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La labiopalatoschisi non fa più paura: a Pisa i massimi esperti

Una finestra sulle più avanzate tecniche chirurgiche e riabilitative e sulle modalità di approccio multidisciplinare a questa malformazione neonatale, ma anche uno spazio per le visite dei piccoli e la consulenza ai genitori. Sarà tutto questo, e molto altro ancora, il prossimo convegno sulla labiopalatoschisi, in programma a Pisa il 20 aprile alla Stazione Leopolda (inizio, alle 9), promosso dall’Aismel-Associazione italiana studio malformazioni esterne e labiopalatoschisi, che si annuncia già un appuntamento molto partecipato sia per l’incidenza della malformazione fra i nuovi nati (1:800) sia per la forte esigenza dei genitori di essere informati sul percorso assistenziale da seguire per la cura e sugli ospedali italiani specializzati nel settore, per affrontare al meglio il cammino da intraprendere. La labiopalatoschisi è una malformazione che interessa singolarmente o congiuntamente il labbro superiore e/o il palato e/o il mascellare del neonato e si manifesta con una “schisi”, ossia una fessura tra due parti che, nella vita intrauterina, non si sono unite. Alla quinta settimana di gravidanza l’embrione presenta già una testa con evidenti occhi, naso e bocca e la  fessura del labbro. Se questa fessura non si chiude alla settima settimana, si determina la labioschisi. Quanto alla bocca, aperta verso l’alto e in comunicazione con le cavità nasali, dopo l’ottava settimana si divide nella cavità superiore, nasale, e nella cavità inferiore, orale. Se alla dodicesima settimana la divisione è incompleta, si produce la palatoschisi. Le schisi del labbro e del palato sono dunque causate dalla mancanza di chiusura di fessure che, nelle prime settimane di gravidanza, sono normalmente presenti. Ne deriva che la schisi separa strutture che non si sono unite, ma che sono presenti. Quindi, la riparazione chirurgica consisterà non nell’aggiungere qualcosa per colmare un difetto, ma nel ricercare sui due margini della schisi le varie strutture che non si sono unite (cute, muscoli, osso), portarle al loro posto e riunirle nella maniera migliore. E’ difficile stabilire con esattezza le cause di tali malformazioni, che possono essere isolate o facenti parte di una sindrome più complessa. In ogni caso, le schisi sono determinate da fattori ambientali (farmaci o malattie durante la gravidanza) o genetici-ambientali (interazione fra predisposizione genetica e ambiente). Quanto alla possibilità di ripetizione dell’evento nelle famiglie con già un figlio con schisi, il rischio va dal 2 al 4% (fino al 10-12% in caso di più di un familiare colpito). Un  genitore con schisi ha una probabilità del 2-5% di avere prole con schisi (in presenza anche di un parente di I grado con lo stesso problema, il rischio aumenta fino al 10-20%). Infine, i fratelli sani di una persona con schisi hanno circa l’1% di probabilità di avere un figlio con schisi; tale rischio aumenta fino al 5-6% se in famiglia c’è più di un soggetto affetto. E’ importante pertanto una valutazione genetica, in presenza di casi in famiglia.  Nelle forme semplici di labioschisi (solo labbro, senza  interessamento del palato, né dell’osso mascellare, né della gengiva), la bocca appare fessurata in parte o completamente; l’interessamento può essere monolaterale o bilaterale, può essere coinvolto più o meno il naso. Nella palatoschisi, invece, esiste la forma che interessa solo il palato molle (posteriore), e quella che coinvolge anche il palato osseo (anteriore). Esiste poi una forma particolare di palatoschisi, la palatoschisi sottomucosa, in cui il palato sembra chiuso ma i muscoli sono separati. Anche in tal caso l’intervento, che consiste soprattutto nel rimettere a posto i muscoli del palato. La palatoschisi può essere associata alla labioschisi, da cui labiopalatoschisi, ma può anche presentarsi come una malformazione unica. Ciascun atto chirurgico – di labioplastica o palatoplastica, entrambi in anestesia generale – comporta in media poco meno di una settimana di ricovero, insieme alla mamma che accudirà il piccolo. A seconda della gravità dei casi, è possibile che la riparazione completa avvenga attraverso più interventi chirurgici successivi, dilazionati nel tempo. I tempi di protocollo variano in base alla tecnica utilizzata dal chirurgo. E’ importante che i pazienti vengano indirizzati da subito in centri altamente specializzati e multidisciplinari, in quanto devono essere seguiti da diverse figure professionali (ortodontista, logopedista, otorino, pediatra, neonatologo…) ed è di fondamentale importanza anche conoscere come trattare questi neonati nei primi giorni di vita, anche per ciò che riguarda l’alimentazione e le eventuali problematiche connesse, tutti elementi che incidono per poter raggiungere il miglior risultato. A questi interrogativi dei genitori il convegno offrirà risposte esaurienti e documentate. Saranno presenti esperti provenienti dai vari centri italiani specializzati nella cura della labiopalatoschisi, compresa l’Aoup, dove esiste una lunga tradizione e casistica di interventi, con un percorso assistenziale dedicato che coinvolge uno staff multidisciplinare (per informazioni: 050 996777 – dalle 8 alle 9, dal lunedì al venerdì). L’Aismel, costituitasi a Pisa nel 2007 per volontà di un gruppo di genitori e di alcuni medici, intenzionati a proseguire ed estendere la precedente esperienza maturata dalla Associazione toscana per la labiopalatoschisi (1994), mira a promuovere la conoscenza e favorire la diffusione di una corretta informazione sulle malformazioni congenite esterne e le labiopalatoschisi, offrendo un valido sostegno psicologico ai genitori e familiari dei bambini, rassicurandoli fin dal momento più delicato della nascita o della diagnosi prenatale poiché la testimonianza di chi ha già vissuto situazioni analoghe, e superato i principali problemi connessi alla malformazione, risulta spesso molto più rassicurante di qualsiasi spiegazione scientifica (di Emanuela del Mauro).