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Dolore cronico: negli ospedali italiani soffre ancora 1 paziente su 2

Secondo 1 specialista su 3, il ricettario speciale per prescrivere gli oppioidi è tuttora in vigore e solo 1 medico su 5 sa che questi farmaci si possono impiegare anche per la cura del dolore severo non oncologico. Il risultato? Il 51% dei pazienti ricoverati ha dolore cronico e, nel 42% dei casi, le terapie assunte si rivelano inefficaci. È il quadro evidenziato dall’indagine condotta dall’Associazione pazienti “vivere senza dolore”, durante la campagna HUB2HUB. Al via, per la fine del 2012, il nuovo progetto Link Up.Migliora, tra i cittadini, la conoscenza dei centri di terapia antalgica e assume più importanza il ruolo del terapista del dolore ma ancora in troppi ignorano la Legge 38, anche tra gli stessi medici, che mancano di un’adeguata formazione. La conseguenza è che, nonostante cresca l’impiego di farmaci oppioidi, resta elevata la percentuale di pazienti che continuano a soffrire.È uno scenario contraddistinto da luci e ombre quello che emerge dalla ricerca condotta dall’Associazione pazienti “vivere senza dolore” nel corso della campagna itinerante HUB2HUB, svoltasi tra Marzo e Maggio 2012 con il patrocinio del Ministero della Salute e il grant incondizionato di Mundipharma e Teva. L’indagine ha coinvolto 15 strutture ospedaliere sede di un centro qualificato di terapia del dolore, passando da Cagliari, Garbagnate Milanese (MI), Orbassano (TO), Novara, Firenze, Pisa, Roma, Chieti, Bari, Taormina (ME), Baggiovara (MO), Parma, Genova, Mestre (VE) e Palmanova (UD).In totale, 4.322 soggetti tra cittadini (41,4%), degenti (35,5%) e clinici (23,1%, afferenti a 20 diverse specializzazioni) hanno risposto a 3 questionari distinti, volti a verificare il grado di informazione sulla Legge 38, la sua reale applicazione e il livello di cure erogate.Secondo i risultati della survey, il 61,7% dei cittadini soffre di dolore cronico; la situazione non migliora neppure tra i pazienti ricoverati, che ne sono afflitti per un 51% e, nel 77% dei casi, ignorano la Legge volta a tutelare il diritto degli italiani a ricevere cure antalgiche più eque e appropriate. Tra i degenti che soffrono, per l’88,8% questa condizione influisce negativamente sulla vita quotidiana e il 48% sperimenta, in aggiunta, episodi di acutizzazione del dolore nell’arco della giornata (breakthrough pain – BTP); se, tuttavia, poco meno di 8 pazienti su 10 seguono una terapia analgesica, il 70,4% di chi è colpito da BTP non riceve alcun trattamento specifico.“Con questo nuovo progetto, abbiamo compiuto un ulteriore passo per una miglior applicazione della Legge 38”, afferma Marta Gentili, Presidente di ‘vivere senza dolore’. “Grazie alla disponibilità dei medici dei centri ospedalieri coinvolti, si sono messe in luce le necessità formative – in ambito medico e normativo – che i clinici hanno e, quindi, abbiamo capito che cosa serva loro per essere più ottemperanti con le disposizioni di legge. Sono stati anche evidenziati i bisogni dei pazienti con dolore ed è apparsa chiara l’esigenza di proseguire il processo di informazione. Se, da un lato, i risultati fanno emergere una situazione ancora lontana dai livelli auspicati, dall’altro si sono registrati importanti progressi. Rispetto a quanto emerso con la campagna CUPIDO nel 2011, la conoscenza che i cittadini oggi hanno dei centri di terapia antalgica è salita dal 27,9% al 44% e si evidenzia un maggior coinvolgimento del terapista del dolore nella gestione della sintomatologia algica (dal 5,8% al 27%)”. Un ulteriore aspetto positivo riguarda i farmaci somministrati: rispetto al 2011, aumenta il ricorso agli oppioidi forti (ossicodone in primis), prescritti al 27,5% dei degenti con dolore non oncologico e al 59,3% dei pazienti