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Mosquito Day: la festa della zanzara, una giornata per riflettere sulla malaria

downloadIl 20 agosto si celebra in tutto il mondo il Mosquito Day, la “Giornata mondiale della zanzara” – Non si commemorano, naturalmente, le odiate punture, ma la scoperta del ruolo del fastidioso insetto nella trasmissione della malaria, una malattia che continua a mietere ancora troppe vittime: 1 bambino ogni 2 minuti nel mondo, per un totale di 430 mila persone l’anno. Il 20 agosto si celebra ogni anno il Mosquito Day, la “Giornata mondiale della zanzara“. Nonostante ronzii e punture siano una compagnia immancabile nelle serate estive, però, questa ricorrenza non vuole festeggiare il massimo picco di attività di questi insetti, ma un evento molto più importante per la salute in tutto il mondo.

Il 20 agosto 1897, infatti, è la data in cui venne scoperto il ruolo della zanzara come vettore della malaria. La scoperta è valsa il premio Nobel al medico inglese sir Ronald Ross, ma per lunghi anni è stata oggetto di contesa con l’Italia, che ne rivendicava la paternità nella persona del medico e zoologo Giovanni Battista Grassi. Gli studi indipendenti dei due scienziati sono, infatti, giunti alla stessa conclusione e hanno trovato nella zanzara anofele la presenza del parassita – il plasmodio – che nel 1880 era stato identificato come responsabile della malaria.

Questa scoperta ha permesso nel corso degli anni di attivare efficaci strategie medico-sanitarie per combattere la diffusione di uno dei principali flagelli delle regioni calde e temperate.
La lotta contro la malaria però è ancora in corso. Si tratta tutt’ora di una delle principali cause di morte infantile in tutto il mondo: ogni due minuti, infatti, un bambino sotto i cinque anni muore di malaria e ogni anno sono oltre 430mila le vittime stimate.

Eppure non è una battaglia senza speranza. Il Mosquito Day deve essere un’occasione per riflettere su quanto si possa e debba ancora fare per debellare questa malattia. Questo è l’obiettivo di Malaria No More UK, organizzazione internazionale no profit, con sede a Londra, fondata per combattere una malattia che miete migliaia di vittime in Africa e che sarebbe prevenibile, con un costo pari a 1,25 euro per trattamento: poco più di un caffè al bar.

Malaria No More UK è in prima linea nel sostegno al Fondo Globale, un organismo multilaterale internazionale che mira a eradicare malaria, tubercolosi e AIDS dal mondo. Il 16 settembre a Montreal si terrà la quinta conferenza per il rifinanziamento del Fondo Globale che mira a raccogliere 13 miliardi di dollari per il triennio 2017-19 e grazie all’impegno di società civile, governi e settore privato, a eradicare la malaria dal mondo come già accaduto in Europa, dal 2015 libera dalla malattia.

L’obiettivo è ambizioso, ma raggiungibile, anche grazie all’impegno dell’Italia, tra i fondatori e principali contributori al Fondo Globale, che si appresta garantire un finanziamento di 130 milioni di euro per il prossimo triennio. L’Italia ha giocato una ruolo di primissimo piano nella nascita del Fondo Globale in occasione del G8 di Genova nel 2001; ha oggi un’occasione irripetibile, quale paese organizzatore del prossimo meeting G7, a maggio 2017 a Taormina, di incidere ancora di più nella lotta a queste malattie, alla povertà e per la salute globale.

La scoperta che la malaria è trasmessa all’uomo dalla puntura di una zanzara Anopheles ha aggiunto alle nostre conoscenze un concetto fondamentale, ovvero che un’infezione trasmessa da vettori – come per altre gravi infezioni virali trasmesse da altre zanzare, quali la febbre gialla o la dengue – va affrontata principalmente con la profonda conoscenza del vettore e attraverso interventi di controllo della popolazione vettoriale, con tutti i mezzi disponibili – che oggi non sono solo gli insetticidi. A ciò devono aggiungersi la prevenzione, con la profilassi comportamentale e farmacologica e gli interventi ambientali, e il miglioramento delle condizioni sociali e sanitarie delle popolazioni a rischio, come per qualunque altra infezione umana”, sottolinea Roberto Romi, Primo ricercatore del Dipartimento di malattie infettive, Istituto superiore di sanità.