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Lavorare Con Il Cuore: welfare aziendale e prevenzione, un binomio possibile.

 Il numero di persone che si ammalano ogni anno di patologie cardiocircolatorie è in costante aumento e l’impatto del rischio è significativo. Le malattie cardiovascolari rappresentano, infatti, la prima causa di morte in molti paesi Europei e si prevede che nel 2030 i decessi annui aumenteranno da 17 a 23 milioni. Sono circa 21 i miliardi di euro spesi ogni anno in Italia per queste patologie (tra costi diretti e indiretti) e, dell’impatto socio-economico, con particolare riferimento al mondo del lavoro, si è parlato  a Roma presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in occasione dell’evento “Insieme al mondo del lavoro per ridurre la mortalità delle malattie cardiovascolari” promosso dalla Fondazione Italiana per il Cuore (FIpC).

LA CAMPAGNA “LAVORA CON IL CUORE” – Alla luce dell’impatto di queste patologie sulla vita lavorativa e dei costi previdenziali che ne derivano, oltre che in considerazione della recente manovra finanziaria che, con la legge di stabilità 2017, potenzia il ruolo del welfare aziendale (sia in realtà pubbliche che private) risulta sempre più evidente come aziende e istituzioni ricoprano un ruolo centrale nella promozione della salute, a partire da quella dei propri dipendenti. “La promozione di una sempre più forte cultura della prevenzione cardiovascolare è un passo fondamentale verso un approccio congiunto tra aziende e istituzioni e più efficace a queste patologie in costante aumento – afferma la Emanuela Folco, Presidente Fondazione Italiana per il Cuore (FIpC) – come Fondazione ci siamo sempre posti in qualità di garante della bontà di progetti di alto valore sociale come Lavora con il Cuore. Per proseguire in questo percorso – prosegue Folco – è imprescindibile la collaborazione e l’alleanza con altri gruppi che condividono con noi gli stessi scopi. Proprio in questi giorni si è concluso il lungo percorso dei LEA dove il Ministero della Salute ha voluto consolidare non solo sugli assistiti ma sulle singole persone la sua attenzione sulla salute del cittadino.”

Circa 550 le persone coinvolte dalla campagna nazionale “Lavora con il Cuore”, promossa dall’Associazione Fondazione Italiana per il Cuore e Ministero del Lavoro ma il 21% non era consapevole di avere fattori di rischio cardiovascolare aumentato

“Lavora con il Cuore” è la campagna di prevenzione avviata nel 2015 dalla Fondazione Italiana per il Cuore, in condivisione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’intento di valutare i principali fattori di rischio cardiovascolare tramite un semplice test del sangue. “L’alleanza tra il mondo del Lavoro e la Salute è fondamentale per contribuire alla tutela della salute dei cittadini – commenta l’Onorevole Luigi Bobba, Sottosegretario di Stato del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – L’iniziativa portata avanti nel 2015 e nel 2016 in condivisione con la Fondazione Italiana per il Cuore ha rappresentato un grande esempio di sensibilizzazione della popolazione sull’importanza di adottare stili di vita corretti, attivando un circolo virtuoso: avere collaboratori in salute migliora l’ambiente di lavoro, riduce i costi e incrementa efficienza e produttività.”

“Tra dicembre 2015 e febbraio 2016, infatti, la campagna si è svolta nelle sedi centrali del Ministero del Lavoro a Roma, e ha coinvolto circa 550 persone (25,8% uomini e 74,2% donne), il 56% dei dipendenti, con ottimi risultati in termini di informazione e sensibilizzazione – afferma Stefania Cresti, Direttore Generale, Direzione Generale per le Politiche del Personale, l’Innovazione Organizzativa, Il bilancio-UPD, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Roma – A dimostrazione del fatto che il mondo del lavoro rappresenta un’area privilegiata per iniziative di questo tipo, ricordiamo che il 10,5% delle persone coinvolte non aveva alcuna conoscenza dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari ma un 35% era composto da fumatori o ex fumatori, un 20% con stile di vita sedentario, e che circa il 21% ha scoperto in quella occasione di presentare fattori di rischio cardiovascolare aumentato”.

Inoltre, dalle valutazioni effettuate sui dati della campagna in collaborazione con il Servizio Prevenzione e Protezione del CNR di Roma e la Società Italiana Studio Arteriosclerosi sezione Lazio, è emerso che il 98% dei lavoratori intervenuti ha giudicato molto positiva l’iniziativa affermando, nell’81% dei casi, che la campagna ha permesso di migliorare le proprie conoscenze sui fattori di rischio cardiovascolari. Il 97% ha dichiarato che avrebbe tenuto conto dei consigli ricevuti e ben il 68,5% si è detto intenzionato a parlarne con il proprio medico.

“Con particolare riferimento alle considerazioni sui fattori di rischio cardiovascolare, la campagna ha permesso di evidenziare che il 15% dei soggetti era iperteso, il 44% presentava alti livelli di colesterolo nel sangue, il 23% fumatore, il 20% non svolgeva alcuna attività fisica e il 44% era in sovrappeso, di cui l’11% obeso – afferma Roberto Volpe, Ricercatore, Servizio di Prevenzione e Protezione, Consiglio Nazionale delle Ricerche-CNR di Roma – La bontà di iniziative come questa e l’apporto che può dare la medicina sui posti di lavoro risiede, dunque, proprio nell’opportunità di andare ad evidenziare quei fattori di rischio su cui si può e si deve agire per una migliore prevenzione”.

