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Depressione in gravidanza e post-partum: come evitarla?

Il periodo della gravidanza e il post-partum (la cosiddetta fase perinatale, ossia tutto il periodo “intorno” alla nascita) sono momenti in cui una donna è molto vulnerabile e può essere soggetta a problemi di depressione. Nonostante i disturbi dell’umore nel puerperio siano molto più frequenti della gestosi, del diabete gestazionale, del parto prematuro, ancora troppo spesso vengono sottovalutati dalla medicina e non sono presi nella giusta considerazione dai media e dall’opinione pubblica. A Pisa, nel 2004, all’interno dell’Aoup è nato il gruppo di studio “Perinatal Depression Research and Screening Unit” (PND-ReScU), proprio per  valutare in modo sistematico i fattori di rischio della depressione post-partum in un campione non selezionato di donne della popolazione generale. I risultati verranno esposti nel corso del convegno, promosso dalla Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, dal titolo: “Disturbi dell’umore e d’ansia nel periodo perinatale”, in programma lunedì 23 aprile nell’Aula magna della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa (inizio, ore 8.30), cui partecipano numerosi esperti italiani.

L’incontro metterà a fuoco tutte le problematiche della depressione collegata alla maternità, dalla neurobiologia alla clinica alla gestione della depressione perinatale, con la discussione interattiva dei casi clinici. Il tema della psicopatologia materna in epoca perinatale è infatti poco conosciuto e poco studiato, nonostante le sue conseguenze possano nuocere sia alla futura mamma che al nascituro. Uno dei limiti degli studi compiuti sino ad ora sull’argomento è la brevità del periodo di screening, mai superiore alle 12 settimane, quando invece vi sono dati della letteratura, confermati dall’esperienza clinica, che sostengono che il rischio di sviluppare una sintomatologia depressiva in epoca perinatale possa arrivare fino al primo anno post-partum.

Gli studi effettuati dal PND-ReScU, invece, si sono proposti di osservare le donne in gravidanza sino al primo anno di vita del bambino, organizzando intorno ad esse un team multidisciplinare di professionisti specializzati, in grado di valutare e di prendere in carico i diversi ambiti esistenziali che possono essere messi in crisi da uno stato psicopatologico in questa particolare epoca della vita.

In particolare sono stati effettuati due studi. Il primo di essi (PND-ReScU-I) è stato condotto su un gruppo non selezionato di 1.066 donne, reclutate in occasione del loro primo controllo ecografico (12°-15° settimana di gestazione) nella Clinica di Ostetricia e Ginecologia dell’Aoup. Ebbene, si è riscontrata una riduzione statisticamente significativa dei tassi di prevalenza e di incidenza di depressione perinatale nelle donne seguite durante lo studio, rispetto ai dati riportati dalla letteratura. Ciò suggerisce l’importanza di uno screening precoce di malattia, essendo tale riduzione probabilmente da attribuirsi al beneficio dell’assistenza, ma anche e soprattutto, si pensa, al carattere particolarmente accudente della ricerca: la cadenza fissa dei controlli, così come la percezione di una presenza ideale protettiva, ed eventualmente curativa, hanno probabilmente contribuito ad edificare un luogo mentale e interno capace di orientare le angosce relative al profondo cambiamento psicofisico ingenerato dallo stato di maternità. I dati preliminari del secondo studio (PND-ReScU-II), tuttora in corso, sembrano confermare quanto era stato anticipato dai primi risultati: un gruppo di donne seguite a partire dal primo mese di gravidanza, messe a confronto con un altro gruppo, arruolato al primo mese post-partum, (i due gruppi sono seguiti entrambi fino ad un anno di vita del bambino), risultano meno ansiose e meno depresse, hanno un maggiore supporto da parte della famiglia e presentano minori difficoltà con il compagno e nell’accudimento del neonato.

Le donne che sono state seguite in gravidanza, inoltre, si sono dimostrate meno vulnerabili ad eventuali eventi di vita stressanti o alla mancanza di sostegno da parte della famiglia. Inoltre, le donne seguite anche in gravidanza, messe a confronto con quelle seguite solo nel post-partum, presentano un rischio quasi dimezzato di sviluppare il maternity-blues, le così dette “le lacrime del latte”. Il PND-ReScU II è, inoltre, il primo studio in cui si è deciso di valutare, sia in gravidanza sia nel postpartum, l’attaccamento madre-bambino, il legame emozionale che i genitori sviluppano nei confronti del loro figlio. E’ ampiamente dimostrato che la qualità di questa relazione ha un importante ruolo nello sviluppo psichico e somatico del bambino, e i dati preliminari confermano come la base di un inadeguato attaccamento tra madre e bambino nella depressione postpartum abbia radici già in gravidanza: le donne seguite a partire dal primo mese di gravidanza presentano, infatti, una migliore qualità di attaccamento con il loro neonato rispetto alle donne seguite solo nel post-partum. Questi risultati suggeriscono, quindi, l’esistenza di una correlazione tra depressione e attaccamento madre-bambino e, allo stesso tempo, sottolineano l’importanza di uno screening precoce per il riconoscimento dei sintomi della depressione, da attuare già in gravidanza. Riconoscere precocemente tramite lo screening quali donne necessitano di supporto terapeutico durante la gravidanza ha un impatto positivo sul disagio della madre e, di conseguenza, anche sulla relazione che la madre instaurerà con il bambino. Si può dunque pensare di ambire, con i presupposti di tale ricerca, a investire la psichiatria attuale di un ruolo sempre più definito nel campo della prevenzione, primaria e secondaria, di una fenomenica psicopatologica potenzialmente destinata a investire l’ambito sociale sotto molteplici aspetti. Il ruolo dello screening avrebbe dunque: una valenza etica, per la necessità di tutelare i nuovi nati da una condizione, la depressione materna, potenzialmente nociva per il loro sviluppo psicofisico; una valenza familiare, per i negativi effetti della patologia sull’unità del nucleo familiare; infine, una valenza economica, per l’ingente spesa sanitaria e sociale sostenuta per tale patologia.