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Covid: Guerra, ‘non sono Al Capone, piano pandemico c’era ma fu ignorato’

Roma, 6 ott. (Adnkronos Salute) – “Questa è una storia che non avrei mai voluto scrivere, non solo per le conseguenze che ha avuto nella mia vita, sia pubblica sia privata, ma anche per quello che ha significato per il nostro paese”. E’ l’incipit di ‘Bugie, verità, manipolazioni’ (Piemme Edizioni), il libro scritto da Ranieri Guerra, ex direttore generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute dal 2014 all’ottobre 2017 e poi fino al 30 giugno 2021 direttore generale aggiunto dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Guerra, finito al centro di inchieste giornalistiche sul mancato aggiornamento del piano pandemico per l’Italia su cui sta indagando la Procura di Bergamo, racconta la sua verità e contrattacca su come è stata gestita la pandemia dal ministero della Salute. Sulla lentezza di alcune decisioni in merito alle cure anti-Covid e all’ok degli anticorpi monoclonali.

“Non racconto tutto questo per dipingermi come un eroe mentre faccio semplicemente il mio lavoro – né per convincere i miei nipoti, terrorizzati da tutto quello che adesso sentono dire del nonno in televisione, che non sono Al Capone, come spesso dico loro per strappare una risata – scrive Guerra – ma per mettere in chiaro il primo aspetto importante della vicenda ricostruita in queste pagine. Lavorare per l’Oms, dal mio punto di vista – prosegue – vuol dire farlo lontano da casa, dove serve di più e dove è scongiurato in partenza qualunque possibile conflitto di interessi, non a pochi isolati di distanza dalla propria abitazione e nella propria città, cullati dal tepore di un ufficio all’interno di uno splendido edificio storico, che ci si può permettere grazie a uno stipendio internazionale esente da tasse, come nel caso del mio ex collega e ora mio accanito accusatore Francesco Zambon”.

Guerra è molto chiaro anche quando affronta il suo rapporto con il ministro della Salute Roberto Speranza, “una brava persona, pulita e in buona fede. Premesso questo – prosegue – non ho ancora capito come sia riuscito a dire la pura verità sul piano nazionale Covid in un’intervista a Lucia Annunziata, nella puntata del 18 aprile 2021 del format ‘Mezz’ora’ in più, e a rivedere almeno in parte la sua posizione il 27 aprile, nello strano discorso tenuto in Parlamento in occasione del suo passaggio di sfiducia, poi respinto”. Secondo Guerra “il piano Panflu, c’era e prevedeva una serie di azioni, che, laddove rilevanti per l’emergenza in corso, erano state trasferite nel piano nazionale Covid: anche perché, al netto delle differenze in termini di aggressività e trasmissione della malattia, le misure quarantenali e di protezione erano sempre le stesse, come per ogni virus a ingresso respiratorio”. Ma il piano non fu mai attivato.

“La decisione era stata, in ogni caso, di non attivare quello vecchio, ma, lo ribadisco per l’ennesima volta, ancora valido e vigente – scrive Guerra – e prepararne uno nuovo, mantenendolo secretato, senza affrontare la questione dell’aggiornamento dello stesso piano Panflu, lasciato in ibernazione dai tre ministri che si erano succeduti dopo la mia uscita dall’Italia”, ricostruisce l’ex direttore generale aggiunto dell’Organizzazione mondiale della Sanità. “Il parere dei ‘tecnici’, come li definisce genericamente Speranza, in realtà non era stato unanime: lo si evince dal verbale della riunione di task force del 29 gennaio – cui ho avuto accesso solo dopo la sua pubblicazione a giugno del 2021”.

“Ma su un aspetto è necessario essere chiari: chi adesso sostiene che l’Italia ha affrontato l’emergenza Covid senza un piano Panflu, mente. Chi dice che il piano c’era ma era inefficace, lo deve dimostrare – rimarca Guerra – Sono arrivato a Roma l’11 marzo 2020 nella veste di special adviser dell’Oms ed ero all’oscuro di quanto avesse fatto il governo italiano fino ad allora. Quando il direttore generale dell’oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, mi mandò in Italia per rompere la bolla di isolamento in cui era stata lasciata dagli altri paesi, ero ben lontano da qualsiasi ‘torre di diamante’, come viene chiamato il quartier generale oms di Ginevra nel libro di Zambon”.

Il libro, che oltre a concentrarsi sulla vicenda politica e scientifica legata all’emergenza Covid, apre anche delle finestre sul privato di Ranieri Guerra che ha perso la madre e ha avuto la compagna colpita dal Covid. Il capitolo delle cure anti-Covid sta molto a cuore all’autore. “L’ospedale salva le vite dei malati ed è fondamentale, ma la medicina territoriale è quella che salva anche gli ospedali, a maggior ragione quando può intervenire anche clinicamente, ad esempio con l’indicazione precoce per la terapia con anticorpi monoclonali – avverte – Di questo parlai a lungo sia col ministro Speranza sia con alcuni colleghi del ministero e dell’Aifa, stimolato da un’altra donazione che nel frattempo l’amico e collega Guido Silvestri era riuscito a mobilizzare dall’università Emory, in Georgia (Usa), dove lavora: ci sarebbero arrivate diecimila dosi di anticorpi da utilizzare in un contesto clinico che doveva essere preparato urgentemente”.

“In apparenza erano tutti d’accordo, e i colleghi dello Spallanzani avevano già disegnato il protocollo, ma, all’atto pratico, non se ne fece niente e anche questa opportunità sfumò”, conclude amaramente Guerra.