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Farmaci oncologici innovativi, un “bene durevole” per tutti

Strumento chiave per aumentare tempo e qualità del vivere dei pazienti

pobrane (1)L’avvento di terapie oncologiche sempre più potenti e mirate sta aumentando la sopravvivenza dei pazienti e l’aspettativa di vita della popolazione generale. La sostenibilità economica delle terapie oncologiche innovative al centro di un incontro a Roma tra i maggiori esperti europei: risk sharing, valutazione dei risultati nel lungo periodo e incremento di benessere del paziente i criteri che possono accelerare l’innovazione e assicurare l’accesso dei pazienti alle terapie di eccellenza. L’impatto clinico di un farmaco oncologico selettivo può durare per generazioni. In Italia, secondo i dati Osmed 2013, tra i primi dieci principi attivi a maggior spesa farmaceutica ospedaliera, ben sei sono farmaci oncologici. Numerosi studi dimostrano che la crescente disponibilità di nuovi farmaci contro il tumore, sempre più potenti e selettivi, sta contribuendo all’incremento del tasso di sopravvivenza dei pazienti oncologici e all’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione generale.

Grazie ai progressi fatti nel campo delle terapie, oltre che della prevenzione e della diagnosi precoce, sempre più pazienti possono guarire o essere curati per molti anni, rendendo il cancro, di fatto, una malattia cronica. In tutti i Paesi a economia e welfare avanzati, i farmaci oncologici si trovano dunque al crocevia della crescita della salute e dell’evoluzione dei sistemi sanitari e l’innovazione farmaceutica pone nuove sfide per l’attuale e futura sostenibilità della spesa pubblica.Su questi temi si confrontano oggi a Roma, alla Biblioteca del Senato, esperti europei provenienti da Francia, Spagna, Germania e Regno Unito, insieme a farmacologi, farmaco-economisti e clinici nel Convegno: Modelli di valutazione farmaco-economica e sostenibilità in ambito oncologico all’interno dell’Unione Europea.

L’incontro è promosso da HPS Health Publishing and Services e Fondazione Charta, con il patrocinio del Senato della Repubblica e il contributo incondizionato di Astellas, azienda farmaceutica giapponese tra le 20 più importanti al mondo, con una pipeline specificamente dedicata alla ricerca di nuovi meccanismi d’azione nel trattamento delle neoplasie.

«Obiettivo di questo incontro è promuovere il confronto con decisori, esperti e specialisti in Oncologia nel contesto dei singoli Paesi europei, per favorire l’accesso sicuro ai trattamenti oncologici innovativi», afferma Christopher Thompson, Direttore della Business Unit Oncology di Astellas Europe. «Ogni Paese ha la sua metodologia di valutazione, ma occorre costruire una visione il più possibile globale del contesto europeo, per mettere a frutto le esperienze e i modelli in grado di accelerare l’introduzione delle terapie innovative e d’eccellenza».

Il dato di partenza è che l’accesso ai farmaci innovativi è uno degli strumenti chiave per aumentare tempo e qualità del vivere dei pazienti oncologici: come rileva, infatti, l’ultimo Rapporto CeRM sui farmaci anticancro in Italia, la semplice riduzione di un anno dell’età media di presenza sul mercato dei farmaci, attraverso un tempestivo accesso alle nuove terapie, comporta un aumento statisticamente significativo dell’1,50% della probabilità di sopravvivenza a 5 anni per i tumori maschili. Secondo l’ISTAT, tra il 1992 e il 2011 la riduzione della mortalità per tumori ha contribuito all’allungamento dell’aspettativa di vita nella misura di 1,2 anni per la popolazione maschile e 0,6 per quella femminile.

Ma come riuscire a conciliare accesso alle terapie innovative e sostenibilità economica? Il primo passo è guardare ai vantaggi dimostrati dell’innovazione terapeutica. «Quando un farmaco funziona, va finanziato: ovviamente non basta che sia nuovo, deve essere dimostrato su basi scientifiche che contribuisce alla salute delle persone», afferma Lorenzo Mantovani, Docente di Farmaco-Economia presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Inoltre la ricerca farmaceutica deve essere considerata il vero volano della sostenibilità: «Ogni euro investito in ricerca rende ben più di un euro in termini di PIL – osserva Mantovani – Tra l’altro, il settore della produzione di tecnologie della salute costituisce un fattore di stabilizzazione, in quanto è anti-ciclico: gli investimenti in salute sono gli ultimi che si abbandonano, subito prima di quelli in cibo, perciò risentono meno delle fasi sfavorevoli dei cicli economici».

Occorre dunque rivalutare la spesa produttiva e premiare l’innovazione reale, quella che fa la differenza nella salute delle persone: uno strumento efficace per premiare l’innovazione è il modello di determinazione dei prezzi che si fonda sul valore percepito (value-based pricing) e stimato nell’uso dei farmaci, più che sul mero costo del prodotto.

Un valore da proiettare nel tempo perché il ciclo di vita dei farmaci oncologici innovativi ha un’estensione di gran lunga superiore rispetto al ciclo medio di mercato e il vero valore del farmaco emerge dal suo utilizzo nel lungo periodo, e non solo dai risultati dei trials clinici valutati al momento dell’immissione in commercio. Come sottolinea Christopher Thompson, «è necessario guardare al costo totale del trattamento di una malattia e non solo a quello legato all’acquisizione del farmaco, per poi compararlo all’incremento di benessere del paziente e, con lui, del suo contesto sociale. Il punto non è solo l’equazione costi-efficacia, ma anche il valore nel tempo: bisogna infatti considerare i benefici di un farmaco in tutto il suo arco di vita, poiché il suo impatto clinico può durare per generazioni».

Altro strumento in grado di accelerare l’innovazione è la ripartizione del rischio – risk sharing – tra i sistemi sanitari e le imprese farmaceutiche rispetto a un’eventuale non sufficiente efficacia delle terapie innovative.

Secondo questo meccanismo, il pagamento per la fornitura dei farmaci è condizionato ai risultati sottoscritti tra Servizio sanitario e aziende fornitrici: il finanziamento dei farmaci innovativi scatta solo quando il margine d’innovatività e costo-efficacia delle nuove molecole dovesse risultare superiore a quella dei farmaci cosiddetti “maturi”. L’Italia è stata a livello europeo all’avanguardia nell’introduzione di questi meccanismi di controllo della spesa.

Quali sono i risultati? La letteratura di Farmacoeconomia, ma anche le esperienze di Paesi che già si sono mossi lungo questa strada, mostrano che queste clausole contrattuali possono svolgere un ruolo di vera e propria garanzia sulla qualità del farmaco, con il vantaggio d’incentivare la concorrenza dinamica tra aziende produttrici e ridurre sensibilmente le proiezioni di spesa, perché l’allocazione delle risorse si concentra solo su farmaci a valore terapeutico elevato.