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Coronavirus: allarme Gb, ‘chi è in sovrappeso rischia di più’

Roma, 10 lug. (Adnkronos Salute) – Il Regno Unito si prepara alla seconda ondata da Covid, e lo fa puntando sulla corretta alimentazione. Per evitare il rischio di complicanze gravi, Janny Harries, vice direttore medico del Regno Unito, ha infatti esortato le persone a perdere peso. La raccomandazione, in realtà, come si legge oggi sul ‘Messaggero’, “si basa su diversi studi scientifici: secondo i ricercatori del servizio sanitario inglese, Public Health England – che di recente ne hanno pubblicato uno sulla rivista Obesity – il 75 per cento dei pazienti in terapia intensiva è in sovrappeso. Il timore delle istituzioni sanitarie è ben fondato, visto che in Inghilterra circa 3 adulti su 10 sono clinicamente obesi”.

Ma anche in Italia la correlazione tra obesità e maggior rischio di complicanze da Covid non va presa sotto gamba. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, tra il 2016 e il 2019, 4 adulti su 10 sono risultati in eccesso ponderale: 3 in sovrappeso e 1 obeso. E il report Italian obesity barometer realizzato dall’Università Tor Vergata e dall’Istat, indica che il 46% delle persone obese sono adulte, quindi oltre 23 milioni, e il 24% tra gli under 18 (1,7 milioni) è in eccesso di peso. “Vari studi suggeriscono una correlazione tra il Sars-Cov-2 e l’obesità – spiega Claudio Mastroianni, direttore della clinica malattie infettive del Policlinico Umberto I di Roma – Anche quando 10 anni fa ci fu l’influenza pandemica H1N1 i soggetti che erano maggiormente a rischio e avevano un alto tasso di mortalità erano proprio gli obesi”.

Il grasso in eccesso, dunque, è una concausa dell’aggravamento della malattia. “Si consideri che i più a rischio hanno un indice di massa corporea tra 35 e 40. Il soggetto obeso molto spesso è diabetico, può sviluppare comorbidità che rappresentano condizioni predisponenti per un aggravamento della malattia”, aggiunge. La ragione dei maggiori rischi, dunque, è legata allo stato di salute iniziale delle persone che hanno peso in eccesso. “L’obeso – aggiunge Mastroianni – è a maggior rischio di complicanze cardiovascolari, renali e diabete. Si tratta di comorbidità che, abbiamo imparato a conoscere, causano un maggior rischio di complicanze per il Covid. La persona obesa, poi, va incontro a maggior rischio di complicanze di tipo respiratorio”.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, fino al 25 giugno, dei 33.532 (1,1%) pazienti deceduti per Sars-Cov-2 378 erano i positivi di età inferiore ai 50 anni. L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più comunemente osservata in questo campione (96,5% dei casi), seguita da danno renale acuto (21,9%), sovrainfezione (13,8%) e danno miocardico acuto (10,8%). “Nella fase epidemica, da marzo ad aprile – conferma Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive dell’Ospedale policlinico San Martino di Genova – abbiamo osservato che le persone obese con alcune malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete, hanno fattori di rischio correlati a una maggiore gravità della malattia stessa”. L’obesità rappresenta un fattore di rischio “perché il soggetto obeso in qualche modo sembra avere un sistema immunitario che funziona in maniera meno precisa rispetto ad un soggetto meno obeso, ha delle disfunzioni metaboliche, può essere diabetico, soffre di malattie cardiovascolari, anche renali. Ha evidentemente una serie di problemi di salute”, continua.

Secondo Gianluca Iacobellis, ordinario di endocrinologia e direttore del servizio per il diabete dell’università di Miami – e autore di tre recenti studi sulla correlazione tra obesità e Covid pubblicati su Obesity e European Heart Journal – “l’obesità è un fattore di rischio indipendente per le complicanze cardiache e polmonari del Covid 19”. Il virus, in sostanza, “si accumula nel tessuto adiposo viscerale che amplifica la risposta infiammatoria”.

“I nuovi casi positivi negli Usa sono prevalentemente tra giovani, sotto 35-40 anni, con obesità viscerale, ma senza altre malattie cardiovascolari o metaboliche”. Ecco perché sono necessarie “metodiche diagnostiche di routine, che possono aiutare a misurare il grasso viscerale e ad identificare i soggetti a maggior rischio di complicanze”.