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Aiutare gli uomini che maltrattano le donne: venerdì, a Forlì, l’attività del centro “Liberiamoci dalla violenza” (Ldv) dell’Ausl di Modena

Seguire e accompagnare, attraverso terapie, programmi ad hoc e l’ascolto da parte di psicologi, gli uomini che maltrattano le donne, per aiutarli a gestire l’aggressività e abbandonare così i comportamenti violenti. Si tratta dell’ultima frontiera nell’ambito della prevenzione della violenza di genere e il corso regionale “Donne e uomini contro la violenza di genere”, organizzato, in collaborazione col Centro Donna del Comune di Forlì, dall’U.O. Salute Donna dell’Ausl di Forlì, diretto dalla dott.ssa Nancy Inostroza, responsabile scientifica del progetto, si chiuderà proprio illustrando una delle più innovative esperienze in questo campo. Venerdì 23 novembre, in sala Randi (via delle Torri, 13), a partire dalle 8.30, verrà, infatti, presentata l’attività del centro “Liberiamoci dalla violenza” (Ldv) dell’Ausl di Modena, il primo voluto da un’istituzione pubblica in Italia – la Regione Emilia-Romagna insieme all’Ausl locale – per cercare d’intervenire non più soltanto sulla protezione delle donne, ma anche di tentare di “cambiare” i comportamenti degli autori delle violenze. Inaugurata nel dicembre 2011, la struttura si avvale di personale tutto maschile, formato ad hoc presso l’“Alternative To Violence” (Atv) di Oslo, il più importante a livello europeo nel seguire gli autori di violenze; nei primi due mesi di vita già 11 uomini, tutti di nazionalità italiana, si sono rivolti spontaneamente agli specialisti di Ldv per essere aiutati. Il lavoro del centro verrà presentato da Paolo De Pascalis, psicologo-psicoterapeuta dell’Ausl di Modena, e da Monica Dotti, sociologa dell’Ausl di Modena, introdotti da Antonella Grazia, dell’assessorato politiche sociali dell’Emilia-Romagna. Nell’occasione, è previsto anche l’intervento del dott. Marius Rakil, direttore di Atv di Oslo e fra i precursori a livello internazionale in questo tipo di approccio, mentre le conclusioni verranno tratte da Sandro Bellassai, docente dell’Università di Bologna.