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Maternità sul lavoro: per il 90% dei dipendenti non è un ostacolo

Indagine della Sapienza di Roma su 4.000 dipendenti di grandi aziende private

imagesSono stati resi noti i risultati preliminari di un’indagine della Sapienza di Roma su un campione di quasi 4.000 persone (dipendenti di grandi aziende private) per comprendere le attitudini personali verso la gravidanza e la maternità in ambito lavorativo. L’obiettivo è anche valutarne empiricamente l’impatto sulle donne lavoratrici dipendenti, sui colleghi di lavoro e sulle organizzazioni di appartenenza. Qual è la percezione della relazione tra livello di produttività sul lavoro, gravidanza e maternità?  È possibile conciliare lavoro, carriera e maternità?  Le donne lavoratrici in gravidanza sono a rischio discriminazione? Le donne che lavorano, come vivono la loro gravidanza in azienda? Le attuali previsioni legislative sono adeguate rispetto alle esigenze delle donne in gravidanza? Come dovrebbero comportarsi le aziende?

Questi, in sintesi, alcuni dei quesiti contenuti in un’indagine della Sapienza di Roma i cui risultati preliminari (circa 700 su quasi 4000 le persone finora intervistate) sono stati presentati a Roma al Centro Nazionale delle Ricerche (CNR), in occasione dell’evento “Donna, salute e lavoro” promosso dai docenti dei dipartimenti di Diritto ed Economia delle Attività Produttive, di Ginecologia ed Ostetricia e di Management della Sapienza Università di Roma.

Un confortante  90% degli intervistati (il totale è costituito per il 46% da donne, di cui il 78% con figli, e per il 54% da uomini, di cui l’81% con figli e per il 94,4% di età compresa tra i 35 e 55 anni) ritiene che la produttività della donna al lavoro non sia messa in alcun pericolo a causa della gravidanza e solo un 16% degli intervistati concorda invece con l’affermazione che la gravidanza renda la donna fisicamente limitata al lavoro, lasciando spazio ad un altro confortante 87% di intervistati che ha confermato di non aver percepito alcun tipo di diminuita efficienza e capacità sul lavoro da parte della propria collega in stato di gravidanza.

Se da un lato più squisitamente personale, l’evento gravidanza in azienda sembra venir accolto e vissuto con una certa serenità ( l’87,5% delle donne ha dichiarato di aver comunicato quasi subito la notizia a colleghi e superiori, che nel 55% dei casi hanno reagito positivamente), dall’altro, il 78% degli intervistati continua a ritenere che la maternità rappresenti un limite alle opportunità di carriera di una donna e il 49% pensa che non sia conciliabile con il lavoro quando il contesto è altamente competitivo.

In  Italia  ha dichiarato Donatella Caserta, professore ordinario di Ginecologia ed Ostetricia alla Sapienza Università di Roma e presidente del Congresso la gravidanza in età avanzata (il 34,7% delle donne partorisce dopo i 35 anni) non è dovuta solo a ragioni meramente economiche (il 99,2% del campione intervistato è assunto con contratto a tempo indeterminato), ma, piuttosto, è causata dalla paura della donna di essere tagliata fuori da ogni possibile progressione di carriera, avanzamento economico o di essere segregata ad anello debole della catena produttiva al suo rientro”.

Del resto, lo scenario complessivo resta allarmante: se da un lato, negli ultimi venti anni il numero di donne lavoratrici in Italia è cresciuto del 22,2%, in netta controtendenza rispetto a quello maschile che invece è sceso dello 0,3%, dall’altro, i dati occupazionali per coloro che decidono di affrontare la maternità, sono  decisamente sconfortanti, per non dire un vero e proprio deterrente. In Italia, infatti, la percentuale di donne ancora occupate dopo il primo figlio è del 59%1, una percentuale di gran lunga inferiore rispetto a quella delle colleghe europee; rispetto alle tedesche che sono il 74%, rispetto alle svedesi, che continuano a lavorare nel 81% dei casi e rispetto alle spagnole, che si attestano sul 63%.