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La crisi “morde” la salute dei bambini: intervista a Mario De Curtis, Ordinario di Pediatria dell’ Università di Roma Sapienza

I  figli di madri straniere più a rischio di parto prematuro anche per carenza di cure prenatali: indagine nel Lazio su 300mila nati.  I dati del Policlinico Umberto I di Roma:  i nati riconosciuti solo dalla madre hanno una frequenza doppia di disturbi respiratori e maggiore necessità di terapia intensiva rispetto a quelli riconosciuti da entrambi i genitori.Contrastare l’abbandono dei neonati con una maggiore informazione sul ‘parto anonimo’ in ospedale: negli ultimi 5 anni a Roma salvati 237 bambini.La recente crisi economica, che da qualche anno sta interessando anche l’Italia, ha determinato un aumento della povertà ed un peggioramento delle condizioni sociali . Sempre più numerose sono le persone che perdono il lavoro e si indebitano per l’acquisto di beni di prima necessità. La vita è divenuta per molti più precaria e conflittuale anche per l’aumento degli sfratti e condivisione di spazi abitativi con persone estranee. Tutto questo, se è destabilizzante per un adulto, diventa particolarmente grave per un bambino, e questa condizione non può che riflettersi inevitabilmente sulle sue condizioni di salute e sul suo sviluppo psicofisico.

Ne parla, al 69mo Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria che si terrà a Bologna dall’8 al 10 maggio prossimi il Prof. Mario De Curtis, Ordinario di Pediatria dell’ Università di Roma  Sapienza.

 In che modo la crisi economica influisce sulla salute dei bambini? Purtroppo influisce  non solo per ciò che riguarda l’acquisizione di beni di prima necessità ma anche per un decadimento delle condizioni generali di igiene e alimentazione. I bambini che vivono in famiglie povere vanno incontro più frequentemente ad infezioni, soprattutto quelle che coinvolgono l’apparato respiratorio e gastrointestinale, disturbi di crescita, anemia, carenze nutrizionali, asma, otiti, carie dentali, disturbi psicologici, comportamentali ed anche psichiatrici.

Inoltre la sopravvivenza per malattie croniche, come per esempio la fibrosi cistica, che ha un’incidenza simile in tutti i gruppi sociali, è minore nelle famiglie con un più basso livello socioeconomico e l’entità di questo effetto non si è sostanzialmente ridotta negli ultimi anni.

Sicuramente un reddito familiare troppo basso non permette di garantire ai minori un pieno sviluppo fisico, psichico, intellettuale e sociale. La disoccupazione, la precarietà del lavoro, i bassi salari, l’inadeguata istruzione, l’insufficiente aiuto alle madri ed ai bambini, la discriminazione razziale, la mancanza di una casa e soprattutto di una prospettiva a lungo termine sono tutte condizioni che contribuiscono a minare lo stato di salute del bambino ed un suo sviluppo normale.

E’ possibile quantificare il numero di minori che vivono in condizione di povertà?

Oggi in Italia sono circa 1,8 milioni i bambini ed i ragazzi che vivono in famiglie in condizioni di povertà relativa e più di 700 mila quelli che vivono in condizioni di povertà assoluta, cioè in famiglie prive di quei beni essenziali per il conseguimento di uno standard di vita minimamente accettabile (ISTAT 2012). Nel 2011, rispetto all’anno precedente, le famiglie in povertà assoluta con presenza di bambini sono aumentate da 365 a 440 mila. Nello stesso periodo è cresciuto il divario tra povertà assoluta nelle famiglie con bambini rispetto al totale delle famiglie italiane (+0,5%). La povertà minorile è particolarmente evidente nelle regioni meridionali. Infatti in Italia circa 2 minori su 3 in povertà relativa e più di 1 su 2 in povertà assoluta vivono nel Sud.

Esiste poi la categoria dei ‘neonati a rischio sociale’ quelli che non potranno  ricevere dalla famiglia e/o dall’ambiente in cui vivranno quelle risorse morali, materiali e culturali tali da permettergli uno sviluppo adeguato.

La povertà può incidere sulla salute ancor prima della nascita?

I nati da donne che, per condizioni socioeconomiche svantaggiate, hanno difficoltà di accesso ai servizi sanitari in gravidanza e sono esposti ad un rischio maggiore di malattia.

Un esempio tipico di questa situazione è rappresentato dai nati da madri straniere. Un’ampia indagine, effettuata nel Lazio su circa 300.000 nati, ha evidenziato che il rischio di partorire un neonato molto prematuro è più frequente per le donne straniere e soprattutto per  quelle provenienti dalle zone più povere come l’Africa occidentale e sub sahariana. Le donne straniere, pur essendo più giovani delle donne italiane al momento del parto e quindi teoricamente a minore rischio, partoriscono più frequentemente neonati pretermine, con un basso peso alla nascita e con problematiche cliniche.

