicazione intraventricolare). SCN5A e SCN10A codificano invece due canali di sodio (Nav1.5 e Nav1.8), che insieme ai canali del potassio regolano i processi di depolarizzazione e ripolarizzazione della membrana cellulare. Nessun dato precedente, infine, ha finora collegato il gene ARHGAP24 con l´apparato cardiaco".
"I ricercatori", dichiara Manuela Uda dell´Inn-Cnr, coordinatore del progetto, "hanno quindi testato il ruolo dei geni individuati tramite i Gwas in circa 5.700 pazienti affetti e 4.000 individui sani. Cinque delle nove varianti comuni studiate (quelle dei geni SCN5A, SCN10A, NKX2-5,CAV1/CAV2, SOX5), mostrano in effetti un lieve aumento del rischio di manifestare fibrillazione atriale. Questi risultati migliorano le conoscenze scientifiche sulla fisiologia e patofisiologia delle condizioni cardiache, e suggeriscono dettagli importanti per lo sviluppo di nuove terapie farmacologiche e per la prevenzione".
Studi successivi avranno per oggetto il meccanismo biologico con cui questi geni agiscono nel prolungare l´intervallo Pr, dal momento che le conseguenze cliniche di un valore anomalo in questo parametro non sono trascurabili. "Il 10% di italiani ultra 70enni", conclude Sanna, "è colpito da fibrillazione atriale e sono sempre più gli under 40 ad esserne minacciati, con notevoli ricadute in termini di costi sanitari".