con tumore. Ciononostante, i FANS restano i medicinali più impiegati per lenire la sofferenza di origine non neoplastica (36,3%). Contrariamente a quanto sancito dall’articolo 7 della Legge 38, inoltre, i dati rivelano la mancanza di un monitoraggio costante dell’efficacia analgesica e dell’adeguatezza posologica. Il risultato è che il 42% dei degenti si dichiara insoddisfatto delle terapie ricevute. All’origine di tutto, molto spesso vi è la scarsa conoscenza che i medici hanno delle recenti disposizioni normative.La ricerca promossa da “vivere senza dolore” evidenzia chiaramente che una Legge, per quanto rivoluzionaria, da sola non basta a creare una cultura del diritto a non soffrire. “La rivoluzione culturale, clinica e normativa che, negli ultimi anni, si è avuta nella Medicina del Dolore rende indispensabile una formazione specifica per gli operatori sanitari e un’adeguata sensibilizzazione dei cittadini”, commenta Guido Fanelli, Presidente Commissione Ministeriale sulla terapia del dolore e le cure palliative. “Sul fronte formativo, un importante risultato che abbiamo raggiunto è l’istituzione dei master per palliativisti e terapisti del dolore, che partiranno da quest’anno accademico, secondo percorsi didattici omogenei identificati da MIUR e Ministero della Salute. La presa in carico del paziente che soffre deve, però, avvenire sempre più in un’ottica di integrazione delle competenze: solo così i degenti ricoverati nei diversi reparti di un ospedale sede di un Hub potranno beneficiare della presenza di validi algologi che professano in quel centro”.In realtà, vi sono alcuni reparti ospedalieri dove si tende ancora a sottovalutare il problema dolore. Come ha evidenziato l’indagine, ortopedici, reumatologi e geriatri sembrerebbero le figure meno preparate sul tema. E mentre l’87% dei 1.000 specialisti intervistati si è dichiarato disponibile a seguire corsi di aggiornamento, gli ortopedici sembrano proprio i meno interessati.“L’indagine, sicuramente ben preparata e condotta, ha posto in evidenza come all’approvazione di una Legge debba seguire una serie di iniziative di tipo divulgativo ed educativo”, sottolinea Giovanni Zatti, Professore ordinario, Direttore Clinica Ortopedica, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza. “Queste devono essere rivolte sia agli addetti ai lavori sia ai pazienti in modo, da un lato, di implementare la normativa ma anche, dall’altro, di rendere edotti gli interessati delle possibilità e, quindi, delle aspettative concesse dalla Legge”.“Spesso il paziente con tumore è più attento al sintomo ‘dolore’  e segue con più convinzione, seppur talvolta con qualche reticenza, le cure per lenirlo”, aggiunge Cristina Mantica, Dirigente Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano. “In presenza di un sintomatologia algica cronica di natura non oncologica, invece, prevale la tendenza a rassegnarsi e sopportare. L’obiettivo cui dobbiamo puntare è far sì che tutti i cittadini percepiscano la lotta alla sofferenza come un loro diritto inalienabile e i clinici si impegnino ad acquisire le competenze necessarie per poterla gestire in modo appropriato, fornendo al paziente tutti gli strumenti, farmacologici e non, per poter vivere senza dolore”.Proprio a questo proposito, l’Associazione pazienti sta già pensando a nuove iniziative.“Abbiamo già pianificato un terzo progetto, denominato Link Up, che si concretizzerà tra fine anno e i primi mesi del 2013 – conclude Marta Gentili per chiudere la fase d’indagine tra medici e pazienti iniziata nel 2011 con CUPIDO e proseguita nel 2012 con HUB2HUB. Contemporaneamente, ci stiamo impegnando per promuovere corsi formativi rivolti ai clinici e attività d’informazione per la cittadinanza, con quello spirito di collaborazione che ha finora contraddistinto le nostre azioni”.