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Cure palliative “oltre” i luoghi comuni; a Torino la collaborazione tra Gradenigo e FARO onlus compie 10 anni

Oltre 3.000, ogni anno, i pazienti bisognosi di cure palliative a Torino. Nel 2012, 158 quelli presi in carico dall’Ospedale Gradenigo che, grazie alla collaborazione tra la divisione di Oncologia Medica e la Fondazione FARO onlus, da 10 anni accompagna i pazienti oncologici nel passaggio dalle cure attive a quelle palliative in hospice o a domicilio. Realizzato di recente anche il percorso educativo “Oltre”, come momento di formazione per gli operatori del territorio. Ferdinando Garetto, responsabile del progetto: “Bene la Legge 38, buona la rete piemontese, ma cruciale per i medici è andare ‘oltre’ e avere realmente la volontà di farsi carico del paziente. Occorre anche superare miopi semplificazioni; i tagli non sempre aiutano: trattenere il paziente in ospedale costa quattro volte il suo ricovero in Hospice”.Dai 75 del 2005, ai 146 del 2011, per arrivare ai 158 presi in carico tra gennaio e ottobre 2012. Quasi un migliaio, quindi, ipazienti seguiti con dedizione e grande umanità nel corso del primo decennio di collaborazione tra Fondazione FARO Onlus e Oncologia Medica del Presidio Sanitario Gradenigo di Torino. Una preziosa sinergia, nata con l’obiettivo di garantire ai malati oncologici un percorso di cura continuo nel delicato passaggio dai trattamenti “attivi” a quelli “palliativi”. Fulcro del progetto la presenza di figure assistenziali presenti in entrambi i servizi: la presa in carico inizia in ospedale con un’attenzione peculiare ai sintomi e alla progettazione dell’assistenza e prosegue a domicilio (o in hospice) in continuità lineare tra i curanti. Grazie al clima di fiducia reciproca presente fra gli operatori dell’equipe oncologica del Gradenigo, i collaboratori della onlus, i pazienti e le loro famiglie, per più del 75% dei ricoverati è stato possibile avviare un programma di cure palliative a domicilio o in hospice. Inoltre, dal 2007, è attivo anche il “Progetto Protezione Famiglia“, una rete di supporto psiconcologico e psicosociale coordinato dalla FARO e operativo trasversalmente nei principali centri oncologici di Torino e Provincia.

La storica collaborazione tra il nosocomio torinese e la Onlus fa dunque registrare un bilancio significativo, soprattutto se si guarda ai dati epidemiologici, secondo cui il bisogno di cure palliative oncologiche interessa circa 2.500-3.000 pazienti all’anno a Torino e 5-6.000 in Provincia. Pur essendo quella piemontese una delle reti più sviluppate in Italia, i servizi domiciliari e gli hospice attualmente attivi non sono ancora sufficienti per le esigenze di cura del territorio, che potrebbero aumentare ulteriormente considerando anche le patologie cronico-evolutive non oncologiche.

Le cure palliative prevedono non solo il controllo della sofferenza, ma anche la gestione delle problematiche psicologiche, sociali e spirituali del paziente e della sua famiglia. “Proprio per dare attuazione al carattere multidimensionale delle cure palliative, il cardine del modello sviluppato nella convenzione fra ospedale e onlus è stato quello della ‘presa in carico’ del paziente in tutte le fasi della malattia oncologica”, spiega Ferdinando Garetto, Medico cure palliative Fondazione FARO e Presidio Sanitario Gradenigo. “Da alcuni anni si parla, infatti, di ‘simultaneous care’, il lavorare fianco a fianco fra oncologi e palliativisti, per integrare precocemente le cure palliative nel percorso terapeutico del malato oncologico. Ed è ciò a cui abbiamo dato vita, consolidando in questi anni un proficuo clima di lavoro all’interno dell’ospedale. Certamente l’elasticità del rapporto è stata “vincente” per permetterne la realizzazione. A beneficiarne sono in primo luogo i pazienti, per i quali non solo la vicinanza dei cari, i servizi prestati, la competenza e la professionalità esercitano un effetto terapeutico, ma anche la percezione rassicurante della stima reciproca fra ‘curanti’”.

