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Epatite: in Italia una ventina di casi probabili in bimbi, per esperti no allarme

Milano, 9 mag. (Adnkronos Salute) – Una ventina di casi probabili su almeno una cinquantina di segnalazioni. Sono i numeri che ha sul tavolo l’Italia per quanto riguarda le epatiti acute di origine sconosciuta rilevate in bambini precedentemente sani, su cui era scattata un’allerta nelle scorse settimane dopo che il Regno Unito aveva riscontrato una concentrazione anomala di casi. Nel nostro Paese, invece, a quanto apprende l’Adnkronos Salute, le autorità sanitarie al momento non rilevano segnali di allarme. E lo stesso sta succedendo in generale anche in Europa: nella Penisola come in altri Paesi del Vecchio continente non sembra esserci un aumento significativo di queste forme, e i numeri delle segnalazioni dalle strutture tricolore non sono in crescita eclatante. Segnalazioni che si continuano a raccogliere e in merito alle quali, sempre a quanto si apprende, uscirà a breve una nuova circolare.

“L’aumento vero lo hanno avuto, da quanto emerso finora, nel Regno Unito, perché lì c’è stato un rialzo anche nei trapianti dei bambini, saliti da una media di 2-3 l’anno a 8 quest’anno – fa notare un esperto – negli altri Paesi europei non sembra che ci sia un andamento corrispondente”. Resta ancora da capire che cosa possa aver mosso questi numeri in particolare in Uk, cosa c’è all’origine dell’allarme. Si indaga non solo Oltremanica e in Europa, ma anche negli Usa, dove i Cdc (Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie) hanno messo sotto la lente 109 casi – inclusi 5 decessi – riportati negli ultimi 7 mesi in 25 Stati, secondo l’ultimo aggiornamento dopo l’alert lanciato a livello nazionale. In più della metà dei casi – è stato spiegato in un briefing – è stata verificata una positività all’adenovirus, ritenuto l’indiziato numero uno in Uk, mentre il 14% dei pazienti censiti sono stati sottoposti a trapianto.

Anche l’agenzia degli States però non rileva al momento un aumento significativo delle epatiti gravi nei bambini o nei trapianti rispetto a prima della pandemia. “Sicuramente in Inghilterra può esserci qualcosa da indagare”, rilevano gli esperti che si stanno occupando della questone in Italia. E’ difficile capire se si tratti di una patologia infettiva o all’origine vi siano altre cause. Ma sembra che nelle ultime settimane non ci sia stato un aumento ulteriore di casi.