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Diagnosi precoce della malattia di Alzheimer grazie alla PET

Uno studio pubblicato sul Journal of Alzheimer dai ricercatori del San Raffaele e coordinato dalla professoressa Daniela Perani – docente presso l’ Università Vita-Salute San Raffaele – ha dimostrato la sensibilità di una nuova misura molecolare, una sorta di “neurotermometro”, in grado di valutare anche in fase preclinica, quando i sintomi di decadimento clinico sono lievi, la presenza della malattia di Alzheimer.

Il lavoro appena pubblicato rientra nell’ambito di uno studio multicentrico europeo e dimostra come l’alterazione dell’attività colinergica (ovvero del sistema molecolare composto dalle sinapsi e dai neurotrasmettitori in grado di modulare l’invio degli impulsi elettrici tra neuroni), avvenga non solo nella forma conclamata di malattia di Alzheimer, ma anche nelle fasi, precoci, quando il deficit cognitivo è minimo. Queste valutazioni funzionali sono state possibili grazie all’utilizzo della PET e di un particolare tracciante, 11C MP4, in grado di misurare l’attività della colinesterasi, un enzima fondamentale nell’attività colinergica. In questa ricerca 11C MP4 si è rivelato un “neurotermometro” molto sensibile e specifico delle fasi precliniche di demenza.

L’alterato funzionamento della trasmissione degli impulsi su base biochimica precede quindi l’insorgenza della malattia di Alzheimer, e spiega in parte anche i deficit di memoria nei soggetti esaminati. Lo studio longitudinale clinico ha rivelato che in un intervallo di 12-18 mesi, il 95% dei casi, con questo biomarker positivo, è evoluto a demenza di Alzheimer.
E’ evidente dallo studio che, in soggetti con un disturbo cognitivo lieve, la riduzione dell’attività del sistema colinergico è già presente e significativa quanto nelle fasi di demenza conclamata.

L’utilizzo del biomarker (tracciante, 11C MP4 ) e della PET sono indicatori molto sensibili di progressione di malattia e le misure in vivo di altri biomarkers molecolari potrebbero rivestire un interesse fondamentale anche nella scelta e nel monitoraggio terapeutico dei pazienti con decadimento cognitivo su base neurodegenerativa.

Questo studio ha dimostrato indirettamente l’utilità di questi marcatori biochimici, facendo notare come una riduzione dell’attività colinergica sia già presente in fase molto precoce e sia collegata ai sintomi presentati, cioè al deficit di memoria.

Afferma Daniela Perani, Università Vita-Salute San Raffaele: “Nel futuro le tecniche PET, uniche nello studio molecolare in vivo nell’uomo, rivestiranno sempre più un ruolo primario per la diagnosi e per la valutazione preclinica di malattia neurodegenerativa, l’unica fase in cui un intervento terapeutico potrebbe rivestire un ruolo di rallentamento o forse di arresto della progressione di malattia”.

La ricerca è stata finanziata da: Network of Excellence “Diagnostic Molecular Imaging for dementia diagnosis” DIMI 6th European Program LSHB-CT-2005-512146.

La PET è una metodica medico-nucleare molto complessa che produce immagini diagnostiche basandosi su un principio peculiare: raccoglie le radiazioni emesse da sostanze debolmente radioattive (traccianti somministrati al paziente per via endovenosa, senza danni collaterali) e le utilizza per generare una serie di immagini tomografiche del corpo umano. Gli isotopi positroni-emittenti sono utilizzati per marcare determinate molecole e produrre così i traccianti necessari allo studio PET.

I traccianti sono quindi molecole o strutture di sintesi che si legano ai recettori specifici, o che mimano i passaggi metabolici, o che misurano l’attività degli enzimi, o il carico di amiloide nel cervello.
I marcatori biologici sono parametri misurabili in vivo per una diagnosi precoce e differenziale delle demenze neurodegenerative. Sono marcatori in vivo (in questo caso traccianti PET) di parametri molecolari o funzionali del cervello (ad es. misura del metabolismo glucidico con FDG e PET, misura dei recettori dopaminergici con 11C raclopride e PET, misura della attività colinergica con 11C MP4, misura del carico di amiloide con 11C PIB e PET).

La malattia di Alzheimer colpisce in Italia 850.000 persone e corrisponde al circa il 50% di tutte le demenze. I sintomi iniziali sono rappresentati da disturbi delle funzioni cognitive, in particolare della memoria. Queste alterazioni sono conseguenza di modifiche molecolari della proteina amiloide e della conseguente disfunzione e morte dei neuroni, tra cui quelli del sistema colinergico.
Ad oggi la terapia più utilizzata si basa su farmaci che stimolano il sistema colinergico o ad attività colinergica.