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I farmaci antiaggreganti peggiorano la prognosi nei pazienti con trauma cranico

Il dott. Andrea Fabbri, direttore dell’U.O. di Medicina d’Urgenza-Pronto Soccorso dell’Ausl di Forlì, è uno dei due referenti e coordinatori del primo studio multicentrico che ha dimostrato come i farmaci antiaggreganti peggiorino la prognosi nei pazienti con trauma cranico. Tale studio, condotto insieme al dott. Franco Servadei, direttore della struttura complessa di Neurochirurgia-Neurotraumatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, è stato promosso da Simeu, la Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, e pubblicato sulla prestigiosa “Critical Care”, la rivista scientifica internazionale dell’area dell’emergenza.

La ricerca “Effetti della terapia con farmaci antiaggreganti sui pazienti con trauma cranico” ha coinvolto un campione di 1.558 pazienti adulti con diagnosi di pronto soccorso di trauma cranico lieve, moderato o severo, in trenta centri ospedalieri su tutto il territorio nazionale, e specialisti della medicina d’emergenza-urgenza e della neurochirurgia.

«Lo studio – evidenzia il dott. Fabbri, segretario Simeu – fornisce per la prima volta evidenza scientifica di una consapevolezza diffusa in emergenza, ma mai provata fino a oggi. Assume particolare rilevanza in considerazione dell’aumentato impiego dei farmaci antiaggreganti a scopo di prevenzione del rischio cardiovascolare nella popolazione generale, e del fatto che, probabilmente come conseguenza dell’impatto sui giovani delle campagne di prevenzione contro gli incidenti stradali, l’età media delle vittime di traumi per incidente si è progressivamente alzata. Nel Nord Italia, ad esempio, il 5% della popolazione assume antiaggreganti, e il 30% di questo campione ha più di 65 anni. Dalla ricerca condotta dal gruppo di studio si evince che i soggetti traumatizzati che assumono antiaggreganti hanno più complicanze a breve termine, e un esito più sfavorevole a lungo termine».