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Febbri Periodiche autoinfiammatorie: come riconoscerle e come curarle

140907-1900-ricerca-medico400 «Le Febbri Periodiche autoinfiammatorie – afferma la Prof.ssa Romina Gallizzi, Unità Operativa Complessa di Genetica e Immunologia Pediatrica dell’Università degli Studi di Messina – sono condizioni molto rare e di recente descrizione e proprio per questo motivo un ritardo nella diagnosi è molto comune. Sono caratterizzate da episodi febbrili ricorrenti, che insorgono acutamente, di breve durata associati a dolori addominali, dolore toracico, interessamento articolare, manifestazioni cutanee tipo rash, mialgie, pericardite, afte orali, splenomegalia, meningite asettica. La cosa peculiare è che nell’intervallo tra un attacco e l’altro, i pazienti possono godere di buona salute. Sono malattie che non influenzano, se non nelle forme più gravi, la durata della vita ma sicuramente ne mettono a dura prova la qualità. E’ importante che queste malattie vengano riconosciute e che venga effettuata una diagnosi in tempi brevi per evitare l’insorgenza di eventuali complicanze tra cui quella più seria è l’amiloidosi».

La Febbri Periodiche autoinfiammatorie si manifestano di norma nell’infanzia e più raramente in età adulta. «La diagnosi ─ spiega il Dottor Corrado Mammì, Responsabile della U.O.S. di Genetica Molecolare della U.O.C. di Patologia Clinica, Microbiologia e Virologia, Genetica Medica diretta dal Dott. Carmelo Laganà dell’Azienda Ospedaliera “Bianchi-Melacrino-Morelli” di Reggio Calabria ─ oltre al quadro sintomatologico che è simile per tutte le febbri periodiche con differenziazioni specifiche per tipologia di febbre, viene confermata dall’indagine genetica che può essere effettuata solo in centri specializzati ed ad alto contenuto tecnologico come il nostro».

Il dolore, durante una “crisi” è spesso estremamente intenso. In alcuni casi l’episodio della malattia si estingue spontaneamente, per ripresentarsi però a intervalli che variano da una settimana a qualche mese, lasciando il paziente in uno stato di spossatezza che crea spesso ansia, legata all’attesa di un nuovo inevitabile e imprevedibile “attacco”.

«Attualmente – prosegue la Prof.ssa Gallizzi – per questi pazienti esistono vari tipi di terapie che possono migliorare il quadro sintomatologico evitando le complicanze ed attualmente sono disponibili, anche sul territorio Italiano, farmaci biologici (come Canakinumab) in grado di controllare l’evoluzione della malattia stessa eliminando o riducendo l’insorgenza degli episodi».

La Febbre Mediterranea Familiare, è la più diffusa tra queste malattie, tipica nel Sud-Est del Mediterraneo, nonostante sia una malattia rara, ha una prevalenza di soggetti affetti variabile tra 1/200 e 1/1.0001 Particolarmente diffusa in Italia, Grecia e Spagna, è chiamata anche “Febbre dello Stretto“, poiché metà dei casi italiani, si registra tra le province di Messina e Reggio Calabria.2

L’aggettivo Mediterranea definisce la caratteristica di questa patologia rara, una malattia comparsa nel 2.500 avanti Cristo e che tradizionalmente ancora oggi colpisce le popolazioni della parte orientale del bacino del Mediterraneo, in particolare armeni, ebrei, turchi, arabi e greci. In Italia sono due le aree con la maggiore frequenza della malattia: la zona geografica corrispondente all’antica Magna Grecia e l’area intorno a Roma, per l’influenza della comunità ebraica e della migrazione mediorientale nei secoli dell’Impero.  

Chi è affetto da Febbre Periodica Autoinfiammatoria, sin dall’infanzia, soprattutto prima di avere avuto la diagnosi certa, vive quasi in una condizione di “disabilità permanente”, dovendo fare i conti con difficoltà quotidiane, di studio, di lavoro, con una compromissione importante della qualità di vita.

«Fino a qualche anno fa, le persone con FMF rischiavano di subire una discriminazione quasi automatica – conclude Paolo Calveri, paziente affetto da FMF e Presidente AIFP – Oggi con il trattamento farmacologico e con i progressi che la ricerca scientifica sta facendo la qualità della vita è migliorata. E, soprattutto, si è sgombrato il campo da uno stigma pericoloso, che considerava la persona affetta da febbri periodiche come un malato immaginario».

Per segnalare il forte legame tra la patologia ed il territorio, AIFP ha realizzato il video educativo e informativo “Scilla, il mito della Febbre Mediterranea Familiare“, realizzato con l’aiuto della compagnia artistica DOYOUDaDA e basato su un testo ideato dalla dott.ssa Micaela La Regina, Dirigente Medico presso la ASL n°5 di La Spezia.

La sceneggiatura intreccia la patologia al mito della ninfa Scilla. Una genealogia fantastica viene immaginata, personificando le cause e le cure negli Dei dell’Olimpo. Scilla, la bellissima ninfa che si bagna nello stretto di Messina, subisce la vendetta della maga Circe e del dio Efesto. La figlia Melaina è il paziente zero. Ermes, impietosito dalle lacrime di Melaina, sacrifica il suo dito destro per alleviare i dolori della piccola. E infatti la radice da cui si estrae la colchicina, uno dei pochi trattamenti oggi disponibili per questa patologia, era chiamata dai greci proprio “dito di Ermes”.

«Da sempre sosteniamo l’importanza della comunicazione e della sensibilizzazione su questi temi di difficile impatto – afferma Domenica Taruscio, Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità – e abbiamo scelto di essere al fianco di quest’importante iniziativa perché i bisogni che emergono da tali patologie diventino priorità per la Sanità pubblica in termini di ricerca e assistenza».