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E’ ufficiale: l`Italia ha il suo Piano Nazionale Diabete

Finalmente pubblicato in Gazzetta l’accordo tra Governo, Regioni e Provincie autonome di Trento e Bolzano sul documento recante il “Piano per la malattia diabetica”. Si conclude con la pubblicazione in GU l’iter del Piano Nazionale sul Diabete (PND).  A distanza di 26 anni dalla legge 115 del 1987, con la quale per prima l’Italia si dotava di una legge di indirizzo sul diabete – allora salutata come ‘pionieristica e illuminata’ – vede ora la luce un Piano Nazionale Diabete che risponde ai recenti indirizzi ai quali la Comunità Europea ha chiesto a tutti gli Stati Membri di aderire. Questi i principali obiettivi del PND italiano:

  1. Si ribadisce la necessità di un’efficace opera di prevenzione del diabete e delle sue complicanze già sancito dalla Conferenza Stato-Regioni  (29 aprile 2010).

Il numero di persone con diabete è in aumento in tutto il mondo ma anche nel nostro paese quale conseguenza di aumento dell’obesità (soprattutto infantile), perdita delle tradizioni alimentari (dieta mediterranea), riduzione dell’attività fisica e aumento della sedentarietà. Attualmente il numero di persone con diabete (dati 2011) è di 3 milioni, soprattutto diffuso tra le classi meno abbienti e con una maggiore prevalenza al Sud (http://www.istat.it/it/archivio/71090). Nel 2009 il diabete è stato riconosciuto causa di morte in quasi 21.000 casi ma è concausa di morte in altri 72.000 casi. La probabilità di ricovero ospedaliero è doppia nella persona con diabete rispetto a quella senza malattia (http://www.cineca.it/it/pubblicazione/osservatorio-arno-diabete-il-profilo-assistenziale-della-popolazione-con-diabete).

 “Un’efficace prevenzione – afferma il professor Stefano Del Prato, presidente della Società Italiana di Diabetologia, SID – è fondamentale per ridurre l’impatto del diabete sull’individuo e sulla collettività. Quest’azione non può non partire che da un miglioramento della consapevolezza dei rischi ma anche delle possibilità di prevenzione a livello di popolazione generale. Il PND rappresenta un importante punto di riferimento di queste azioni che auspichiamo vengano attivate a tutti i livelli a partire dalle generazioni più giovani che sono quelle a rischio di pagare uno scotto maggiore”.

  1. Omogeneizzare le azioni Regionali e locali fornendo indicazioni per il miglioramento della qualità dell’assistenza, in linea con l’evoluzione registrata in ambito scientifico e tecnologico e con nuovi modelli organizzativi diffusi in vaste aree del territorio

Paradossalmente esiste una drammatica correlazione tra prevalenza della malattia e quindi necessità di intervento valido e erogazione di adeguata assistenza essendo questa meno efficace proprio là dove maggiori sono i casi di diabete. Diventa quindi fondamentale conoscere i numeri (persone con diabete, accessi ai servizi sanitari, prevalenza delle complicanze, uso di farmaci…..) al fine di monitorare e adeguare gli interventi. Iniziative come quelle avviate dalla Società Italiana di Diabetologia in collaborazione con CINECA e sfociate con la pubblicazione del Rapporto ARNO Diabete che analizza i dati relativi ad oltre mezzo milione di persone con diabete possono fornire un utile strumento.

 “La necessità di un registro certo che monitorizzi in modo adeguato prevalenza e bisogni per la gestione delle persone con diabete – sostiene il professor Del Prato – deve essere considerato prioritario nell’ottica di un processo di omogeneizzazione sul territorio nazionale. Una figura rinnovata di Specialista in Diabetologia capace di svolgere il ruolo di riferimento nella rete di gestione della patologia diabetica diventa essenziale ai fini dell’adeguamento degli standard di cura con l’evoluzione scientifica e organizzativa”.

  1. Implementare un modello di sistema integrato, proiettato verso un disegno reticolare multicentrico, mirato a valorizzare la rete specialistica diabetologica sia tutti gli attori della assistenza primaria.

Il nostro Paese è uno dei pochi dotati di una rete specialistica sufficientemente diffusa e tale da avere garantito risultati importanti per la prevenzione delle complicanze. In piena sintonia con il PND la Società Italiana di Diabetologia ha già da tempo proposto l’istituzione di un Hub-spoke system sulla base dei bacini di utenza. La popolazione diabetica gestita dalla Medicina Generale avrebbe servizio specialistico di riferimento ogni 100-150.000 a sua volta coordinato da un centro di riferimento regionale.

 L’obiettivo – spiega il professor Del Prato – è quello di porre la persona con diabete in una posizione centrale a un processo capace di rispondere ai vari di gradi di complessità che la situazione clinica presenta. Una specie di griglia che scorre attorno alla persona con diabete per bloccarsi là dove l’esigenza emerga”.

