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Chirurgia plastica: troppe cause ingiustificate di risarcimento

Se l’intenzione è quella di dare una tutela maggiore ai pazienti, il rischio è che la professione medica sia chiamata ad affrontare una situazione insostenibile. L’Associazione Italiana Chirurgia Plastica Estetica – AICPE denuncia la difficile situazione che si sta creando attorno ai medici e, in particolare ai chirurghi plastici estetici, ai quali dal prossimo 13 agosto sarà richiesto l’obbligo di una polizza di responsabilità civile per poter operare. «Con lo scopo di tutelare maggiormente i pazienti, non si tutela però la professione medica. Il rischio è di alimentare una spirale capace di incentivare le azioni legali immotivate e far incrementare enormemente i costi che i medici devono sostenere», afferma Giovanni Botti, presidente di AICPE. «L’introduzione dell’assicurazione obbligatoria, che avrebbe dovuto calmierare le polizze, sta solamente facendo innalzare i loro costi oltre ogni misura accettabile. Così molti saranno costretti a smettere di lavorare». Del resto le cause mediche sono aumentate in modo quasi esponenziale: in Italia si aggirano intorno alle 30mila l’anno, tre volte più di 10 anni fa, con conseguente impennata dei premi assicurativi che hanno avuto un incremento del 600%.

Nel campo della chirurgia plastica estetica le cause vengono intentate perché il paziente si ritiene vittima di un errore o semplicemente perché non è soddisfatto del risultato finale ottenuto. «Capita spesso che pazienti che non hanno avuto alcun danno, anzi hanno ottenuto solo miglioramenti, provino comunque a far causa perché, in sede di tentativo di conciliazione, anche solo ottenere di non pagare l’intervento è già un bel guadagno. Non di rado vengono chiesti rimborsi stratosferici per presunti danni, che spesso sono lievissimi o addirittura non esistono, oppure si presentano denunce penali per lesioni. Nella maggior parte dei casi non si arriva ad una sentenza: l’assicurazione cerca un accordo economico». E come conseguenza diretta c’è l’aumento dei premi «che possono anche superare i 20mila euro l’anno, con franchigie da 20-25 mila euro, che restano a carico del chirurgo», osserva Botti.

Affiancandosi alle iniziative avviate da altre associazioni di medici, AICPE presenterà nei prossimi giorni un’istanza al Governo affinché la situazione possa essere normata in modo più chiaro. Come preannuncia il presidente di AICPE: «È giusto tutelare i pazienti. Riteniamo sia altrettanto giusto però anche permettere ai professionisti di poter lavorare serenamente e senza dover sostenere dei costi esorbitanti. Chiediamo che si trovi il modo di bloccare questi “furbi”: coloro che si rivolgono ad avvocati e tribunali solamente nella speranza di poter ottenere un risarcimento economico, pur sapendo di non aver subito alcun danno; un comportamento che fin dall’inizio viene condotto in malafede. Non desideriamo affatto giustificare i colleghi che sbagliano, ma vogliamo che il Governo intervenga per far cessare il malcostume dei contenzioni ingiustificati e sia affrontata e regolata la problematica assicurativa. Il quadro verso il quale ci stiamo dirigendo, purtroppo, delinea una situazione che sarà difficilmente sostenibile per noi e che pone una serie di gravi ostacoli ai giovani che si vogliono aprire a questa professione. Come associazione abbiamo insistito fin dall’inizio sull’importanza della professionalità dei nostri iscritti quale elemento di garanzia nei confronti dei pazienti. Purtroppo ora davanti a costi insostenibili la scelta non può essere che, nella migliore delle ipotesi, quella di andare all’estero. O di abbandonare la professione».