Vai al contenuto

Cannabis legale, cosa prevede la legge italiana?

(Milano, 10/01/2020) – Milano, 10/01/2020 – Il tema della cannabis legale continua a caratterizzarsi per aspetti di aleatorietà che non contribuiscono certamente a favorire gli investimenti nel settore.

Ma che cosa dice l’ordinamento italiano sulla cannabis legale? Quando si può parlare di cannabis legale, e quando invece no?

Cerchiamo di riassumere brevemente alcuni dei principali spunti, per un’analisi più consapevole di questo tema grazie anche all’aiuto del sito cbdexpress.it che ha trattato l’argomento in modo esaustivo sugli aspetti e normative della cannabis legale.

La normativa in Italia

Iniziamo subito con il rammentare che la “base” normativa della cannabis legale è certamente rappresentata dalla l. 242/2016, che ha definito in che modo si può coltivare la canapa e i suoi prodotti derivati.

In particolare, la normativa in vigore in Italia stabilisce che è possibile coltivare la pianta solamente se il seme è stato prima certificato. A sua volta, il vivaista dovrà conservare la documentazione di acquisto della semente certificata per almeno un anno e, comunque, fino al momento in cui la pianta è in vendita.

L’obiettivo di tale cautela è evidente: permettere alla pianta di disporre di una sorta di “carta di identità”, permettendo agli operatori del settore (e naturalmente al cliente finale) di capire da dove viene la pianta e ottenere la piena tracciabilità.

Da quanto sopra deriva che l’importazione delle piante espone a rischi particolarmente sensibili. E che, in fondo, tale attività è ammessa solamente se le piante da importazione rispettano la normativa italiana ed europea, potendo così entrare in possesso di tutta la documentazione utile sulla provenienza.

E i prodotti derivati?

Fin qui, una breve panoramica sulle piante ma… cosa succede nel caso in cui si desideri ottenere un prodotto derivato?

La legge italiana consente di ottenere prodotti dalla pianta, ma solamente se questi hanno un TCH inferiore allo 0,6%. Sotto questa soglia, infatti, il legislatore nazionale ritiene che i prodotti derivati non possano generare alcun effetto psicotropo e che, dunque, non possano essere pericolosi per la salute.

Entro questi limiti, dunque, è ben possibile ricavare dai semi di canapa altri prodotti, anche alimentari (si pensi a oli, pane o biscotti), fibre per l’abbigliamento, e così via.

Cosa dice la Cassazione

Recentemente la Corte di Cassazione, con sentenza dello scorso 30 luglio 2019, è intervenuta dichiarando che gran parte dei prodotti derivati dalla canapa non sono legali, ma i prodotti per bioedilizia, cosmetica o abbigliamento possono essere considerati sicuri, poiché rispettano le normative dei diversi settori.

I giudici della Suprema Corte hanno poi confermato che per quanto attiene gli oli, gli alimenti e le infiorescenze, è fondamentale verificare il livello di THC. Se il livello di TCH rispetta i limiti di legge, e dunque viene formalmente meno il carattere di pericolosità legato agli effetti negativi di tali sostanze, non ci sono dunque ostacoli.

Si tenga infine conto che, in aggiunta di quanto sopra anticipato, la canapa può altresì essere coltivata a livello ornamentale, e può essere usata con percentuale di THC pari all’8% ma solamente in ambito farmaceutico, per produrre medicinali somministrati per trattare gli effetti di particolari malattie degenerative. Al di fuori di tali ipotesi, l’utilizzo è dunque da considerarsi illegale.

Per informazioni:

CBDexpress è un marchio di proprietà di FreeGroup s.r.l

email: [email protected]

Tel. +39 02 2828047

Cell. +39 389 0065103