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Covid: studio scagiona scuole, rari contagi e trasmissione studente-insegnante

Roma 26 mar. (Adnkronos Salute) – Le scuole non sono ‘amplificatori’ della pandemia di Covid-19. A scagionarle è uno studio coordinato da Luca Scorrano del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e da Sara Gandini, epidemiologa dell’Istituto europeo di oncologia di Milano, pubblicato su ‘The Lancet Regional Health – Europe’. La ricerca indica come l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre 2020 non possa essere imputata all’apertura delle scuole e come la loro chiusura totale o parziale in due regioni italiane non abbia influito sulla diminuzione dell’indice Rt.

“Il nostro studio mostra come l’incidenza di Covid-19 tra gli studenti sia stata inferiore rispetto alla popolazione generale – spiega Gandini – Le infezioni secondarie a scuola erano minori dell’1% e focolai si sono verificati nel 5-7% delle scuole analizzate. L’incidenza tra gli insegnanti era paragonabile a quella registrata nella popolazione di età paragonabile a quella degli insegnanti. Le infezioni secondarie tra gli insegnanti erano rare e si verificavano più frequentemente quando il caso indice era un insegnante rispetto a uno studente”.

E ancora: “Nel periodo che ha di poco preceduto l’apertura delle scuole in Veneto e in concomitanza con l’apertura stessa – evidenzia Gandini – l’incidenza di Covid-19 è cresciuta massimamente non tra gli studenti, ma negli individui di 20-29 e 45-49 anni. Lo sfasamento tra le diverse date di apertura delle scuole nelle regioni italiane e l’aumento dell’indice Rt regionale non è stato uniforme. Infine, le chiusure di scuole in due regioni dove sono state attuate prima di altre misure non hanno influenzato la diminuzione di Rt che era già in atto”.

Dunque, “nel loro complesso, queste evidenze – sottolinea Scorrano – non supportano un ruolo degli individui in età scolare e delle aperture scolastiche come ‘motore’ della seconda ondata di Covid-19”.

“Il nostro lavoro – aggiunge Gandini – si aggiunge alle molteplici evidenze accumulate nel corso di quest’ultimo anno, che nel loro complesso hanno ‘scagionato’ la scuola in presenza. In salute pubblica dobbiamo sempre bilanciare rischi e benefici. Alla luce della mancanza di solide evidenze che la scuola in presenza contribuisca significativamente alla diffusione della pandemia, ci sembra – conclude l’epidemiologa – che il beneficio non sia chiaro e che il rischio qui sia soprattutto quello delle gravi ripercussioni causate della chiusura delle scuole sulla salute di bambini ed adolescenti”.