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Covid: pediatra Zuccotti, ‘no corsa a obbligo vaccino a scuola, sarebbe sconfitta’

Milano, 20 lug. (Adnkronos Salute) – “In questo momento storico siamo tutti chiamati a un senso di responsabilità superiore, ad andare oltre le logiche personali”. Vaccinarsi contro Covid “serve per la collettività, per tornare alla normalità. Se i bambini sotto i 12 anni non possono farlo perché non c’è un’indicazione e se abbiamo un corpo docente non protetto rischiamo di avere una scuola perennemente chiusa o che funziona a singhiozzo. Quindi gli insegnanti, se non hanno controindicazioni, dovrebbero rendersi disponibili alla vaccinazione come ha fatto gran parte della popolazione mondiale. Più che di obbligo parlerei di questo. Ancora di più per gli studenti. L’obbligo è la sconfitta di un Paese civile. O devi arrivarci solo dopo che hai tentato strade alternative. Ma noi non le abbiamo mai perseguite. Vale la pena provarci”. E’ la riflessione di Gian Vincenzo Zuccotti, preside della Facoltà di Medicina dell’università Statale di Milano e direttore Pediatria e Pronto soccorso pediatrico dell’Asst Fatebenefratelli Sacco, ospedale dei bimbi Vittore Buzzi.

In questi giorni in cui si dibatte di obbligo vaccinale per il mondo della scuola – con realtà politiche come la Lega, che frenano su questa ipotesi – l’esperto si chiede, in particolare riguardo ai giovani: “Cosa abbiamo fatto finora per comunicare a questi ragazzi? Niente. E passare da zero comunicazione a un obbligo, mi fa dire calma. Ritengo più grave – dice all’Adnkronos Salute – che ci siano non so quanti milioni di over 50 e soprattutto over 60 che non si sono vaccinati e che sono i più a rischio, non che ci sia ancora un 60% di 12enni e over 12 che non hanno partecipato alla campagna. Bisogna intervenire lì in maniera più importante e poi cominciare a comunicare bene ai ragazzi l’importanza e il perché si devono vaccinare anche loro”.

Zuccotti riflette: “Se applichiamo la stessa regola dei sanitari agli insegnanti (sospenderli o spostarli ad altra mansione non a contatto col pubblico, ndr) praticamente vuol dire chiudere le scuole lo stesso. Secondo me, bisogna fare un’azione di sensibilizzazione più capillare – dice – Finora non c’è stata una grandissima comunicazione. Superata la fase del terrore, bisogna modificare il modo di comunicare e raggiungere questa popolazione, dedicare loro più tempo per spiegare e tranquillizzarli sulla vaccinazione”. Molti fattori potrebbero aver inciso sulle adesioni, ragiona. Per esempio i cambi di rotta su AstraZeneca si sono verificati mentre era nel vivo la campagna dedicata ai docenti.

“Poi si sono svuotati ospedali e terapie intensive e magari queste persone hanno fatto un passo indietro. Bisogna riavvicinarsi con modalità diverse, accompagnarli alla scelta della vaccinazione. Io sono un fautore delle vaccinazioni, ma ho sempre detto, anche ai tempi in cui è stato introdotto” nel 2017 “l’obbligo delle 10 vaccinazioni” per l’accesso di bimbi e ragazzi ad asili e scuole, “che quando si arriva a obbligare qualcuno vuol dire che si è fallito prima. Bisognava capire già allora che era necessario scegliere percorsi nuovi e diversi rispetto al passato nell’offerta delle vaccinazioni”.

Bisognava, incalza Zuccotti, “portare i centri vaccinali all’interno dei punti nascita per poter iniziare a parlare di vaccinazioni già nei corsi pre-parto e al momento del parto. E alla dimissione si sarebbe potuto mandare a casa il neonato già con l’appuntamento per i vaccini da fare nell’ospedale in cui è nato. Sono sicuro che avremmo risolto il problema delle coperture, perché la gente ha bisogno di essere informata diversamente, di avere più rassicurazioni ed essere accompagnata e invece abbiamo mantenuto le modalità del passato, una lettera che invita a presentarsi al centro vaccinale. Credo sia arrivato il momento di cambiare approccio”.

Poi, continua l’esperto, “ci sarà sempre quello zoccolo duro, rappresentato dal 3-5% che non ne vuol sapere. Ma non è quello che ci preoccupa. Adesso abbiamo un 30% di persone esitanti che se non le approcci in modo diverso continuano a esserlo e non è certo l’obbligo che le convince”. Anche sul vaccino anti-Covid “vale la pena provarci. Bisogna fare proprio un’azione collettiva di educazione e informazione o sarà una continua battaglia e non so con quali risultati. Se tu hai provato tutto e la situazione epidemiologica è quella che è, i risultati non arrivano, hai fatto tutti i percorsi che potevi e non resta altro che ricorrere all’obbligo, lo capisco”.

Ma, conclude, “credo che oggi ci sia ancora un po’ di spazio per fare quel che dobbiamo fare. Si vuole mettere tutto su un piano politico, qui non è questione di destra o sinistra ma di strategie che devono essere ancora di più di tipo organizzativo. Non abbiamo neanche la fotografia esatta di quello che è l’atteggiamento prevalente” fra chi esita. “Molti magari stanno solo rimandando tutto a settembre sull’onda delle incertezze dei primi tempi della campagna. Oppure c’è chi ha bisogno di rassicurazioni e se non trova le risposte le va a cercare sui social. Prima proviamo a comunicare. Gli adolescenti sono una fascia non facile da raggiungere. Non è la prima volta che succede: ci abbiamo impiegato anni per far decollare la vaccinazione anti-Hpv. Ma gli esperti di comunicazione sanno come muoversi e uno sforzo lo dobbiamo fare per uscirne da Paese civile”.