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Occhi puntati su ipoglicemie e trattamento precocen nel diabete tipo 2

Organizzato a Villa Mondragone il primo “Forum clinico” dell’Italian Barometer Diabetes Observatory, summit di esperti dedicato all’analisi e allo studio dei più recenti avanzamenti in ambito di ricerca clinica e farmacologica sul diabete – Ipoglicemie responsabili di paure (spaventano il 60% degli Italiani con diabete) e costi per il sistema Paese (ogni episodio di ipoglicemia può essere responsabile di 1 giorno di “assenteismo” nel 9%, se lieve, o 26%, se grave, delle persone con diabete) –  Intervenire precocemente nella cura del diabete può ridurre le complicanze cardiovascolari, sino al 40%.  Farmaci più sicuri, che permettano di ridurre al minimo gli episodi di ipoglicemia, una delle evenienze, per nulla rara, considerata con maggior inquietudine dalle persone con diabete, e che consentano un controllo rapido e duraturo della glicemia sin dalle primissime fasi della malattia. Questo il profilo degli antidiabetici ideali emerso dal confronto tra alcuni dei principali esperti nazionali e internazionali che hanno partecipato al 1° Forum clinico organizzato dall’Italian Barometer Diabetes Observatory, l’organismo istituito da Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Diabete Italia e Associazione parlamentare per la tutela e la promozione del diritto alla prevenzione, con il supporto non condizionante di Novo Nordisk, con quartier generale a Villa Mondragone, sede di rappresentanza dell’Ateneo romano.

“Il diabete può diventare la pandemia più disastrosa del 21° secolo se noi non affrontiamo questo problema in maniera adeguata. Tuttavia i dati forniti dalle sperimentazioni cliniche ci dicono che con interventi adeguati sia farmacologici che, soprattutto, sullo stile di vita la diffusione della malattia e le sue più gravi complicanze si possono contenere. Per il trattamento e la prevenzione del diabete oggi sono disponibili nuove classi di farmaci che oltre ad una efficacia maggiore hanno minori effetti collaterali quali, ad esempio, l’ipoglicemia. Investire sulla prevenzione e sul controllo del diabete comporta un miglioramento della qualità della vita, un accresciuto benessere sociale e una migliore sostenibilità della spesa sanitaria”, ha detto Renato Lauro, Presidente dall’Italian Barometer Diabetes Observatory e Rettore dell’Università di Roma Tor Vergata, inaugurando i lavori del Forum. Ha quindi spiegato Salvatore Caputo, Dirigente medico dell’Unità di Diabetologia al Policlinico Gemelli di Roma, che, in un anno, una persona con diabete di tipo 1 va mediamente incontro a 47,5 episodi di ipoglicemia, quasi uno alla settimana. In 1 sino a 3 casi si tratta di una ipoglicemia grave, tale da rendere necessario il ricovero in ospedale. Nel diabete di tipo 2, invece, le ipoglicemie ammontano a 9,2 l’anno in media, nelle persone in trattamento con insulina. Più raro il caso di ipoglicemie in persone che prendono solo antidiabetici orali. In queste, gli episodi gravi corrispondono a 0,1 l’anno, salendo a poco meno di 1 evento grave l’anno in quelle in trattamento insulinico da oltre 5 anni.

“Le ipoglicemie, soprattutto quelle gravi, costituiscono un’area ancora poco indagata ma di grande rilievo e causa di costi diretti e indiretti legati alla malattia, al di là di quelli prodotti dalle complicanze croniche del diabete”, ha aggiunto Antonio Nicolucci, Responsabile Dipartimento Farmacologia Clinica e Epidemiologia del Consorzio Mario Negri Sud e Coordinatore Data Analysis Board dell’Italian Barometer Diabetes Observatory.

Infatti, secondo il Rapporto “Dati e cifre sul diabete in Italia” dell’Osservatorio di Villa Mondragone, redatto dallo stesso Nicolucci, nella sola Inghilterra, si stima che il trattamento delle ipoglicemie ammonti in un anno a 13 milioni di sterline, oltre 15 milioni di euro. Ai costi diretti vanno poi aggiunti quelli indiretti, legati alla perdita di produttività e all’assenza dal posto di lavoro. Da uno studio canadese(1) è emerso che il 10% delle persone con un episodio di ipoglicemia lieve o moderata e un quarto di quelle con ipoglicemia grave non si sono recate al lavoro il giorno seguente. Le ipoglicemie sono anche responsabili di importanti costi intangibili, legati all’impatto negativo sulla qualità della vita. “Inoltre, la paura delle ipoglicemie è spesso responsabile di una scarsa aderenza alle cure, con riduzione autonoma da parte della persona con diabete della quantità di farmaci assunti, e quindi di un peggior controllo metabolico”, ha detto ancora Nicolucci. Infatti, oltre il 60% delle persone con diabete intervistate nel corso dell’indagine sociologica DAWN Italia ha espresso forte preoccupazione per le ipoglicemie e lo studio canadese già citato ha messo in evidenza come un terzo delle persone con ipoglicemia lieve o moderata e oltre l’80% di quelle con ipoglicemia grave abbiano maggior paura delle ipoglicemie dopo avere subito l’evento. Questo ha indotto oltre la metà di loro a modificare la dose di insulina assunta.

