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Covid: ok Aifa a primo anticorpo per prevenire malattia in pazienti fragili

Roma, 17 feb. (Adnkronos Salute)() – Via libera dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) a una combinazione di due anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione (tixagevimab e cilgavimab) per prevenire Covid-19 nei pazienti fragili prima dell’esposizione al virus. Nello studio internazionale di fase 3 Provent su circa 5.200 persone, il mix dell’anglosvedese AstraZeneca ha mostrato una riduzione statisticamente significativa, pari all’83%, del rischio di sviluppare la malattia in forma sintomatica, con una protezione che continua per almeno 6 mesi dopo una sola dose.

La profilassi pre-esposizione a Covid – ricorda una nota – è un’arma particolarmente importante per proteggere i più vulnerabili, come le persone affette da leucemia linfatica cronica, da immunodeficienze primitive o acquisite o quelle sottoposte a trattamenti immunosoppressivi come i trapiantati. Quella autorizzata è l’unica opzione farmacologica a base di anticorpi autorizzata per l’utilizzo in emergenza anche in Italia per la profilassi pre-esposizione al coronavirus pandemico.

“Un anticorpo monoclonale – spiega Giovanni Di Perri, direttore della Scuola di specializzazione in Malattie infettive dell’Università di Torino e responsabile della Divisione universitaria di Malattie infettive all’Ospedale Amedeo di Savoia – è un tipo di proteina progettata per riconoscere e legarsi a una struttura specifica, chiamata antigene. Tixagevimab e cilgavimab sono stati sviluppati per legarsi a due siti distinti sulla proteina Spike di Sars-CoV-2. La combinazione impedisce al virus di entrare nelle cellule del corpo e di causare l’infezione. Poiché i due anticorpi si attaccano a parti diverse della proteina, il loro utilizzo in combinazione può essere più efficace. I dati di fase 3 disponibili dimostrano inoltre una protezione a lungo termine nella popolazione ad alto rischio di contrarre il Covid, anche con una sola dose. Recenti evidenze indicano che proteggere le persone vulnerabili aiuta a prevenire l’evoluzione virale, che rappresenta un fattore importante nella comparsa delle varianti”.

“Dall’inizio della pandemia – afferma Raffaela Fede, direttore medico di AstraZeneca Italia – la ricerca di AstraZeneca è in prima linea per tutelare i cittadini contro il Covid-19, a partire dal vaccino che resta la principale difesa. La combinazione di tixagevimab e cilgavimab rappresenta una protezione supplementare che si aggiunge dunque a quella dei vaccini per proteggere le persone più fragili. I due anticorpi, derivati da cellule B donate da pazienti convalescenti dopo il Sars-CoV-2, sono stati individuati dagli esperti del Vanderbilt University Medical Center negli Stati Uniti. La combinazione è stata ottimizzata utilizzando una tecnologia di AstraZeneca di estensione dell’emivita, che ne ha triplicato la durata d’azione rispetto ai monoclonali convenzionali. E’ necessario un maggiore follow-up per stabilire la durata completa della protezione dal virus, ma potremmo stimarla anche oltre i 12 mesi dopo una singola somministrazione che consiste di due iniezioni intramuscolari, una per ciascun anticorpo, separate e consecutive, in successione immediata”.

“La capacità di neutralizzazione della combinazione – sottolinea Di Perri -rientra nel range dei livelli di anticorpi neutralizzanti riscontrati in individui infettati da Covid-19 e guariti naturalmente. I dati dei tre studi indipendenti sono concordi nel dimostrare che la combinazione di questi due anticorpi a elevata concentrazione e caratterizzati da siti di legame diversi mantiene un’attività neutralizzante contro la variante Omicron a un livello tale da continuare a fornire benefici. Quest’arma può quindi integrare il percorso vaccinale dei più fragili”.

Tixagevimab più cilgavimab è anche in sperimentazione come potenziale trattamento per i pazienti già colpiti da Covid-19. Lo studio di fase 3 Tackle ha infatti raggiunto l’endpoint primario, dimostrando di ridurre il rischio di progressione della malattia da lieve-moderata a severa o di morte rispetto al placebo in pazienti non ospedalizzati con Covid sintomatici da un periodo pari o inferiore a 7 giorni.