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Una cena leggera allunga la vita

imagesNegli ultimi anni alcuni lavori scientifici hanno evidenziato che la riduzione dell’apporto di cibo, senza arrivare alla malnutrizione, prolunga la vita. Molti ricercatori hanno contribuito a raccogliere i dati utilizzando svariate metodiche e controlli da cui emerge una tendenza chiara. Gli animali modello utilizzati spaziano da un semplice vermetto, Caenorhabditis elegans, ai topi e alle scimmie. Pochi sono ancora i dati sull’uomo. A mettere ordine fra tanti risultati hanno provveduto il ricercatore italiano Luigi Fontana ed una sua collaboratrice, Linda Partrige, con una review appena pubblicata sulla prestigiosa rivista Cell. Sorprendentemente dal loro lavoro emerge che l’effetto benefico di una dieta “ristretta”, così come viene definita dagli stessi autori, potrebbe non dipendere semplicemente da un ridotto apporto calorico.

A parità di cibo somministrato complessivamente, animali che hanno alternato giorni di dieta ricca e di digiuno hanno, infatti, una vita di un terzo più lunga dei loro simili alimentati in maniera uniforme. Lo stesso vale per animali che hanno digiunato solo due volte alla settimana. Le prove nell’uomo sembrano confermare che il digiuno intermittente riduca il peso corporeo e la massa grassa. I benefici non si limitano al giro vita, ma si misurano anche in ridotti livelli di colesterolo, trigliceridi e pressione sanguigna. Probabilmente non è neanche necessario digiunare per un giorno intero, ma basta distribuire i pasti in maniera diversa durante la giornata in modo da concentrarli in un arco temporale di 5 o 7 ore. L’ideale sarebbe consumare una colazione molto abbondante, un pranzo regolare e una cena leggerissima.

Gli autori insistono nel definire la dieta come “ristretta” e non “ipocalorica”. Questo perché può essere importante non solo la distribuzione temporale dei pasti, ma anche il tipo di alimento. Le proteine, in particolare quelle di origine animale, andrebbero limitate. In verità ad essere incriminate non sono le bistecche, ma alcuni amminoacidi specifici, metionina e triptofano.

Un altro aspetto considerato da Fontana e Partrige riguarda la flora batterica. Non siamo mai da soli: in ogni uomo solo il 10% delle cellule è umano, gli altri trilioni di cellule sono costituiti dai microbi che vivono nel tratto gastrointestinale. È possibile che la dieta influenzi la nostra flora batterica e che, di converso i nostri “ospiti” producano sostanze diverse in grado di influenzare la nostra salute. In conclusione la dieta sembra giocare un ruolo finora insospettato nell’invecchiamento e nelle malattie ad esso correlate. Molti aspetti devono ancora essere chiariti, ma è possibile che poche sane abitudini, anche senza pretendere eccessivi sacrifici da noi stessi, possano condurci ad una vita migliore e più lunga. Maria Vittoria Cubellis