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Pubblicato studio dell’Ateneo sulle micotossine mascherate

E’ stato recentemente pubblicato sulla rivista Chemical Research In Toxicology, rivista di grande prestigio nell’ambito della tossicologia, uno studio sul destino catabolico nell’uomo delle micotossine mascherate, coordinato dalla dott.ssa Chiara Dall’Asta in collaborazione con il dott. Daniele Del Rio, entrambi afferenti al Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Parma. Lo studio, unico per l’approccio integrato al problema, ha visto la stretta collaborazione del gruppo di Chimica degli Alimenti e di Nutrizione Umana dell’Ateneo ed è stato selezionato dall’American Chemical Society per essere incluso nel press package mensile. Un’intervista con gli autori è stata inoltre inclusa negli Highlights del numero di febbraio di Chemical and Engineering News.

Le micotossine sono prodotti tossici del metabolismo secondario di alcuni funghi, prodotte principalmente nei cereali durante la crescita e la maturazione in campo. Questi composti permangono nel prodotto finito e la loro presenza è, pertanto, regolamentata da una severa normativa a livello mondiale.

Negli anni scorsi si è però dimostrato che la pianta è a sua volta in grado di metabolizzare le micotossine a forme non ancora del tutto note, che spesso sfuggono le comuni tecniche di analisi e che pertanto non sono soggette a regolamentazione né sono incluse negli studi di esposizione. Tali composti vengono comunemente definiti micotossine mascherate.

Lo studio recentemente pubblicato descrive per la prima volta il ruolo svolto dal microbiota intestinale nel catabolismo delle micotossine mascherate nell’uomo. In particolare, è stato dimostrato che la microflora intestinale umana è in grado di modificare il deossinivalenolo-3-glucoside, lo zearalenone-14-glucoside e lo zearalenone-14-solfato e di rilasciare i loro precursori nel tratto intestinale, confermando quindi la necessità di considerare la presenza di queste forme come fattori addizionali nell’esposizione mediante dieta a DON e zearalenone.

Lo studio apre quindi importanti sviluppi sia per quanto riguarda la valutazione del rischio di esposizione a micotossine nell’uomo, sia relativamente alla comprensione dei meccanismi di degradazione dei composti tossici nell’intestino umano.