Vai al contenuto

Diabete: 150 euro pro-capite il costo sostenuto da ciascun cittadino europeo per la cura della malattia

Allarme per la pandemia diabete e il suo impatto su un’economia europea messa già a dura prova:  89 miliardi di euro, secondo l’International Diabetes Federation, il costo del diabete in Europa nel 2011 – A Copenhagen si conclude lo European Diabetes Leadership Forum promosso, sotto il Patronato della Presidenza Danese del Consiglio dell’Unione Europea, dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), in collaborazione con l’Associazione Danese per il Diabete e con il contributo non condizionato di Novo Nordisk. Non sarà certo il diabete a causare il default dell’economia europea o a far ballare lo spread dei titoli di stato, ma certamente può metterci del suo. Secondo le stime dell’International Diabetes Federation (IDF), che ha quantificato i costi diretti, cioè per sole cura e assistenza, del diabete e delle malattie correlate nei 27 Paesi dell’Unione Europea, oltre a Svizzera, Norvegia, Turchia, ex-Jugoslavia, Albania e Islanda, nel 2011 sono stati spesi 89 miliardi di euro. Cioè 150 euro per ciascuno dei 600 milioni di cittadini da 0 a 100 anni residenti in Europa. Giusto per dare un’idea, ci troviamo di fronte a quanto peserà sulle tasche degli Italiani la manovra “Salva Italia”, nel triennio 2012-2014. Questo è forse il dato più allarmante reso noto nella due giorni di Copenhagen che si conclude oggi, lo European Diabetes Leadership Forum, incontro organizzato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) e dall’Associazione Danese per il Diabete, con il Patronato della Presidenza Danese del Consiglio dell’Unione Europea  e il contributo non condizionato di Novo Nordisk. Sempre secondo IDF, nel 2011 si contavano 35 milioni (su 600) di persone con diabete di tipo 1 e 2 in Europa, pari al 5,8% della popolazione; peraltro con grandi disomogeneità nella prevalenza, ossia nella percentuale di persone colpite dalla malattia, nei singoli Paesi: dal 2,8% dell’Albania al 9,8% del Portogallo. Ricordiamo che in Italia la prevalenza, secondo ISTAT, è del 4,9%.Come d’altronde facilmente ipotizzabile,  molto variabili sono anche i costi della malattia da Paese a Paese: in Macedonia lo stato ha speso lo scorso anno 312 euro per ogni persona con diabete, in Norvegia ben 6.896 euro.“Il diabete, in particolare il tipo 2, è una malattia in crescita accelerata, che comporta costi importanti per ogni sistema sanitario; costi che sono molto diversi in ogni realtà,  dipendendo dall’organizzazione, dalle cure, dalle tecnologie impiegate”, ha detto  Renato Lauro, Presidente dell’Italian Barometer Diabetes Observatory e Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata. “A fianco di questi costi – ha ricordato Walter Ricciardi, Presidente della European Public Health Association (EUPHA) – non dobbiamo dimenticare quelli cosiddetti indiretti, come ad esempio la riduzione della produttività, e non quantificati nelle stime dell’IDF, che incidono non poco sulla valutazione economica complessiva della malattia diabetica.”“Infine – ha aggiunto Antonio Nicolucci, Responsabile del dipartimento di farmacologia clinica ed epidemiologia del Consorzio Mario Negri Sud e Capo analista dell’Italian Barometer Diabetes Observatory – si consideri che le malattie croniche come il diabete possono avere un impatto significativo sul bilancio di ogni famiglia, con un risultato ulteriormente negativo sul prodotto interno lordo di un Paese”.Magra consolazione, in questo scenario, il fatto che le persone con diabete in Europa cresceranno solo del 23%, a 43 milioni, da qui ai prossimi 20 anni; mentre il boom peggiore si avrà nelle regioni Medoriente-Africa e Sudest asiatico.Lo European Diabetes Leadership Forum di Copenhagen si pone un obiettivo ambizioso: identificare una serie di misure che possano rivelarsi utili ad affrontare questa situazione, favorendo la modifica dell’atteggiamento con cui in molti Paesi si guarda ancora al diabete e alle malattie croniche più in generale. “La maggior parte dei sistemi sanitari sono oggi impostati con l’obiettivo di curare i sintomi delle malattie acute. Sono ancora poco efficienti quando si tratta di prevenire le malattie, di diagnosticarle precocemente, di gestire le condizioni croniche”, ha detto il  Sen. Ignazio Marino, Presidente del Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio Sanitario Nazionale. “Prevenzione, soprattutto nel caso di una condizione come il diabete di tipo 2 facilmente prevenibile agendo sui fattori di rischio modificabili come alimentazione e attività fisica; diagnosi precoce, che diminuisce il rischio di complicanze, e maggiore controllo, sono le parole chiave di una strategia integrata, centrata sulla persona, che dovrebbe affermarsi sempre più”, ha spiegato.Molti passi in avanti si sono già compiuti sul piano dell’assistenza e della cura delle persone con diabete in Italia. Le società scientifiche, le organizzazioni delle professioni sanitarie e del volontariato, con il concorso dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute, hanno messo a punto gli Standard Italiani per la cura del diabete mellito, che forniscono linee-guida e raccomandazioni per la diagnosi e il trattamento del diabete e delle sue complicanze. “Inoltre, l’Italia dispone di una rete di 650 Centri specialistici per il diabete: i Servizi di diabetologia, presenti diffusamente sul territorio, che sempre più, grazie ad accordi specifici volti alla definizione di percorsi diagnostico-assistenziali condivisi, si sta integrando con la rete dei medici di medicina generale, nell’ambito del nostro Servizio sanitario, per mettere in atto un modello di cura della malattia cronica basato sulla centralità della persona con diabete”, ha spiegato Carlo Giorda, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD).“Il diabete è una pandemia globale che interessa tutti noi”, ha dichiarato il Sen. Antonio Tomassini, Presidente della XII Commissione Igiene e Sanità del Senato e dell’Associazione Parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione. “Il nostro Paese, dal punto di vista delle azioni politiche, può considerarsi all’avanguardia, per quanto attiene il diabete. Si è dotato per primo di una legge, la 115/87, che già un quarto di secolo fa definiva il diabete come una malattia ‘di alto interesse sociale’; ha redatto nel 2009 il Manifesto per i diritti delle persona con diabete; ha una Commissione nazionale per i diritti delle persone con diabete, per citare solo alcune delle iniziative che stanno facendo scuola nel mondo.”“Inoltre – ha ricordato Fabrizio Oleari, Capo Dipartimento della sanità pubblica e dell’innovazione, Ministero della Salute – l’Italia si è dotata dal 2004 di un Piano nazionale di prevenzione, che prevede anche una parte dedicata alla malattia diabetica e in particolare alla prevenzione delle sue complicanze, e ha predisposto presso il Ministero un comitato permanente con l’obiettivo di preparare un Piano nazionale diabete e, infine, nel Piano sanitario nazionale 2011-2013, ha posto la malattia tra le sue priorità.”“Certo, è sempre possibile fare di più. La discussione a Copenhagen è stato molto proficua; attendiamo il documento conclusivo, che valuteremo in ogni suo dettaglio”, ha concluso Tomassini.