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Bambini e allergie alimentari, quando frutta e verdura sono un pericolo

 Le mamme dicono sempre ai loro bambini: ”bisogna mangiare frutta e verdura”. Eppure, a volte, mele, pere, prugne, zucca, pomodoro o sedano non sono così innocenti come potrebbero sembrare.Recenti studi sugli allergeni, come emerso durante la 6° edizione di “Medieterranea, Congresso Nazionale SIPPS di Pediatria e Nutrizione che si è da poco concluso a Bari, hanno messo in evidenza come questi possano essere diversi tra loro e l’eventuale allergia nei loro confronti presenti un livello di rischio molto diverso a seconda della componente verso cui è rivolta la sensibilizzazione allergica.

“E’ fondamentale l’importanza della diagnosi allergologica – sottolinea il prof. Vito Leonardo Miniello, pediatra, docente di Dietetica dell’età evolutiva presso l’Università “Aldo Moro”, Bari e Consigliere Nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) – che oggi si avvale di nuove metodologie, come la Diagnostica molecolare che integra quella tradizionale, basata sull’utilizzo di estratti allergenici (Skin Prick test e RAST), e consente di connotare il profilo allergenico del paziente diminuendo i rischi correlati e contribuendo ad individuare tempestivamente le cure più efficaci per migliorare la vita del bambino, oltre che dell’adulto”.

“Nel corso degli ultimi tre decenni – afferma il dottor Giuseppe Di MauroPresidente SIPPS – è stato riscontrato in contesti sociali industrializzati, quale il nostro, un inquietante incremento della prevalenza delle allergie alimentari ed, in particolare, di quelle correlate alle allergie polliniche”.

 Secondo uno studio condotto da EpidemAAITO nel 2007, l’unico nel nostro Paese che fotografa le caratteristiche delle allergie alimentari sui giovani adulti, è emerso che prendendo in esame soggetti affetti da allergia alimentare, se il 45% presentava un’allergia alimentare di tipo 1 (allergia primaria riferibile solo ai cibi), nel 55% dei casi, invece, si trattava di allergia alimentare di tipo 2 cioè di una “sindrome orale allergica”, conseguente a pollinosi, anche definita allergia polline-alimento.

Nell’allergia di tipo 1, frutta e verdura rappresentano le fonti allergeniche di gran lunga più comuni (72%), seguite da crostacei (13%), pesce (4%), latte (3%), uovo (3%) e cereali (2%); nell’ambito dei pazienti con allergia a frutta e verdura, le cosiddette LTP (Proteine di Trasporto Lipidico) sono responsabili di reazione allergica nel 60% dei casi. La caratteristica principale delle LTP, che sono pan-allergeni cioè sostanze allergeniche ampiamente diffuse all’interno del mondo vegetale, è che sono stabili sia al calore che ai succhi gastrici. E questo spiega perché, nei soggetti allergici, si verificano reazioni immediate anche gravi in seguito alla loro ingestione; per questo motivo, oggi, si parla di allergia alle LTP.Nei casi, invece, di soggetti affetti da allergia alimentare di tipo 2, con pollinosi (rinite, congiuntivite o asma indotte da pollini di alberi ed erbacee), dall’indagine del 2007 è emerso che entro pochi minuti dal contatto della mucosa orale con particolari tipi di frutta e verdura crudi, tali soggetti presentavano prurito o bruciore localizzati al cavo orale, spesso associati a gonfiore delle labbra (angioedema).

Talvolta, seppur più raramente, a tale sintomatologia limitata alla bocca sono state riscontrate manifestazioni più importanti con sintomi a carico di diversi apparati (respiratorio, cardio-circolatorio, gastro-enterico, cutaneo), sino al temuto shock anafilattico.Non tutta la frutta e verdura è, quindi, incriminata e la reazione dipende proprio dal tipo di pollinosi.

La raccomandazione principale – precisa il prof. Miniello – è quella di evitare di consumare gli alimenti responsabili di “sindrome orale allergica” soprattutto nel periodo della pollinazione associata e che i soggetti allergici, che abbiano già manifestato reazioni crociate, non sottovalutino il pericoloso connubio tra pollini e alimenti vegetali”.

 Tra le cross reattività più frequenti possiamo indicare quelle:

  • tra polline di betulla, quercia, nocciolo e i frutti appartenenti alla famiglia delle Rosaceae (mela, pesca, pera, prugna, albicocca, ciliegia, susina, mandorla);
  • tra pollini di ambrosia (pianta che ha infestato in pochi anni bordi delle strade e margini di campi in prossimità degli aeroporti lombardi) e melone, anguria, banana, camomilla, zucca, sedano;
  • tra pollini di graminacee (gramigna, loglio, frumento ecc.) e mela, pomodoro, arancia;
  • tra il polline della parietaria con gelso, basilico, pisello, melone e ciliegia”.

 Ogni area geografica ha un suo specifico calendario di pollinazione che dipende dalla vegetazione tipica del luogo e dalle condizioni climatiche. In genere, la betulla fiorisce da marzo a giugno; il cipresso da marzo a maggio; l’ambrosia da agosto a ottobre; le composite da luglio a settembre; le graminacee da aprile a giugno.

 Le allergie alimentari e le nuove metodologie diagnostiche applicate all’allergologia saranno tra i temi principali di cui si discuterà in occasione del XXV Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale, dal titolo “Regaliamo Futuro”, che si terrà a Bari dal 12 al 14 settembre prossimi.