La convenzione fra l’Ospedale Gradenigo e la fondazione FARO vede il coinvolgimento dell’équipe oncologica, diretta dal dr. Comandone, composta da 7 medici (2 dei quali con specifica formazione in cure palliative) e 15 infermieri, di un medico palliativista e due psiconcologhe della FARO. Fortissima è la collaborazione con la Caposala del Servizio Continuità Assistenziale del Presidio. Due segretari del Centro Accoglienza e Servizi (CAS) svolgono una funzione preziosa di raccordo, senza dimenticare la presenza molto importante degli operatori socio-sanitari del Day Hospital, del reparto e degli ambulatori. Una squadra “allargata” quindi, ma “visibile” nelle varie figure che partecipano agli incontri periodici di revisione e condivisione dei vissuti con le psicologhe. 

Nell’ambito di questa collaborazione è stata di recente portata a termine anche un’iniziativa formativa rivolta agli operatori sanitari del territorio. Denominato “Oltre”, il progetto ha visto l’approfondimento di temi quali: il dolore “oltre” la legge 38; l’approccio al dolore “oltre” i farmaci oppioidi; le cure palliative “oltre” il dolore (sintomi respiratori, gastroenterici, neurologici, problematiche ematologiche, la gestione delle urgenze tra oncologia e pronto soccorso); le cure palliative “oltre” l’oncologia (patologie neurologiche, cardiologiche, le specificità in pediatria). “Oltre ci è sembrata la parola-chiave per esprimere la ricchezza di riflessione che nasce dai tanti interrogativi clinici, ma anche etici e spirituali, di chi si trova accanto alle persone nella fase più delicata dell’esistenza – continua Garetto –. Hanno partecipato ad ogni giornata circa 40 operatori, anche esterni al Presidio, e il risultato in termini di gradimento e qualità dell’interazione in aula ci è sembrato veramente considerevole. L’esigenza è di ripetere questa esperienza anche nel triennio 2013-2015, per diffondere sempre di più la ‘cultura’ delle cure palliative”.

La Legge 38 del 2010 ha sancito per tutti i cittadini il diritto a non soffrire e si è proposta di garantire, nel nostro Paese, un equo accesso a un’assistenza qualificata attraverso due reti distinte, una per la terapia del dolore e una per le cure dedicate ai pazienti terminali.

Lavoro in cure palliative dal 1992. All’epoca esistevano solo gli ospedali, i medici di famiglia e organizzazioni come la FARO. Eppure già allora, se si voleva, era possibile seguire i malati ‘fino alla fine’, prescrivere morfina (anche se il ricettario era molto più complicato), lavorare in équipe. Se c’era la volontà. Oggi abbiamo una legge ben scritta, strutture adeguate, il progetto Ospedale-territorio senza dolore, una rete articolata, ma in fin dei conti la questione resta sempre ‘aver voglia’ di farsi carico. Ci sono ancora familiari che faticano ad ottenere la prescrizione dei farmaci oppioidi e le cure palliative non sono considerate come un diritto basilare del cittadino. Paradossalmente, nel momento in cui la legge ha stabilito diritti e doveri, i tagli miopi di una certa sanità considerano un risparmio negare un ricovero in hospice e poco importa se così il malato resta in ospedale dove spesso non è seguito in modo adeguato e ‘costa’ tre-quattro volte tanto. Insomma, c’è ancora molto da fare sul fronte della cultura e della civiltà.  Ma in fondo  è anche questa la bellezza di lavorare in cure palliative: siamo in cammino e cerchiamo di non percorrerlo da soli”, conclude Garetto.