 “Il Piano Nazionale del Diabete – commenta il professor Del Prato – rappresenta un’occasione unica per garantire un livello di cura quanto più omogeneo possibile sull’intero territorio nazionale. Questo livello di cura dovrà essere garantito attraverso l’integrazione di tutti gli attori che partecipano all’assistenza della persona con diabete. Proprio a questo processo di integrazione può contribuire la figura di un moderno Specialista Diabetologo, cioè quella figura di professionista che non solo si fa carico delle situazioni più complesse ma garantisce anche l’evoluzione del processo sulla base delle innovazioni scientifiche e organizzative. Proprio per la sua importanza si auspica che il PND non rimanga ultimo atto di una legislatura ma punto di partenza di un lavoro comune capace di rispondere alle esigenze di milioni di cittadini italiani”.

 LA SITUAZIONE IN EUROPA

Di recente l’Unione Europea ha lanciato un’azione congiunta contro le malattie croniche (UE Joint Action on Chronic Diseases) e ha preso il diabete mellito tipo 2 come modello per studiare quali siano gli ostacoli a prevenzione, screening e trattamenti efficaci. L’Unione Europea era già in precedenza intervenuta per porre l’accento sulla crescente dimensione del problema e le potenziali implicazioni anche economiche della gestione di malattie croniche, in particolare il diabete. In quest’ottica la UE aveva anche recentemente invitato tutti gli Stati Membri a dotarsi di un Piano Nazionale sul Diabete e favorire tutte le azioni per la prevenzione della malattia. Ora la UE prende l’iniziativa e si propone come promotrice di un’azione di supporto per l’implementazione dei singoli Piani Nazionali.

“Dal punto di vista italiano – commenta il professor Stefano Del Prato – quest’azione risulta particolarmente tempestiva perché è proprio di pochi giorni fa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’accordo tra Governo, Regioni e Provincie autonome di Trento e Bolzano sul Piano Nazionale del Diabete (PND). Questo documento dovrebbe diventare il riferimento dei vari sistemi regionali ai fini di una maggiore omogeneizzazione delle azioni di prevenzione e di gestione del diabete. La contemporaneità della promulgazione del documento italiano con quello europeo rappresenta un’opportunità importante per fare evolvere il sistema di gestione della persona con diabete.

I due documenti hanno alcuni punti in comune, in particolare il posizionamento della persona con diabete al centro del processo gestionale non tanto come oggetto di prestazioni erogate quanto invece come primo gestore del proprio stato. Infatti, sia il PND che la Joint Action enfatizzano la necessità di migliorare l’educazione della persona con diabete attraverso un processo di empowerment, cioè un processo che lo renda cosciente e capace di un sufficiente grado di autogestione e di efficace interazione con il mondo sanitario.

Ritengo peraltro che il processo di empowerment non possa non passare da un miglioramento della consapevolezza sul problema diabete a livello di popolazione generale. Tale consapevolezza oltre a facilitare l’implementazione delle azioni di prevenzione e screening, rappresenta anche la migliore opportunità per una diagnosi e una cura tempestiva. Siamo anche certi che questa Azione Comunitaria, alla quale l’Italia ha già aderito, fornirà lo spunto per una rinnovata attività di ricerca sia clinica che gestionale capace di valutare la possibilità di elaborare non solo nuove strategie di prevenzione e di cura ma anche di modelli originali di organizzazione dell’assistenza diabetologia”.

LA JOINT ACTION ON CHRONIC DISEASES DELL’UNIONE EUROPEA

  • L’Unione Europea dichiara guerra alle malattie croniche e prende il diabete come modello per sviluppare piani di intervento (per la prevenzione, la diagnosi precoce, il trattamento, la comunicazione e l’empowerment dei pazienti) da calare poi nella realtà dei piani diabete nazionali dei singoli stati membri
  • La UE Joint Action on Chronic Diseases è un programma finanziato dall’Unione Europea, che coinvolge la Commissione Europea e il Consiglio Europeo attraverso gli Stati membri; i progetti della Joint Action dureranno fino a tre anni e a sostegno dell’iniziativa sono stati stanziati 5 milioni di Euro. Sono 25 i Paesi della UE che hanno aderito al progetto (Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Regno Unito)
  • Cosa attendersi da questo lavoro: una piattaforma flessibile per raccogliere e diffondere esempi di buone pratiche per affrontare le malattie croniche, una raccolta di buone pratiche su come affrontare il diabete di tipo 2 e, a partire da queste, la messa a punto di strategie di intervento e suggerimenti su come costruire dei piani diabete nazionali
  • Particolare attenzione verrà riservata alla comunicazione del diabete alle persone a rischio e ai pazienti, oltre che all’empowerment del paziente. L’educazione e la comunicazione diventano armi di prevenzione e migliorano l’autogestione di questa condizione