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Allarme obesità, ancora pochi in Italia ricorrono alla chirurgia

Sono 7.000 i casi operati nel 2012 contro i 27.000 della Francia

obesità-infantileL’obesità è la seconda causa di morte (dopo il fumo) nella società occidentale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo si contano un miliardo e mezzo di adulti sopra i 20 anni in eccesso di peso. Di questi, 200 milioni di uomini e circa 300 di donne risultano obesi. Per quanto riguarda l’Italia, invece, il primato europeo di obesità infantile spetta alla Campania e alla Puglia (36% di bimbi obesi).

Gli italiani obesi sono oltre sei milioni e dal 1994 ad oggi il loro numero è cresciuto del 25%. Sono 1,5 milioni i pazienti che potrebbero giovarsi del notevole e duraturo calo di peso ottenuto dal bisturi. Ma troppo pochi affrontano questo percorso. Nel nostro Paese, lo scorso anno, sono stati sottoposti a intervento chirurgico 7.000 casi di obesità grave contro i 27.000 della Francia.

La Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle malattie metaboliche (SICOB) ha lanciato un appello a incentivare l’uso del bisturi contro il grave eccesso di peso “perché porta a benefici medici e per l’intero sistema sanitario”, visto che la patologia costa alla collettività 88 miliardi di euro l’anno.

Con l’evoluzione, l’uomo ha mantenuto uno stomaco che è eccessivo rispetto alle sue reali necessità. Basterebbero fino a tre quarti di organo in meno, visto lo stile di vita contemporaneo e le abitudini più sedentarie di quelle dei nostri antenati, con un introito calorico medio più che raddoppiato negli anni a fronte di un consumo notevolmente ridotto. A questo si aggiunge un consumo in eccesso di alimenti e bibite ad alta densità energetica, come i cibi già pronti, ricchi di grassi, più appetibili e a basso costo. Per tutti questi motivi l’IFSO, organizzazione che raccoglie più di 50 associazioni nazionali dei chirurghi bariatrici con oltre 8000 iscritti in tutto il mondo, è sempre più impegnata nella promozione a livello mondiale della chirurgia dell’obesità.

“Nel nostro Paese i centri specializzati sono solo un centinaio – afferma il professor Marcello Lucchese, presidente della SICOB – e a differenza del resto d’Europa, il loro numero è costante da almeno 10 anni. Un paziente che richiede un intervento deve quindi aspettare da 6 a 12 mesi, prima di entrare in sala operatoria. Le liste d’attesa diventano così sempre più lunghe e insostenibili. Eppure fin dagli anni ’90, siamo ai vertici mondiali in questa specialità. Il problema è che da troppo tempo si sottovalutano i benefici medici ed economici prodotti della chirurgia bariatrica. Le autorità devono invece incentivare questi interventi salva vita che rappresentano un investimento e non solo un costo. Soprattutto in un periodo come questo di grave crisi economica: ogni anno per l’obesità il nostro Paese spende 88 miliardi tra costi diretti ed indiretti”.