  Ipoglicemie lievi/moderate Ipoglicemie gravi
Riduzione produttività Il 10% dei soggetti esce dal lavoro in anticipo e il 9% sta a casa il giorno successivo Il 32% dei soggetti esce dal lavoro in anticipo e il 26% sta a casa il giorno successivo
Riduzione qualità della vita Il 30% dei soggetti presenta maggiori paure di ipoglicemie dopo un evento L’84% dei soggetti presenta maggiori paure di ipoglicemie dopo un evento
Riduzione dose insulina Il 43% dei soggetti riduce/modifica la dose di insulina dopo un evento Il 58% dei soggetti riduce/modifica la dose di insulina dopo un evento

Figura: Impatto delle ipoglicemie sui costi indiretti ed intangibili nei soggetti con diabete di tipo 2 (Leiter LA et al. Canadian Journal of Diabetes 2005)

Anche sull’intervento precoce, sebbene molti studi scientifici abbiano ormai dimostrato come intervenire prima sulla glicemia sia di estremo beneficio per la persona con diabete, c’è ancora parecchio da fare. Dai dati degli Annali AMD 2009, ossia gli indicatori della qualità dell’assistenza diabetologica in Italia dell’Associazione Medici Diabetologi, risulta che ogni anno circa il 17% delle visite effettuate negli oltre 650 centri diabetologici italiani siano ‘primi accessi’, cioè persone con diabete che si presentano al centro per la prima volta, ma già con malattia in atto, in media, da oltre 7 anni. Soprattutto, con valori di emoglobina glicata (HbA1c) fuori norma (in media 7,4%) e un profilo di elevato rischio cardiovascolare: pressione del sangue oltre i valori di 140/90 mmHg nel 58,6% dei casi, colesterolo “cattivo” LDL superiore a 130 mg/dl nel 34,7%.

“Le evidenze scientifiche dicono inequivocabilmente che quanto prima si interviene e quanto più rapidamente si riportano i valori della glicemia alla normalità, tanto più si riducono le temibili complicanze del diabete. Lo studio STENO-2, ad esempio, ci mostra che se curassimo in maniera rigorosa la malattia almeno 5 anni prima di quanto mediamente avvenga, potremmo ridurre le complicanze cardiovascolari di oltre il 40%, con indubbio risultato anche sulle finanze pubbliche”, ha spiegato Carlo Giorda, Direttore Struttura Complessa Malattie Metaboliche e Diabetologia – ASL TO5 e Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi, AMD. Giova infatti ricordare che sono proprio le complicanze della malattia, a causa dell’impatto dei ricoveri ospedalieri, a incidere per quasi il 50% sui costi diretti del diabete, senza considerare le giornate di lavoro perse o le pensioni di invalidità, che hanno un peso importante sul sistema Paese.“Per rispondere a questi ‘bisogni irrisolti’ sono necessarie due diverse strategie – ha detto Giorgio Sesti, Professore di Medicina interna all’Università di Catanzaro. Da un lato, una strategia clinica ossia un’analisi accurata, da parte del medico, delle caratteristiche di ogni singola persona con diabete e della sua malattia, che possa permettere di instaurare una terapia cucita il più possibile ‘su misura’: questo ci è reso possibile dall’ampia gamma di classi di antidiabetici utilizzabili. Dall’altro lato una strategia di ricerca farmacologica che renda disponibili farmaci sempre più ‘efficienti’, che agiscano contemporaneamente sul controllo glicemico, ma anche di altri fattori concomitanti come il peso e il profilo lipidico, impattando favorevolmente sui fattori di rischio cardiovascolare, e ‘sicuri’ dal punto di vista del rischio di ipoglicemie.”E’ questo ad esempio il caso degli ultimi arrivati tra gli antidiabetici per il tipo 2: le incretine. “In particolare gli analoghi del GLP-1 come la liraglutide, che dimostra anche di ridurre la pressione arteriosa a prescindere dall’effetto sul peso corporeo e, se non associata a farmaci secretagoghi, non comporta un aumento del rischio di ipoglicemia”, ha detto Caputo. “Oppure, parlando di insulina, di quelle a lunga durata d’azione, che comportano il minor rischio di ipoglicemia fra tutti gli schemi di trattamento insulinico. Si parla oggi addirittura di insuline ad azione ultralenta, con durata di oltre 24 ore e presenti in circolo fino a 96 ore dopo la somministrazione”, ha concluso.