Oltre ai dipendenti del Ministero, sempre nel 2015-2016, la Campagna “Lavora con il Cuore” ha coinvolto i dipendenti della sede di Milano di Sanofi e quelli di UNAMSI (Unione Nazionale Medico Scientifica di Informazione) coinvolgendo complessivamente più di 870 persone. Un segno questo di come la politica di questo Ministero è stata da guida per altre realtà nel mondo del lavoro.

I COSTI E L’IMPATTO SUL LAVORO – In Italia tali costi diretti delle malattie cardiovascolari per il SSN sono di circa 16 miliardi di euro all’anno, ai quali vanno aggiunti circa 5 miliardi di euro in termini di costi indiretti calcolati principalmente come perdita di produttività. “E’ importante considerare, comunque, che i costi indiretti non comprendono solo la produttività ma anche le spese sostenute dal sistema previdenziale che è responsabile di fornire prestazioni assistenziali e previdenziali a tutte le persone affette da patologie e che

eroga pensioni di inabilità ed assegni di invalidità. – afferma Massimo Piccioni, Coordinatore Generale Medico Legale dell’INPS, Roma – Le malattie del sistema cardiocircolatorio sono, infatti, al secondo posto tra le cause di invalidità previdenziale, dopo le malattie oncologiche. Sul versante assistenziale, che riguarda invece i cittadini di tutte le età e non solo in età lavorativa, le malattie cardiovascolari rappresentano la quarta causa di morte”.

Le malattie del sistema cardiocircolatorio rappresentano una voce importante di costo tra le prestazioni previdenziali gestite dall’INPS, con 669 milioni di € all’anno spesi per assegni ordinari di invalidità e 1,2 miliardi di € per pensioni di invalidità

Da un’analisi condotta dal CEIS Sanità – Centre for Health Economics and Management (CHEM) – dell’Università Tor Vergata di Roma, in collaborazione con la banca dati INPS, le malattie del sistema cardiocircolatorio rappresentano la prima voce di costo, rispetto agli altri gruppi patologici, se consideriamo le singole prestazioni previdenziali (gli assegni ordinari di invalidità e le pensioni di invalidità previdenziali) con una spesa dal 2009 al 2015 rispettivamente di €4,7 miliardi (€669 milioni in media all’anno) corrispondente al 23%, su un totale di spesa complessiva per assegni ordinari di invalidità, e €8,8 miliardi (€1,2 miliardi in media all’anno) pari al 19%, su un totale di spesa per pensioni di invalidità.

“La spesa annuale complessiva in Italia per invalidità previdenziale ammonta a circa 10 miliardi di euro che sale a 16 miliardi per invalidità assistenziali, voci di costo per lo Stato che sono molto impegnative e comunque non esaustive in considerazione del fatto che non tengono conto dei lavoratori del settore pubblico e che mancano informazioni e dati riguardanti le assenze da lavoro per malattia – conclude Piccioni – In questo contesto è fondamentale considerare che, a costi invariati, è possibile una redistribuzione delle risorse a favore di una maggiore allocazione sul versante della prevenzione, come investimento volto ad evitare l’invalidità. Redistribuzione che noi, come Istituto, auspichiamo fortemente”.

L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE E DELL’ADERENZA ALLE TERAPIE – La prevenzione gioca un ruolo cruciale in questo quadro. Favorire politiche e azioni di prevenzione è possibile attraverso diverse azioni, tra cui, in particolare per le malattie CV, la principale è garantire l’aderenza alla terapia. E’ stato dimostrato, infatti, che una più efficace prevenzione, unita ad una migliore adesione alle terapie per coloro che sono in trattamento, è in grado di ridurre la spesa pubblica. “Uno studio (di Mennini et al., European Journal of Health Economics, 2015; 16:65-72) sull’impatto di una corretta adesione terapeutica per la cura nello studio della sola ipertensione – uno dei fattori di rischio predominanti delle malattie cardiovascolari – ha dimostrato come, all’interno di una analisi su 5 Paesi Europei, una adeguata aderenza alla terapia si associa a un miglioramento dello stato di salute dei pazienti e può far risparmiare risorse al sistema sanitario. Infatti, in una proiezione a 10 anni è stato calcolato che il raggiungimento di un livello di aderenza alla terapia del 70% in Italia (contro il solo 40-41% attualmente registrato nel nostro paese), determinerebbe un risparmio pari a circa 100 milioni di Euro. Il tutto, ovviamente accompagnato da un miglioramento dello stato di salute dei pazienti.

“Prevenzione, corretta gestione del paziente e corretta somministrazione delle tecnologie e delle terapie possono dunque incidere positivamente innanzitutto sul miglioramento dell’efficacia dell’intervento e della qualità di vita del paziente e garantire, nel medio-lungo periodo, anche una riduzione importante della spesa sanitaria, previdenziale e dei costi sostenuti direttamente dalle famiglie – precisa il Prof. Francesco Saverio Mennini, Direttore del Centre for Economic Evaluation and HTA (EEHTA), Università Tor Vergata, Roma – In Italia solo il 14% del totale della spesa pubblica è dedicato alla salute.

Siamo un Paese, dunque, che non spende molto in questo ambito (ben al di sotto della media dei Paesi OCSE), un segno anche questo della necessità di incrementare le politiche di prevenzione”.

In Italia, secondo i dati del 2014 forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, ben 127.000 donne e 98.000 uomini muoiono ogni anno per ictus e per malattie del cuore, tra cui infarto e scompenso; inoltre, molte di queste morti avvengono prima dei 60 anni di età. La collaborazione tra le Istituzioni, associazioni e aziende, sia del mondo del lavoro che della salute, resta dunque un aspetto fondamentale con l’obiettivo comune di salute di tutti i cittadini.

Si ringrazia Sanofi per il contributo non condizionato.