Quali sono le cause di questo fenomeno?

Si può ipotizzare che l’ aumento del rischio dipenda da una serie di condizioni legate allo svantaggio sociale, economico e culturale delle madri durante la gravidanza (attività lavorativa meno garantita e più pesante, alimentazione incongrua, carenti condizioni igieniche ed abitative, cure ostetriche tardive o inadeguate). Una parte significativa della patologia pre e postnatale in questa popolazione a rischio potrebbe essere prevenuta con un’ organizzazione dell’assistenza materno infantile più adeguata. E’ essenziale garantire a tutte le donne e ai loro figli la piena equità di accesso ai servizi durante la gravidanza e al parto, senza differenze di etnia e stato sociale, con pari dignità e garanzia di sicurezza. Sotto questo aspetto la legislazione italiana garantisce pienamente il diritto all’assistenza per gravidanza e parto. Si avverte però  la necessità di migliorare l’informazione sui servizi forniti alle donne durante la gravidanza anche al fine di superare quella diffidenza che può portare molte donne a non sottoporsi a controlli ostetrici durante la gravidanza ed avere uno stile di vita nocivo.

Un’ altra condizione di rischio per il neonato è rappresentata dal mancato riconoscimento alla nascita da parte di entrambi i genitori. I bambini riconosciuti solo dalla madre presentano problematiche particolari?

Al Policlinico Umberto I di Roma, dove nascono ogni anno circa 2000 nati, negli ultimi 7 anni 205 bambini sono stati  riconosciuti alla nascita solo dalla madre. Questi bambini, che in più della metà dei casi (52%) erano figli di donne straniere, hanno presentato problemi clinici nel periodo neonatale con una frequenza maggiore di quella osservata in bambini riconosciuti da tutti e due i genitori. La frequenza di disturbi respiratori e la necessità di terapia intensiva era circa doppia (11 vs 6,2% e 13,2 e 7,3%). Ugualmente in questi bambini più frequente era la prematurità (28,8 vs 17,6 %) ed un peso alla nascita < 1500 grammi (6,8 vs 3,6%).

Alcune situazioni di disagio sociale ed economico possono portare all’abbandono del proprio figlio, come hanno mostrato alcuni fatti di cronaca. Come contrastare questo fenomeno?

La pubblicizzazione delle norme sul parto in sicurezza  in ospedale piuttosto che la creazione di sempre nuove “ruote degli esposti” negli ospedali potrebbe assicurare un futuro più sicuro per tanti neonati. Il parto in ospedale offre infatti  un’adeguata e tempestiva assistenza alla mamma ed al neonato. La legge italiana consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’Ospedale dove è nato (DPR 396/2000, art. 30, comma 2) affinché ne sia assicurata l’assistenza e la tutela giuridica. Il nome della madre rimarrà per sempre segreto. Nella dichiarazione di nascita del bambino risulterà “nato da donna che non consente di essere nominata”. In questo modo il bambino viene riconosciuto dalla nostra legge come “persona”, gli viene attribuita la capacità giuridica, cioè la titolarità del diritto all’identificazione, al nome, alla cittadinanza, alla certezza di uno status di filiazione, all’educazione e alla crescita in famiglia. L’immediata segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minori della situazione di abbandono permette l’apertura di un procedimento di adottabilità. In questo modo tali bambini hanno garantito il diritto a crescere e ad essere educati in una famiglia nella quale assumono lo status di figlio legittimo. Nel comune di Roma negli ultimi cinque anni 237 neonati sono stati lasciati in ospedale e, grazie alle norme legislative vigenti, sono andati in adozione (dati forniti dal Dipartimento Promozione dei Servizi Sociali e della Salute di Roma Capitale).

 Bibliografia

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3.Reading R. Poverty and the health of children and adolescents. Arch Dis Child 1997; 76 (5): 463-7
4.http://www.istat.it/it/archivio/66983
5.http://atlante.savethechildren.it

6.De Curtis M, Moscarini M.  Concerns in Italy over mother-child health care after the security plan. The Lancet 2008, Aug 9; 372 (9637):448.
7. Cacciani L, Asole S, Polo A et al. Perinatal outcomes among immigrant mothers over two periods in a region of central Italy. BMC Public Health 2011, 11: 294

8.De Curtis M, Lucchini R. It’s time for a new healthcare policy in Italy to improve prognosis of newborns of immigrant parents. British Medical Journal 4 April 2010

http://www.bmj.com/content/340/bmj.c468.short/reply#bmj_el_233878

9.De Curtis M. Universal health coverage and children of immigrants in Italy. Lancet 2012 380(9854):1644-5