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Aids: si può fare di più!

hiv-aidsNel mondo sono circa 40 milioni le persone con HIV, 15 milioni di queste hanno accesso alle terapie antiretrovirali, ma nella pratica solo il 25% aderisce correttamente alle cure e quindi ne beneficia, in Italia e nei paesi occidentali il tasso si aggira intorno al 50% .

Il resto delle persone non sa di avere l’HIV , non si presenta ai centri di cura o si perde in corso di terapia, e questo consente il permanere di un rischio di diffusione dell’infezione. Occorre pertanto lavorare sulla continuità delle cure e favorire al massimo l’aderenza al percorso di cura, ma non può farlo il sistema sanitario da solo. E’ necessaria una forte sinergia con le associazioni dei pazienti. Da qui è partito il progetto promosso dall’Istituto Spallanzani e che coinvolge 10 centri specializzati nella cura dell’HIV in tutta Italia e le associazioni le associazioni impegnate a livello nazionale nella lotta all’AIDS e nel supporto alle persone con HIV.

Negli ultimi 20 anni si sono rese disponibili terapie antiretrovirali sempre più efficaci, sono aumentate le diagnosi precoci e si è lavorato molto per il mantenimento in cura dei pazienti. Nonostante tutto però l’incidenza di nuove infezioni non è diminuita in Italia così come in altri paesi occidentali. Si stima che nel 2014 in Europa e nel Nord America erano 2.4 milioni le persone con HIV, di cui 85.000 nuovi infetti ( dati UNAIDS). In Italia ogni anno si verificano circa 400 nuove infezioni e sono circa 60mila le persone con HIV che non hanno una viremia controllata, con le conseguenze di rischio clinico e di trasmissione dell’infezione. Ad oggi persiste purtroppo un significativo ritardo diagnostico e le persone hanno una diagnosi quando l’infezione è molto avanzata. La capacità di individuare le persone inconsapevoli di aver contratto l’HIV e far sì che, una volta diagnosticate, rimangano agganciate al percorso di cura, è un tassello fondamentale per bloccare la diffusione dell’infezione.

Nel 2012 in Italia – evidenzia Enrico Girardi, direttore di Epidemiologia Clinica dell’INMI Spallanzani – erano inconsapevoli del proprio stato di infezione da HIV tra le 10.000 e le 12.000 persone in Italia, pari a circa l’11-13% delle persone che hanno contratto l’infezione. Esistono poi persone che non accedono ai centri di cura o non ricevono un trattamento efficace o non lo assumono correttamente. Bisogna far si che le persone non abbandonino le terapie rischiando per sé stessi e per gli altri”.

Il “Mantenimento in Cura” o Retention in Care delle persone con HIV è infatti fondamentale altrimenti si osserva una prognosi peggiore, un alto tasso di fallimento della terapia antiretrovirale, e una sopravvivenza peggiore ed una peggiore qualità di vita. Ed inoltre il mancato controllo dell’infezione contribuisce a rendere possibile una ulteriore diffusione del contagio.

Gli studi condotti nei paesi industrializzati, hanno mostrato che un controllo completo dell’infezione si ottiene in una metà delle persone con HIV. In Italia questa percentuale è tra il 50% ed il 60% ma ci sono paesi come gli USA dove è stimata intorno al 25%. L’obiettivo fissato dall’OMS è di portare questa percentuale al di spora del 70% nel prossimo quinquennio.
L’aumento della sopravvivenza delle persone con infezione da HIV sta anche cambiando le caratteristiche dell’epidemia, determinando fra l’altro una rapida crescita del numero di persone che necessita di trattamento e conseguentemente delle spese di assistenza.
L’Istituto Spallanzani – illustra il Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani – è impegnato in 3 importanti progetti europei che riguardano : il mantenimento in cura delle persone con HIV; la prevenzione dell’HIV in persone vulnerabili e un progetto per migliorare la qualità di prevenzione di HIV. Sul territorio nazionale è appena partito un progetto per un analisi sistematica delle preziose attività svolte storicamente dalle associazioni riguardo il mantenimento delle cure in pazienti con HIV in modo da programmare in maniera sistematica ed omogenea le migliori modalità per mantenere le persone all’interno dei percorsi di cura”

Gruppi di auto aiuto, centri di orientamento e sostegno, azioni di counselling tra pari e non, materiali cartacei specifici, chat e forum tematici, sono gli strumenti maggiormente utilizzati dalle associazioni, così come i circuiti di accoglienza per le persone con HIV/AIDS, straniere ed emarginate, svolgono una preziosa attività di presa in carico e accompagnamento ai Centri clinici.
Lo studio intende mettere in rete le risorse, promuovere la valutazione delle diverse opzioni possibili di intervento, implementarle ed armonizzarle. Nello stesso tempo condurre una attenta analisi del bisogno e di quali possano essere le linee di sviluppo per la programmazione e lo svolgimento di strategie e interventi per l’ottimizzazione della retention in care.

Il convegno nazionale sull’AIDS e i 30 anni di Anlaids – ha detto Marta Branca, Commissario Straordinario IFO-INMI in apertura dei lavori – sono la testimonianza pratica di come alle competenze clinico–scientifiche vadano sempre associate le competenze umane dei professionisti della salute e di chi la malattia la vive in prima persona, in modo diretto o indiretto, e si impegna per abbatterla. Insieme quindi ribadiamo il nostro impegno a costruire alleanze e a lavorare perché il problema possa essere risolto.”

L’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive, “L. Spallanzani” rappresenta uno dei maggiori centri clinici in Europa per la diagnosi e cura dell’Infezione da HIV/AIDS. In particolare, sono assistite circa 7000 persone con infezione da HIV, di cui oltre 6.500 in trattamento antiretrovirale, e ogni anno vengono erogati dall’INMI circa 800 ricoveri in degenza ordinaria per malati affetti da HIV/AIDS e oltre 30.000 accessi ambulatoriali e di Day service per pazienti sieropositivi.