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Stress da tecnologia, due milioni di italiani soffrono per internet e i social network

Operatori call center, Networker, e analisti finanziari sono alcune delle categorie più colpite

Sono quasi due milioni gli Italiani che soffrono di stress da tecnologia. I dati sono il risultato dell’ultimo studio condotto da Enzo Di Frenna, presidente di Netdipendenza Onlus. Nel suo libro dal titolo ”Prevenzione tecno-stress in azienda e sicurezza sul lavoro” le categorie più esposte sono quelle che sono costrette a passare la giornata davanti ai monitor (networker, consulenti, operatori call center, commercialisti, analisti finanziari, solo per citarne alcune).

Complessivamente sono 1.849.732 i lavoratori che si dividono fra computer, internet, smartphone e tecnologie mobili touchscreen.

In Italia ci sono 22 milioni di ‘mobile surfer‘ e 7,3 milioni di ‘mobile worker’, secondo i dati del Politecnico di Milano e Assinform. Insomma, nonostante la crisi i lavoratori digitali sono forte in aumento.

Il tecnostress – spiega Di Frenna – è una nuova malattia legata al progresso. In un sondaggio condotto tra i 2 mila operatori dell’Associazione nazionale formatori sicurezza sul lavoro (Aifos), emerge che, per il 60% dei formatori, il tecnostress rappresenta un rischio per la salute dei lavoratori, mentre l’80% assicura che i lavoratori spesso lamentano disturbi tipici come: mal di testa, ipertensione, disturbi agli occhi, alterazione della memoria, ansia, insonnia e disturbi gastrointestinali”.

La conferma che si tratta di una vera emergenza – sottolinea il presidente di Netdipendenza Onlus – arriva anche dal giudice Raffaele Guariniello della Procura di Torino, autore della prima sentenza sul tecnostress nel 2007, in seguito a un’inchiesta nei call center“.

Tra le nuove categorie di lavoratori soggetti allo stress da tecnologia – sostiene il giudice – ci sono gli operatori di call center, su cui sono state effettuate anche le prime inchieste della magistratura. L’informazione digitale – precisa Guariniello – oggi è presente in modo massiccio  ed è facile che si possano verificare nuovi casi di tecnostress. Ciò deve rientrare nei nuovi rischi professionali che bisogna valutare, come prevede la normativa“.