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Dall’Università di Torino lo studio sui genomi dei funghi

2362_fotogrande1_ricercatriceUn team di ricercatrici dell’Università di Torino ha realizzato un importante studio sui genomi dei funghi  che è stato recentemente pubblicato dalla prestigiosa rivistaNature Genetics.

 Il progetto nasce da una proposta del Mycorrhizal Genome Initiative, un consorzio di ricerca europeo coordinato dal prof. Francis Martin, direttore del laboratorio di eccellenza ARBRE dell’Institut National de la Recherche Agronomique (INRA) di Nancy, e finanziato dal Joint Genome Institute, piattaforma di sequenziamento del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, che ha un forte interesse nel campo delle fonti di energia rinnovabili, come le biomasse di origine vegetale.

 Lo studio della prof.ssa Silvia Perotto, della prof.ssa Mariangela Girlanda e della dott.ssa Elena Martino, del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemidell’Università di Torino, si concentra sulle micorrize delle Orchidee e delle Ericacee, e dimostra come funghi che formano simbiosi micorriziche diverse dalle ectomicorrize abbiano mantenuto molti degli enzimi degradatori.

 I funghi sono tra gli organismi eucarioti caratterizzati da una maggiore biodiversità, con circa 5 milioni di specie stimate su base molecolare, e sono attualmente oggetto di un ambizioso progetto di sequenziamento intitolato 1000 Fungal Genomes, che vuole capire come questa diversità si rispecchia nella modulazione dell’informazione genetica. Inconcepibile fino a qualche anno fa, la possibilità di sequenziare e confrontare le informazioni contenute nel genoma di molti organismi diversi tra loro ha aperto infatti nuovi orizzonti nello studio non solo delle basi genetiche dei processi cellulari, ma anche dei meccanismi chiave dell’evoluzione degli organismi all’interno dei loro ecosistemi.

 Sebbene quasi invisibili all’occhio umano, i funghi del suolo sono i principali degradatori della materia organica nel suolo, decomponendo la lettiera ed altri detriti vegetali, costituiti da polimeri diversi tra cui cellulosa e lignina. Questa attività di decomposizione è essenziale per assicurare il mantenimento della fertilità del suolo, e, partecipando al ciclo globale del carbonio, regola anche l’emissione di anidride carbonica nell’atmosfera.  Durante l’evoluzione, molte specie fungine hanno cambiato strategia trofica associandosi in simbiosi con le radici delle piante, da cui ricevono quantità significative del carbonio organico derivato dalla fotosintesi, e in cambio assicurano all’ospite vegetale un apporto costante di nutrienti e una difesa dagli stress ambientali. Questa simbiosi, detta “micorriza”, è una forma di cooperazione stabilizzata da un meccanismo analogo a quello dell’economia di mercato, dove entrambi i partners vengono remunerati in funzione della qualità dei servizi che sono in grado di fornire. Tale similitudine ha portato alla metafora del “mercato biologico” per descrivere questo tipo di mutualismo.

 L’articolo pubblicato su Nature Genetics col titolo “Convergent losses of decay mechanisms and rapid turnover of symbiosis genes in mycorrhizal mutualist” ha preso in considerazione quasi 50 genomi di funghi filamentosi isolati in particolare da ambienti forestali, di cui 18 sequenziati ex novo, per comprendere l’evoluzione delle loro strategie di interazione con il substrato.

 Il risultato più interessante del progetto è il fatto che tutte le micorrize che coinvolgono le piante forestali (ectomicorrize), sebbene si siano originate indipendentemente numerose volte nell’evoluzione, mostrano nel genoma fungino una forte riduzione, se non scomparsa, dei geni che servono ad attaccare cellulosa e lignina, componenti della parete cellulare vegetale fondamentali nel mantenere l’integrità della pianta ospite. Nell’evoluzione dei funghi simbionti ectomicorrizici, un passaggio importante è stato quindi quello di “deporre le armi”, in modo da non innescare, a seguito di un approccio troppo “aggressivo”, le reazioni di difesa della pianta ospite. Tuttavia, ciascun fungo ectomicorrizico presenta un corredo specifico di molecole di riconoscimento, coinvolte nel dialogo molecolare con il partner vegetale.

 Un risultato altrettanto interessante e inatteso è il fatto che funghi che formano simbiosi micorriziche diverse dalle ectomicorrize, come le micorrize delle Orchidee e delle Ericacee, studiate dalle ricercatrici dell’Università di Torino che hanno contribuito al progetto, hanno mantenuto molti degli enzimi degradatori e li esprimono durante la simbiosi. Questo lavoro apre dunque la via alla scoperta di quei meccanismi evolutivi specifici che sono alla base delle diverse tipologie di simbiosi che i funghi instaurano con le loro piante ospiti.  La scoperta di un numero importante (7-38%) di geni a funzione ignota (“orphan genes”) riflette inoltre, con ogni probabilità, l’estrema diversità funzionale di questi funghi, a tutt’oggi largamente inesplorata.